Ciolo, il Comune ignora la procura e punta all’esproprio dei terreni
 











La Procura indaga ma il Comune di Gagliano del Capo va avanti. Spedito sulla strada della messa in sicurezza del costone del Ciolo, paradiso dei climbers e dei registi, nonostante sui due progetti da un milione e mezzo di euro si agiti lo spettro di pesanti irregolarità.
Dichiarata la pubblica utilità dell’opera, in una delle ultime sedute di Consiglio comunale del 2013, l’amministrazione punta ora all’esproprio dei terreni privati.
Le "proprietarie" del Ciolo sono infatti due sorelle che a Gagliano sono nate e vissute e che quelle aree sulla sommità della scogliera a picco sull’Adriatico (quindi anche il costone sottostante)  le hanno ereditate dai genitori che, a loro volta, le avevano avute dai nonni. Terreni che molti anni fa, quando il Capo era una zona depressa da cui fuggire emigrando in Svizzera e in Germania, non valevano nulla, essendo difficili da coltivare e inutilizzabili per costruire. Negli ultimi anni, però, l’assalto
turistico al Salento, lo sviluppo della pratica del climbing, la moda dei tuffi dalla scogliera, la nascita di discoteche e ristoranti, hanno fatto di quel costone un notevole punto di attrazione e la vita delle due donne è irrimediabilmente cambiata.
Soprattutto dopo che il Comune ha approvato i progetti di messa in sicurezza e ha avviato con le due signore un estenuante tira e molla finalizzato all’esproprio. A questo punta, infatti, la dichiarazione di pubblica utilità del progetto Ciolo approvata dal Consiglio comunale, in barba all’attività investigativa svolta dagli uomini del Corpo forestale, che il 13 dicembre hanno posto sotto sequestro l’intera documentazione sull’opera. L’inchiesta, coordinata dai sostituti procuratori Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro, al momento, è a carico di ignoti e riguarda le ipotesi di distruzione e deturpamento delle bellezze naturali
e  falso ideologico in atto pubblico. Da verificare se, come denunciato da Legambiente e Salento
Verticale, la messa in sicurezza, così come è stata concepita (con migliaia di perforazioni, chilometri riempiti di cemento e piastre e funi d’acciaio poste sulla pietra), possa compromettere irrimediabilmente  il costone. Per esaminare approfonditamente il progetto, che gli ambientalisti definiscono del tutto sovradimensionato, nei prossimi giorni la Procura nominerà un consulente geologo. Legambiente, intanto, tramite lo
studio legale Tagliaferro-Baglivo, sta preparando un ricorso al Tar nel tentativo di bloccare l’opera in via amministrativa, e anche le due "signore del Ciolo" valutano la possibilità di adire le vie legali contro atti che  - stando ai primi accertamenti effettuati dagli investigatori  -  potrebbero celare più d’una pecca.
Sono 1817 fori nella roccia, 4,26 km di perforazione e 4,7 km riempiti di cemento; 480 piastre in acciaio zincato e 2.550 metri di funi in acciaio, pannelli a rete su 4.752 metri quadrati e rete metallica su altri 209
metri quadrati. La messa in sicurezza del costone del Ciolo, uno degli angoli più suggestivi del Salento, potrebbe trasformarsi nella distruzione di quel paradiso. Lo predicano da mesi gli ambientalisti e anche alcuni amministratori locali e ora la Procura di Lecce ha deciso di vederci chiaro. Nel fascicolo aperto dai sostituti procuratori Antonio Negro e Elsa Valeria Mignone si indaga per distruzione e deturpamento delle bellezze naturali e  falso ideologico in atto pubblico.
L’inchiesta è, al momento, contro ignoti ma è probabile che i primi nomi compariranno presto nel registro degli indagati. Perché sotto accusa viene messo direttamente il progetto di messa in sicurezza della scogliera che d’estate viene presa d’assalto da turisti e climberg, e che tanti registi hanno scelto per ambientarvi fiction e film. Dal Ciolo ci passava spesso Diego Abatantuono nei panni del giudice Mastrangelo e anche Edoardo Winspeare vi girò alcune scene del suo Galantuomini. Anche Sergio Rubini
ha girato sul ponte diversi momenti del suo l’Anima gemella. Fino a che qualcuno ha deciso che l’intera zona avrebbe dovuto essere messa in sicurezza e che per farlo sarebbero stati utilizzati finanziamenti da un milione di euro messi a disposizione dall’Unione Europea.
Gli elaborati prodotti dai progettisti incaricati dall’amministrazione di Gagliano del Capo, però, non sono piaciuti alle associazioni Legambiente e Salento Verticale, che hanno presentato dettagliati esposti in Procura, evidenziando le presunte pecche del progetto. Articolate le contestazioni formulate dal sindaco di Tiggiano, Ippazio Morciano, nella duplice veste di ingegnere e presidente di Salento Verticale, secondo il quale nel progetto che il Comune si appresta a realizzare ci sarebbero una serie di interventi non necessari ma dannosi.
Il Ciolo, insomma, rischierebbe di diventare una nuova Porto Miggiano, la splendida baia di Santa Cesarea sotto sequestro da un anno e mezzo che, secondo gli inquirenti,
sarebbe stata danneggiata proprio dai lavori di consolidamento effettuati su mandato dell’amministrazione. Per evitare che ciò possa avvenire la Procura ha delegato indagini al Corpo forestale, che nei prossimi giorni effettuerà un sopralluogo insieme al geologo incaricato dai pm. L’obiettivo dell’ispezione è chiarire se gli interventi previsti nel progetto siano necessari per salvaguardare il costone e se siano compatibili con il vincolo paesaggistico a cui è sottoposta l’intera zona. Altri accertamenti riguardano invece l’iter amministrativo dei lavori, ovvero la legittimità dei pareri concessi dagli organi competenti in sede di conferenza di servizi. Gli ambientalisti, infatti, puntano il dito anche contro i presunti illeciti commessi dagli uffici e rispetto ai quali è già in corso il lavoro di analisi degli investigatori, che hanno acquisito in municipio tutta la documentazione necessaria.Chiara Spagnolo,repubblica