Un Romantico Eroe Sanguinario
 







di Antonio Aroldo




Una delle più interessanti figure di briganti è  quella di Manzo, nativo di Acerno, in “Provincia di Salerno”. Le sue gesta e quelle dei suoi uomini “Fecero Epoca”.
Tutto ciò dimostra, infatti, che i “Monti Picentini”, sono stati sempre importanti per le gesta di alcuni “Briganti Meridionali”. In particolar modo, tramite le “Croci di Acerno” (843 m.), si mettevano in contatto l’“Alta valle del Calore” con quella del “Monte Tusciano”. Nell’“Ottocento Post-Unitario” le bande agguerrite furono tante, ma fra queste spiccò quella di Gaetano Manzo. Quest’ultimo, come si è già posto in luce, era acernese e nel 1861 fu inserito fraudolentemente tra gli estratti per la leva, pare per opera del sindaco d’allora, per cui ritenne di darsi alla macchia, seguito dal fratello Francesco e da “Pochi altri Renitenti alla leva”. Per circa tre anni il gruppo di Manzo si aggregò a quello del “Brigante Ciardullo”, poi Manzo decise di formare la sua “Banda Personale” pur conservando
buoni rapporti con Ciardullo, con cui a volte svolse azioni in comune.  Nel 1865 la banda Ciardullo fu completamente sgominata, sorte già capitata alla “Banda Cerino”, nel 1864, pur forte di diciotto elementi. Alla fine del 1863, quando ancora era sotto il controllo di Ciardullo, Manzo con una quindicina di briganti, nella strada fra Acerno e Campagna, tese un agguato al “Delegato Straordinario del Municipio di Acerno” Vincenzo Bottiglieri, che si salvò, ma morirono quattro guardie della sua scorta e il fratello di Manzo.  La prima grande impresa di Manzo, però, fu il “Clamoroso Sequestro” avvenuto nel 1865 presso Battipaglia, dei “Turisti Inglesi” Moens e Murray-Ansley, accaduto precisamente, vicino a Salerno dopo una gita a Paestum e per il cui riscatto Manzò incassò ben trentamila ducati. Poi Manzo sequestrò persino il giovane Federico Wenner, della nota famiglia d’“Industriali Svizzeri” proprietari d’ Importanti manifatture cotoniere” presso la zona di Fratte, oltre al suo precettore, che tenne sequestrati per oltre quattro mesi.  Le trattative furono condotte, però, con i briganti addirittura dall’“Onorevole Mattia Farina” che, avvalendosi di un grande dispiego di uomini, riuscì a convincere Manzo a consegnarsi alle autorità. Nel 1868 la “Corte D’Assise di Salerno” lo condannò ai “Lavori Forzati”; qualche anno dopo Manzo, però, con altri sei compagni riuscirà a evadere dal carcere di Chieti, ricostituendo una terribile banda fra cui predominavano i Montellesi, come ci ricorda ottimamente Romano Nicolai in un suo bel lavoro sul “Brigantaggio Post-Unitario in Irpinia e nel Salernitano”. Su di lui fu posta l’“Enorme Taglia” di diecimila lire, ma sui suoi monti il “Capo-Banda” era in sostanza imprendibile. Bisognava quindi attirarlo su un “Terreno Diverso”. Si mostrò propizia l’occasione di un tentativo di sequestro che Manzo voleva compiere nella zona di Mirabella alle spese di un “Deputato”, il “Ricco Barone Grella di Sturno”. Il “Manutengolo Locale” che aveva proposto il piano, vendette Manzo alle “Forze dell’Ordine”, tant’è che i briganti, il 20 agosto 1873, furono sorpresi in una masseria isolata tra Flumeri e Sturno, da un centinaio tra soldati e carabinieri. Nel conflitto a fuoco anche Manzo morì e fu definitivamente distrutta la sua terribile banda, una delle ultime sopravvissute alla “Grande Stagione del Brigantaggio Post-Unitario”.Manzo, in sostanza, era  diventato un “Fuori-Legge”, per essersi ribellato all’“Ingiustizia” del “Potere Statale”. Forse, se a giorno d’oggi, in Campania esistessero uomini come Manzo, ci sarebbe meno spazzatura in giro.