Legge di stabilità, i favori e le poltrone
 











Parlamento

I pellerossa sono in gran forma e godono di ottima salute. Almeno quelli di Palazzo, che in queste ore stanno dando il consueto attacco alla diligenza per distribuire favori, prebende e finanziamenti. Il passaggio da quella che si chiamava “manovra finanziaria” alla legge di stabilità non ha infatti ridotto l’abitudine dei parlamentari a cercare di infilare interventi di comodo tra le pieghe del provvedimento. Norme che peraltro hanno spesso carattere locale, nonostante le regole che disciplinano la contabilità dello Stato lo vieti espressamente per questo tipo di legge, che dovrebbe limitarsi a definire gli equilibri di finanza pubblica.
PIÙ POLTRONE PER TUTTI
Scorrendo le pagine della legge di stabilità approvata al Senato (e in attesa del secondo “round” alla Camera) i casi di rilievo sono innumerevoli. A cominciare dalle 120 assunzioni a tempo indeterminato per rafforzare il monitoraggio dei fondi europei che costerà
cinque milioni e mezzo l’anno per un settennato, come ha riferito l’ Espresso . Sul fronte pubblico va annoverato anche il ritorno della Consob a cinque componenti: il decreto Salva Italia del governo Monti aveva ridotto a tre i commissari di tutte le authority. Adesso, solo per la vigilanza sulle società quotate in borsa, ci saranno due posti in più da assegnare. Anzi tre, visto che una è scaduta proprio nei giorni scorsi. Il governo, insomma, sarà nelle condizioni di nominare la maggioranza dell’organismo in un’unica partita. Al modico costo (aggiuntivo) di 500 mila euro l’anno circa.
ULTIMA SPIAGGIA
Il più conclamato caso di lobbying è probabilmente quello relativo ai canoni demaniali. Ai gestori degli stabilimenti è stata concessa la facoltà di una sanatoria: chi ha un contenzioso aperto con lo Stato potrà pagare il 30 per cento subito per “conciliare” oppure rateizzare in nove anni il 70 per cento dell’importo richiesto. Ci sarà tempo fino a fine gennaio
per aderire al concordato. A chi va ascritto il merito del risultato? Non è dato sapere. Quel che è certo, invece, è che due giorni prima della decisione del governo, i sindacati dei balneari sono stati ricevuti dal vicepremier Angelino Alfano e dal deputato di Nuovo centrodestra Sergio Pizzolante, che fra l’altro aveva proposto anche un emendamento per concedere ai proprietari degli stabilimenti il diritto di superficie per 50 anni.
Stando all’ultimo bilancio del Demanio, lo scorso anno lo Stato ha incassato con le spiagge appena 102 milioni, meno della metà del dovuto. Eppure le tariffe non sono da capo giro: grosso modo 1 euro al metro quadro l’anno. Nulla è arrivato invece per le pertinenze commerciali degli stabilimenti, mai neppure conteggiate a causa dei rinvii decisi dai vari governi. Nel 2007, quando il governo Prodi cercò di riordinare la materia, si stimò che potessero fruttare almeno 150 milioni l’anno. Se si fosse intervenuti, nelle casse pubbliche sarebbe entrato circa
un miliardo in più.
RIMPIANTI SPORTIVI
Altro caso evidente di lobbying, riuscito però solo a metà, è quello relativo alla costruzione di nuovi impianti sportivi. Nei giorni scorsi il presidente della Lega di serie A, Maurizio Beretta, ha invitato il governo a non fare “una operazione di facciata” ma “una legge vera” in grado di produrre “effetti”. Ovvero “compensazioni che garantiscano la sostenibilità economica prima dell’investimento”. Tradotto: cubature per nuovi quartieri. L’esecutivo gli ha dato retta solo a metà: ha previsto semplificazioni burocratiche e stanziato 45 milioni nel triennio per il credito agevolato per la realizzazione di nuovi stadi ma ha escluso, almeno per ora, la possibilità di costruire nuovi complessi di edilizia residenziale. Secondo Beretta “così di stadi nuovi non ce ne saranno e sarebbe un’occasione sprecata”.
SCUDO FISCALE
Per giorni si è parlato di un provvedimento ad hoc per favorire il rientro di
capitali dall’estero. Fra gli uffici e i corridoi era perfino circolata una bozza, di fatto una sanatoria sul modello Tremonti. Poi però, forse anche per le polemiche sollevate, non se ne è fatto più nulla. Uscito dalla porta, il condono potrebbe però rientrare dalla finestra: nell’emendamento relativo al taglio del cuneo fiscale viene specificata la possibilità di adottare misure “una tantum” per favorire le entrate. Non è escluso, sostiene qualcuno, che il riferimento sia alla possibilità di stringere accordi con paradisi fiscali come la Svizzera. Certi sono invece i 220 milioni per le scuole private. E le regioni che vorranno finanziarle potranno anche escludere queste somme dal patto di stabilità interno cui sono vincolate fino a un totale complessivo di 100 milioni.
MEZZOGIORNO FOREVER
Immancabili gli interventi a favore dei lavoratori socialmente utili del Sud, vero e proprio evergreen della legge di stabilità: vengono sempre previsti ma non sono mai
risolutivi dal momento che sono riproposti ogni anno. Nel testo approvato dal Senato, per il 2014 saranno stanziati 110 milioni per l’inserimento lavorativo degli lsu calabresi, che la settimana scorsa per protesta sono giunti a bloccare gli svincoli autostradali a Cosenza. A Palazzo Madama si era perfino creato un giallo: dai documenti pubblicati sembrava fosse passata la loro stabilizzazione e il governatore siciliano Rosario Crocetta si era affrettato a scrivere al premier Enrico Letta denunciando l’iniquità del provvedimento. “O tutti o nessuno”, la sua argomentazione. Palazzo Chigi si è però affrettato a smentire. In ogni caso alla Camera è stato aggiunto un emendamento che alza la somma a 126 milioni e aggiunge anche gli lsu di Napoli e Palermo.
ALL’INSEGNA DEL CAMPANILE
È tuttavia nei finanziamenti locali che la politica continua a dare il meglio di sé. Una pioggia dorata sui collegi elettorali di provenienza in grado di oliare gli ingranaggi del
consenso. I deputati grillini, che hanno perfino convocato una conferenza stampa per chiedere lo “stop alle marchette della casta”, hanno denunciato i 15 casi più eclatanti sui 531 commi della legge di stabilità, più una decina fra gli emendamenti ammessi a Montecitorio.
Spiccano i 130 milioni nel prossimo biennio per realizzare la terza corsia dell’autostrada di Gorizia e la compensazione alla società che gestisce l’aeroporto di Trapani per le limitazioni imposte dall’attacco alla Libia di Gheddafi, proposto dal senatore trapanese Antonio D’Alì (Ncd); il contributo da 300mila euro per la scuola per cani guida per ciechi di Campagnano (Linda Lanzillotta, Scelta civica) e la richiesta di due milioni per promuovere le eccellenze culinarie della Maremma, chiesti dalla forzista grossetana Monica Faenzi.
E per finire, il denaro per la cittadina in cui nacque Giovanni XXIII, oggetto di una curiosa trattativa al ribasso negli ultimi mesi. In vista della sua canonizzazione, in una
proposta di legge depositata in estate dal presidente del Copasir, il bergamasco leghista Giacomo Stucchi ha chiesto 30 milioni per il triennio. Poi in un emendamento al Senato il Carroccio si è “accontentato” di chiederne 15 ma la proposta è stata bocciata. Ora che è arrivata a Montecitorio hanno ripresentato la proposta Giovanni Sanga, Antonio Misiani ed Elena Carnevali, tre deputati del Pd orobici anche loro. La loro richiesta? Dieci milioni “soltanto”, ma da assegnare tutti nel 2014. Paolo Fantauzzi,l’espresso