”Colpa della casta... colpa della crisi...”
 











Ma quale “casta” e “casta”, ma mi faccia il piacere!
La “casta”. Di che? Buffoni, ciarlatani e servi dei finti potenti, voi che utilizzate questo termine siete corrotti quanto loro che vi impongono di definirli così. L’utilizzo dei termini lessicali riveste un’importanza non seconda a nulla. È attraverso l’utilizzo sbagliato o capzioso di un termine che di conseguenza si sviluppa, nel tessuto sociale, la percezione erronea di una realtà. E chi agisce in questo modo lo fa perché pagato al fine di distrarre con artifici lessicali l’opinione pubblica cosicché essa non possa individuare effettivamente la radice del problema, quella da estirpare. Infatti, il termine “casta”, oggigiorno sempre più sulle bocche degli stolti e delle stolte, non ha alcuna attinenza col significato della parola (che è di derivazione iberica). Francesco Tuccari, noto collaboratore di Treccani, ha lavorato alla definizione del lemma. Egli scrive: “Casta, indica più in
generale un gruppo sociale rigorosamente chiuso e separato, che può essere identificato da una comune origine o da legami di parentela, secondo l’originario significato della parola […] Tale appartenenza è per lo più regolata dalla nascita, è garantita dall’ endogamia, vale a dire da matrimoni tra individui che appartengono al medesimo gruppo, ed è giustificata da tradizioni considerate a vario titolo sacre […]”. Ora, ditemi voi se c’è un solo, dicasi uno solo, elemento di congiunzione tra la definizione di “casta” e quello che si è voluto far credere alle persone circa la casta della politica. No! Non esiste alcuna convergenza. È tutto inventato. Ma a che cosa è servito, allora, inventare un termine così? E, cosa ha consentito a questo termine di potersi elevare a lemma nazionale nel dipingere un qualcosa che in realtà non è quello della “casta”.
Le due risposte sono molto semplici. Iniziamo con la prima, facendo un esempio banale: se desidero nascondere un oggetto agli occhi di
una persona che non ha mai avuto consapevolezza dell’oggetto che desidero nascondere, posso procedere per due vie: 1) glielo piazzo davanti agli occhi. Tanto la persona non ha mai avuto consapevolezza di cosa ho intenzione di nascondere e quindi non capirà di averlo davanti alle pupille. 2) Altrimenti, se ho il sospetto che quella persona in effetti possa arrivare intuire quale sia l’oggetto che io desidero nascondere alla sua vista, allora non mi resta che illuderla. Eccoci al punto nevralgico: per continuare a mantenere nascosto il mio oggetto, le dico che l’oggetto che sta cercando è un altro e le rivelo un nome, un sostantivo qualunque (casta – nel nostro caso) e cerco in tutti i modi di convincere la persona ricercatrice che quello che sta cercando è quello che io ho definito “casta”. So di mentire ma la persona che cerca non lo sa e alla fine si convince perché quando lo trova io fingo di arrabbiarmi. E il gioco è fatto. Esattamente quanto è successo di recente: ci siamo tutti arrabbiati/e contro gli appartenenti della politica. Abbiamo creduto che il problema sia da essi rappresentato. Mentre invece è tutto sbagliato. Tutto finto. Mera illusione! La realtà unica ed incontrovertibile è che ci hanno fregato! Abbiamo tra le mani un oggetto che non è quello che ricerchiamo. I politici altro non sono che SOGGETTI COMPRATI DA CHI HA TUTTO L’INTERESSE DI CONTINUARE A NASCONDERSI.  E loro (politici), miserrimi, pusillanimi e corrotti, si sono prestati al bieco tiro. Sono scesi a patti col demonio usuraio (banchieri), ben sapendo che la popolazione mondiale li avrebbe odiati. Ma, davanti alla promessa di successo e denaro, nulla, nemmeno l’ira dei popoli, può tenere testa. Ed eccoci alla seconda risposta. Chi ha consentito la diffusione del termine e l’inquinamento del significato ad esso associato sono i soliti schiavi del sistema. Più precisamente i lacché contemporanei: i giornalisti di regime. Costoro hanno ricevuto l’ordine di cominciare a parlare di “casta” e lo hanno eseguito. Se alla voce CASTA, della più attendibile enciclopedia nazionale si parla di “legami di sangue”, come si può continuare a parlare di casta? Semmai è del concetto di classe che dovremmo parlare, quello “che indica in genere un gruppo di soggetti che condividono una medesima situazione professionale ed economico-sociale, senza per questo essere legati al gruppo stesso da vincoli di natura formale, sacrale, rituale o religiosa”. O no? Se correttamente iniziassimo così a parlare e a pensare, non solamente procederemmo alla rieducazione sensoriale del nostro cervello (prerogativa sempre più in aperto disuso), ma nello stesso tempo, comprenderemmo che, come si fa in campo scientifico/medico, una classe minacciosa per la salute pubblica la si può combattere con adeguati sistemi e decretarne la morte, l’estinzione. Se, invece, continueremo a ad utilizzare i termini errati, oltre a non fare mai chiarezza, non avremo possibilità alcuna di giungere alla radice del male perché incapaci di individuarla. Sono i banchieri i veri responsabili. Politici e giornalisti corrotti sono solo strumenti nelle loro mani. Non appartengono a nessuna casta. Solo ad una mera classe di accattoni privi di percezione. Incoscienti, i soggetti adeguati a fare affari con chi rivende il denaro ad usura. Cioè, la peggior specie. Non certo una nobile e vera Casta!
Ma quale crisi, ma mi faccia il piacere!
Non si fa che parlare di “crisi”. Ma quale crisi? Cosa significa il termine crisi? Innanzi tutto col termine “crisi” si designano molte cose. Tutte queste “cose” sono accomunate da un fattore: repentinità, rapidità, snellezza. Nulla di perpetuo dunque. Fattori che si risolvono in fretta, come in fretta la crisi si manifesta. Chiaro? Quindi, per quanto attenga al campo dell’economia e della finanza, al termine “crisi”, viene indicata una fase del ciclo economico che è conseguenza del verificarsi di una situazione di cattiva gestione a seguito di cui la società colpita
si trova costretta a transitare da una realtà prospera ad una depressa. Ma questa matura in fretta ed in fretta deve sparire. Altrimenti sarebbe improprio parlare di crisi. Su questo tocca capirsi al volo! Quindi “crisi” non significa assolutamente – come si vuole spacciare a tutti i costi – l’inceppamento della realtà senza via d’uscita. Ma perché, allora, non si parla che di “crisi” per affrescare la realtà oscena che ci circonda da anni? La risposta è molto semplice: si parla in questi termini allo scopo di continuare a nascondere, all’opinione pubblica, la vera radice del problema. Che è l’usura! L’usura è una pratica orrida attraverso cui un soggetto in stato di bisogno (economico), anziché ricevere l’aiuto che gli abbisogna per emergere dallo stato di carenza cronica, viene obbligato a ricevere del prestito a condizioni da strozzinaggio. Di conseguenza, il soggetto in stato di bisogno al quale viene imposto un nuovo conto corrente, si ritrova con le tasche nuovamente gonfie di quattrini MA quei quattrini NON sono suoi. Ed è consapevole che se ha ricevuto 10 dall’usuraio, gliene dovrà restituire 20. Più povero ed indebitato di prima! Non ci sono vie di uscita. Così funziona la squallida USURA. Quel denaro non gli è derivato per pio aiuto filantropico ma gli è stato imposto con diabolica sete di ottenere da esso la sua propria riduzione in schiavitù perenne da cui non potrà mai più liberarsi, nemmeno dopo la morte (chi decede con debiti, li passa agli eredi). Sicuramente qualcuno avrà da obbiettare e potrà (scioccamente) chiosare affermando che: “Se io do del denaro a qualcuno e gli permetto di emergere dalla “crisi”, è giusto che quel denaro mi venga restituito con gli interessi”. Sbagliato due volte: sia sul piano etico (se offri aiuto offrilo e basta MA non offrirlo per arricchire te stesso); e sbagliato anche sul piano logico (un conto è se si parla di soggetti privati che si regolano secondo un accordo, altro è se si mettono in relazione cittadini e Stato). Il rapporto tra lo Stato ed il Singolo cittadino non sono sovrapponibili al paradigma tra singoli. Altrimenti che Stato sarebbe? Lo Stato ha per Costituzione sancito l’aiuto e se ne DEVE fare carico. Altrimenti Stato non è! Quindi, in conclusione, oggi il popolo italiano non può dirsi facente parte di uno Stato poiché gli aiuti che per Costituzione devono essere messi a disposizione della gente in stato di indigenza, vengono elargiti da strutture private (banche) le quali prestano (poco e malvolentieri) il denaro in cambio di garanzie sui quei pochi beni che si possono portare a copertura; insomma danno danaro a strozzo con la minaccia di pignorare qualora si verificasse un ammanco nella restituzione. Effetto plausibilissimo se parliamo di chi non ha di che sfamarsi, no? E chi non ha beni, non riceve denaro. Questo dato annienta per effetto entrambe le due menzogne: la crisi e lo Stato. Non esistono entrambe. Esistono solo ed esclusivamente soggetti privati (banchieri) che costringono la società (noi del popolo) in uno stato miserabile con la compiacenza di un pugno di corrotti (politici). Entrambi questi mali (banchieri e politici) si avvalgono della stampa di regime alla quale viene dato incarico di lavare il cervello delle masse parlando di “crisi”.Andrea Signini