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Rianimazioni piene in tutta la Puglia muore dopo sei ore su una barella
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"Probabilmente sarebbe morta lo stesso: però così no, non è civile". Anna Memoli racconta quello che è successo l’altra notte a sua madre. Non c’era un posto letto in rianimazione in nessun ospedale della Puglia. E così Maria, prima di morire nell’ospedale di Potenza, in Basilicata, è rimasta per più cinque ore su una barella del pronto soccorso dell’ospedale di Terlizzi, alla ricerca di aria, mordendosi il labbro per il dolore. Ora la figlia ha deciso di denunciare questa storia: "Non può, non deve succedere mai più". La signora Maria ha 69 anni. È un avvocato ed è malata. Ha un mieloma multiplo. È a casa, la notte tra il 16 e il 17 gennaio, quando per la prima volta ha una grave crisi respiratoria. "Chiamiamo il 118 e dopo un po’ arriva una macchina: senza medico però, solo con l’infermiere" racconta Anna. Vivono a Terlizzi, la città del Governatore, Nichi Vendola, e l’ospedale della città è stato fortemente ridimensionato (come molti altri in Puglia) nel piano di risparmi e riorganizzazione voluto dalla giunta regionale. "Si accorgono subito che c’è qualcosa che non va. Tanto che non riescono nemmeno a prendere il battito del cuore. Poco dopo arriva un medico e capisco, dal suo tono di voce e dalla concitazione con la quale si muove, che è preoccupato: c’è qualcosa che non va. La caricano e la portano in ospedale che dista davvero pochi passi da casa mia". La signora arriva al pronto soccorso di Terlizzi intorno alle 23,30. Ha una "grave crisi respiratoria e aritmia cardiaca" dicono i medici. C’è da ricoverarla in rianimazione. A Terlizzi non c’è. Al vicino Policlinico di Bari è in corso un trasferimento di reparti e i ricoveri sono bloccati. "Vedo che la dottoressa - continua ancora la figlia - comincia a fare delle telefonate. Le chiedo: "Cosa sta facendo?". "Sto cercando un posto letto". Aveva l’elenco telefonico: nel 2014, non esiste un terminale informatico per capire se ci sono posti letto o no. Bisogna telefonare". I posti non ci sono. Da nessuna parte. Nel frattempo passano le ore, la signora sta sempre peggio. "Sono impazzita, volevo chiamare con mio fratello i carabinieri. Non l’ho fatto perché mi ha spiazzato la risposta: "Fatelo - ci hanno detto - chissà finalmente qualcuno risolve il problema: questa della mancanza dei posti letto è un’emergenza che viviamo tutti i giorni. Ma vedrete che anche loro non potranno fare nulla: se non c’è posto non c’è". Intorno alle 4, dopo il no di Matera, arriva il sì dell’ospedale San Carlo a Potenza. "Sono più di due ore di auto, una strada sconnessa e piena di curve. Però la intubano e partiamo ". La signora arriva alle sei. "Ci dicono subito che ha avuto un arresto cardiaco che però riesce a superare. Alle 9 non c’è più niente da fare. E muore". E ora? "Mamma aveva un labbro rotto dal dolore: è il tangibile senso di morte prolungata, dolorosa e feroce che si prova quando i polmoni non ossigenano e il cuore non funziona bene. Questo perché non c’era un letto, un’organizzazione. Non è civile morire così". "Purtroppo - spiega Antonio Mazzarella della Cgil medici - sono situazioni che quotidianamente viviamo, con pazienti ricoverati in sale operatorie o costretti ad andare in Campania e Basilicata". C’è però un particolare di quella notte: al Policlinico di Bari non accettavano ricoveri perché il reparto era in trasferimento per aumentare i posti letto. Da oggi sono otto in più. Giuliano Foschini,repubblica |
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