DOSSIER
MALASANITA’:storie di mafie e antimafie
Criminali si nasce o si diventa?
 











Don Ciotti

Lotta alla corruzione
L’approvazione del Senato della modifica del 416ter – norma che colpisce lo scambio elettorale politico-mafioso – è una bella notizia.
L’auspicio, ora, è che la Camera dei Deputati trasformi definitivamente questa proposta in una legge dello Stato rispondendo concretamente alla sollecitazione di oltre 377 mila cittadini che hanno firmato la petizione della campagna Riparte il futuro promossa da Libera e Gruppo Abele.
La lotta alla corruzione è infatti una priorità non solo etica ma economica: non meno delle mafie, la corruzione è furto di bene comune, furto di diritti e di speranze, di opportunità e di lavoro. Ed è soprattutto un impegno che deve coinvolgerci tutti, toccare le coscienze laiche e quelle religiose, stimolare una comune ricerca di giustizia e di verità.
«La corruzione odora di putrefazione» ci ha ricordato Papa Francesco, sottolineando l’insidia di un crimine che trova sempre «il modo di salvare le
apparenze».
Èestremamente importante che la norma definisca il reato non più solo attraverso il criterio, ormai insufficiente, dello scambio in denaro, ma chiamando in causa le “altre utilità” e “promesse” (informazioni sensibili, raccomandazioni, prestazioni sessuali, protezioni dai controlli e così via) attraverso cui si può sviluppare un rapporto corruttivo.
Si tratta però solo di un primo passo, di un doveroso atto politico di trasparenza e bonifica delle istituzioni democratiche.
Reati diffusi al punto da diventare costume, chiedono non solo leggi all’altezza ma l’impegno di tutti noi a volerle e sostenerle attraverso le scelte e i comportamenti quotidiani. La legalità non può fare mai a meno della corresponsabilità.
E corresponsabilità, a questo punto, è arrivare non solo alla definitiva approvazione del 416ter ma, prima possibile, a una più generale legge sulla corruzione dotata di quelle misure (confisca dei beni ai corrotti; pene adeguate per “reati civetta” come
il falso inbilancio, l’autoriciclaggio, l’evasione fiscale; trasparenza del sistema sanitario) necessarie per rendere il nostro Paese una comunità dove l’interesse economico coincida finalmente con l’interesse sociale, con la dignità e la libertà di tutti. Luigi Ciotti(...)
Malasanità, La Corte dei Conti denuncia dilagante sistema affaristico
La Corte dei conti ha bisogno di “un disegno normativo organico e coerente e non affidato a interventi occasionali, determinati da particolari contingenze”. A chiederlo, in linea con quanto già sollecitato in tema di giustizia dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano, è il procuratore generale della magistratura Contabile Mario Ristuccia. Le norme occasionali, invece, “pur mirando a un’azione amministrativa tempestiva” – osserva Ristuccia – non danno il “giusto rilievo ai profili essenziali della correttezza dell’uso delle risorse pubbliche, in tal modo creando il rischio oggettivo di non trascurabili zone d’ombra nel sistema
stesso di garanzia della finanza pubblica che fa capo” alla Corte dei Conti. Il pg, dunque, auspica “un disegno riformatore di largo respiro che “ridefinisca, nell’ottica della funzione di garanzia del denaro pubblico, i poteri e le modalità operative” di pm e di giudici contabili, e che riveda “i rapporti tra esercizio dellafunzione giurisdizionale e esercizio della funzione di controllo” della Corte.
Nella sanità si evidenziano ”comportamenti illeciti nell’aggiudicazione ed esecuzione dei contratti di appalto’‘. Inoltre sono emersi ”gravi errori professionali connessi allo svolgimento dell’attività medica”. E’ quanto evidenzia Lazzaro. La magistratura contabile, spiega il presidente, si è dovuta occupare più volte di apparati che opereano nel settore e di danni legati alle prestazioni mediche. Nel primo caso, afferma Lazzaro, ”le lesioni patrimonniali più ricorrenti risalgono a comportamenti illeciti nell’aggiudicazione ed esecuzione di contratti di appalto per la gestione,
l’esecuzione dei lavori e la fornitura di servizi relativi a reparti di aziende ospedaliere o a palesi incongruità del prezzo di acquisto di beni e servizi”. Nel secondo caso, prosegue il presidente, ”emergono gravi errori professionali commessi nello svolgimento dell’arte medica e nelle prestazioni sanitarie erogate presso inosocomi pubblici, oppure in trasgressioni di varia natura, anche fiscale e le incompatibilità di medici che prestano servizio pubblico a tempo pieno”.
La Corte dei Conti si scaglia contro la malasanità, che include spese inutili, test antitumorali inutili e interventi chirurgici non necessari. Tante le “fattispecie di danno per l’Erario comuni ad enti ed amministrazioni, quali spese inutili, irregolari acquisti di beni e servizi, illegittimi inquadramenti di personale e conferimenti di incarichi e consulenze, si segnalano fenomeni particolari di malagestione quali inefficienti ma costosi programmi di screening antitumorale, di assistenza odontoiatrica
rivelatasi inesistente, e’ il caso delle cosiddette ‘dentiere gratuite’, di eccessive prescrizioni di farmaci ovvero di falsita’ delle stesse o di loro sostanziale inutilita’ di sconcertanti interventi chirurgici non necessari“, dice Ristuccia.Michelangelo Benvenuto(...)
Sovradiagnosi
Uno dei pericoli più seri della diagnosi precoce, è la sovradiagnosi, che consiste nel mettere in evidenza delle lesioni o dei tumori in situ che non evolveranno mai nel corso della vita, ma sui quali, se li trovi, ti sentirai ‘obbligato’ ad intervenire chirurgicamente e/o con terapie radianti o chemioterapiche.
Una recente analisi dei risultati di 57 studi sull’efficacia degli screening tumorali ha evidenziato che solo in 4 di essi è stata valutata la prevalenza della sovradiagnosi.
I check-up, gli screening e i test diagnostici hanno quindi molto spesso la capacità di sovrastimare l’incidenza di malattie ‘inconsistenti’ oppure di anticipare una diagnosi che crea magari per
anni ansia e angoscia supplementari senza poi vi sia un beneficio in termini di sopravvivenza.
I dati americani purtroppo mostrano che in questi ultimi 30 anni c’è stato un notevole aumento nella scoperta di questi tumori “precoci” (che tumori non sono) e sarà sempre dipiù.
La stima, anche se per difetto, è che oltre un milione e trecentomila donne americane abbiano ricevuto una tale diagnosi con i successivi trattamenti ortodossi (chirurgia, chemio e radio), inutili se non per le industrie del cancro.
Screening del tumore alla prostata
Nel 1970 Richard Ablin, professore di immunobiologia e patologia al College of Medicine dell’Università dell’Arizona, ha scoperto l’antigene specifico prostatico (PSA).
Il criterio convenzionale per l’indicazione alla biopsia era che il PSA fosse al di sopra di 4. Ma nel 2004 uno studio pubblicato indicò che alcuni uomini, nonostante avessero un livello di PSA inferiore a 4, potevano avere un tumore alla prostata. Alcuni
medici allora cominciarono a sostenere che era necessario sottoporre a intervento chirurgico di biopsia quando i livelli erano superiori a 2,5.
Purtroppo per tutti noi, il valore del PSA non è indicativo di nulla, perché il tumore prostatico è individuabile anche in uomini con PSAinferiore a 1 (in uno studio su 10 mila volontari sani, nel 9% di questi la biopsia confermò il tumore).
Non esiste un livello che garantisca l’assenza di malattia, di conseguenza non può esistere una soglia precisa per l’indicazione della biopsia.
È bene sapere che la biopsia prostatica è completamente diversa da qualsiasi altra biopsia effettuata per la ricerca di un tumore.
Innanzitutto la biopsia viene effettuata a causa del valore laboratoristico del PSA, mentre in altri organi, come il seno, ci si focalizza su un nodulo o una massa che il medico può sentire o vedere attraverso la diagnostica per immagini (ecografia, mammografia...).
Nella prostata il medico non vede assolutamente nulla,
non ha nessuna immagine che lo aiuti, ma preleva alla cieca, con un fine ago, dei campioni (da 6 a 12) in varie zone dell’organo, per ricercare appunto il tumore.
Se si eseguono più biopsie, se si abbassano le soglie di normalità (valore del PSA), si trovano più tumori.
Moltiuomini certamente muoiono di cancro alla prostata e questo lo rende in Italia la terza causa di morte nei maschi.
La probabilità che un americano medio muoia per questa malattia, è del 3%, mentre la probabilità che gli venga diagnosticata è del 16%.
Questi dati indicano una cosa sola: moltissimi uomini ogni anno ricevono una diagnosi di cancro alla prostata, ma non muoiono per la malattia. Il merito di tutto ciò va alle terapie o alla sovradiagnosi?
In uno studio della Cleveland Clinic di Detroit, alcuni patologi esaminarono la prostata di 525 uomini di età differente deceduti in incidenti. Tali uomini erano caratterizzati dall’assenza di qualsiasi tipo di cancro o di altra malattia
nota.
Risultato: tra gli uomini giovani, intorno ai 20 anni, quasi il 10% aveva il cancro alla prostata e negli uomini di circa 70 anni, la malattia era presente nel 75% di casi.
Se è vero che oltre la metà degli uomini di una certa età ha la malattia, ma solo il 3% muore a causa di essa (odelle terapie come vedremo), il potenziale margine di sovradiagnosi è incredibilmente alto.
Il punto cruciale da comprendere è il seguente: maggiore è il numero di screening prostatico, maggiore è il numero di biopsie effettuate e maggiore è il numero di tumori identificati. Ma tale screening non è in grado di distinguere i vari tipi di tumore, cioè quelli che crescono veloci portando alla morte, da quelli che non crescono, che sono fermi e che rimarranno fermi per tutta la vita senza dare complicanze o problemi.
Una volta individuato però, si finisce prima sotto i ferri e poi se va male, c’è chemio e radio che attendono.
I pericoli delle terapie a base di radio e chemio saranno
trattate più avanti, ma anche la chirurgia del tumore alla prostata (prostatectomia radicale) provoca danni enormi, danni che spesso non vengono espressamente spiegati al paziente prima dell’operazione: disfunzioni erettili, disfunzioni sessuali come impotenza, incontinenza, problemi al retto, l’organoche è subito dietro, e per finire anche la morte del paziente.
Dopo quarant’anni, il dottor Richard Ablin (scopritore del PSA), in un editoriale su The New York Times del 9 marzo 2010, dal titolo “The great prostate mistake” spiega al mondo che la sua scoperta ha portato ad un vero e proprio “disastro di salute pubblica motivato dal profitto”.
Non solo, rincara la dose dicendo che “la comunità medica deve rinunciare all’uso inappropriato del PSA nello screening. Così facendo si risparmierebbero miliardi di dollari e si eviterebbero a milioni di uomini trattamenti debilitanti e non necessari. Il test non è più affidabile che il lancio di una moneta … e non è in grado di identificare
il cancro alla prostata e, ancor più importante, non è in grado di distinguere tra due tipi di cancro prostatico: quello che vi ucciderà e quello che non lo farà. Uomini con un basso valore del test possono essere colpiti da tumore pericoloso, mentre quelli con alti valori del test possono esserecompletamente sani”49.
Il dottor Otis Brawley responsabile medico dell’American Cancer Society, è dello stesso parere: “con il test del PSA avete 50 volte più probabilità di rovinarvi la vita che di salvarla”.
Nonostante quanto detto, tra il 50 e il 70% degli uomini sopra i 50 anni, senza sintomi e rischi di familiarità, si sottopongono o sono stati sottoposti a questo test di diagnosi precoce.
Il rischio di sovradiagnosi in questo tipo di screening è stato stimato nel 50% dei tumori identificati!
Un tumore diagnosticato su due non è pericoloso, non evolve, non crea problemi, ma viene identificato...
Screening del tumore al seno
Nel caso delle mammografie, il
prof. Gianfranco Domenighetti ha le idee molto precise: “la totalità degli opuscoli distribuiti dagli enti che promuovono questa indagine è non solo altamente disinformativa ma per la maggior parte può essere considerata ‘spazzatura’....”.
“Uno studio recente ha dimostrato che in Italia l’80% delle donne credeche la mammografia annulli o riduca il rischio di ammalarsi di cancro al seno (sic!), e negli altri Paesi analizzati (Svizzera, Gran Bretagna, USA) la percentuale è più o meno di questo ordine di grandezza. Tale percezione ormai diffusa è la conseguenza di un’informazione parziale, non corretta ed intrisa di conflitti di interessi.
Qualcuno dovrebbe farsi carico di correggerla...”.
Gli opuscoli “informativi” sono così disinformativi, incompleti e faziosi perché il loro obiettivo è proprio quello di convincere (con la paura) le donne a farsi una diagnosi strumentale.
I dati scientifici in merito alle mammografie dimostrano che tale pratica diagnostica NON riduce la
mortalità delle donne colpite da cancro alla mammella.
Non a caso, sempre più riviste mediche ufficiali hanno pubblicato articoli ed editoriali che si interrogano sull’efficacia o meno di questo screening indiscriminato: “Non è sbagliato dire di no” (British Medical Journal); “Ripensare lo screening mammografico”(Journal of The American Medical Association); “È ora di rinunciare allo screening mammografico?” (Canadian Medical Journal); “Più danni che benefici dallo screening mammografico” (British Medical Journal).
Titoli inequivocabili che rendono palpabile la percezione che qualcosa sta cambiando da dentro il sistema.
Nel 1992 sono stati pubblicati i risultati di un grande studio randomizzato canadese su donne dai 40 ai 49 anni: il gruppo di intervento ricevette ogni anno non solo la mammografia ma anche un esame clinico del seno, mentre il gruppo di controllo non ricevette nulla. Il risultato fu sorprendente: lo screening non riduceva la mortalità per cancro alla
mammella.
Alla fine del 1992, addirittura 9 dei 10 trial randomizzati sull’efficacia dello screening mammografico erano stati completati e pubblicati nella letteratura medica: nessuno di questi studi (incluso quello canadese) dimostrò una riduzione della mortalità nelle donne giovani.
Una recente revisione scientificadel Nordic Cochrane Center dal titolo “Riduzione della mortalità grazie allo screening mammografico”, è stata eseguita su donne dai 50 ai 74 anni seguite per 10 anni.
Un primo gruppo di donne ha eseguito ogni 2 anni una mammografia, l’altro gruppo di controllo non ha fatto nulla.
Risultato: per ogni 1.000 donne partecipanti allo screening, 1 donna avrà dopo 10 anni, la vita prolungata, cioè 1 decesso per tumore evitato rispetto a 1.000 donne che non hanno fatto la mammografia.
Mentre è facile focalizzare l’attenzione su quella donna che ne ha tratto vantaggio, ma cosa ne è stato delle altre 999? Sono state sottoposte a screening senza alcun vantaggio e molte
di loro sono state sovradiagnosticate.
I problemi infatti evidenziati da questo interessante studio sono: sovradiagnosi, falsi positivi e negativi, biopsie chirurgiche di approfondimento.
Falsi positivi in 242 donne
Circa 242 donne (oltre il 24%) hanno avuto un falso positivo, cioè una diagnosi di cancro al senoche in realtà non avevano. In pratica il mammografo evidenzia qualcosa che non c’è. Le complicanze psicologiche di ansia e paura legate alla diagnosi sono pesantissime.
È bene precisare che nonostante l’alta tecnologica che caratterizza la nostra epoca, non esiste un esame laboratoristico privo di falsi positivi.
Falsi negativi in 5 donne
Cinque donne con il tumore al seno, la mammografia non lo ha riscontrato.
Biopsie chirurgiche di approfondimento in 50 donne
Almeno 50 donne hanno subito una operazione chirurgica invasiva e rischiosa, probabilmente inutile.
Sovradiagnosi di tumore al seno in 15 donne
Quindici
donne con un tumori in situ, cioè un tumore incistato che non sarebbero mai evoluti, hanno subito tutti i trattamenti...
Quindi per una donna a cui si è evitato un decesso, altre 15 sono state trattate inutilmente con interventi chirurgici, radio e chemioterapici.
La conclusione del direttore del Nordic Cochrane Center di Copenaghen, Peter Gøetzsche,pubblicata il 31 luglio 2010 sul British Medical Journal dalla direttrice Fiona Godlee: “dopo 14 anni dall’introduzione degli screening, in Svezia NON si è verificata alcuna diminuzione della mortalità per cancro al seno! Non ci sono evidenze scientifiche che lo screening diminuisca la mortalità!”.
La mammografia per tanto non riduce la mortalità!
Sempre secondo il dottor Gøetzsche, la percentuale di falsi positivi dopo 10 screening è del 20% in Norvegia e del 50% negli Stati Uniti d’America. Questo vuol dire 1 donna su 5 in Norvegia e addirittura 1 donna su 2 in America avrà una diagnosi di cancro al seno completamente errata e
falsata.
Questi dati assieme a tutti gli altri studi dimostrano che la mammografia produce l’effetto opposto: porta a più mastectomie, almeno il 20% in più.52 Il motivo è facile da comprendere: questo esame diagnostico indiscriminato fa aumentare il numero di donne con cancro al seno di tipo invasivo (il più pericoloso e mortale), ma anche il numero didonne con microscopici tumori distribuiti nella mammella.
Un lungo periodo di follow-up fatto su 215.000 donne del New Mexico che avevano avuto un referto mammografico normale, ha dimostrato che il rischio di queste donne di sviluppare un tumore alla mammella nei successivi 7 anni era esattamente lo stesso di quello delle donne della stessa età nella popolazione gnerale.(...)
Tratto dal libro “Cancro  SPA” di Marcello Pamio, nuova edizione riveduta e ampliata(...)
Foggia sono stati scoperti sprechi e frodi per oltre 100milioni di euro, denunciando oltre 400 persone
Nel 2013 in provincia di Foggia sono
stati scoperti sprechi e frodi per oltre 100milioni di euro, denunciando oltre 400 persone. E’ il bilancio della Guardia di finanza nel contrasto alle illegalità nella spesa pubblica. In particolare i finanzieri hanno accertato danni erariali per oltre 88milioni di euro causati da 28 persone, tra funzionari pubblici e privati. ottomilioni il valore di beni mobili e immobili sequestrati dalle fiamme gialle. nell’ambito dei finanziamenti nazionali e comunitari sono state denunciate 213 persone, sette quelle arrestate e circa 20 i milioni di euro illecitamente percepiti.
Un milione di euro, invece, l’ammontare della truffa al Servizio Sanitario Nazionale che ha portato alla denuncia di 15 presunti truffatori. Nel 2013 sono state 97 le persone denunciate, tra amministratori, funzionari ed impiegati pubblici infedeli, per reati contro la pubblica amministrazione, che hanno causato sia lo sviamento delle risorsepubbliche dalle finalità a cui erano destinate che la distorsione del regolare
andamento dell’azione. Duecentodiciassette, invece, i “furbetti” - su un totale di 246 posizioni a rischio monitorate - che hanno omesso il pagamento dei ticket sanitari. (...)
Scandolo ASL Foggia:condanne per forniture e appalti truccati
Condanne per complessivi 8 anni e 9 mesi di carcere. E’ la sentenza emessa nell’ambito del processo “Spending Review”, il blitz messo a segno daicarabinieri dei Nas di Bari che accertò un giro di mazzette in cambio di forniture mediche: taglia-aghi e sistemi informatici di telemedicina. Sentenza  emessa dal Gip Antonio Buccaro per i sette imputati che hanno scelto di esser giudicati con rito abbreviato; per gli altri 13 è in corso di svolgimento la fase dibattimentale. Tre anni e otto mesi per Stefano Frongia imprenditore e amministratore unico di una ditta di Urbino; un anno e 10 mesi (pena sospesa) per Nicola Perrella, dipendente Asl; due anni e sei mesi per Sabino Conte, altro dipendnete Asl ed infine un anno e quattro
mesi (pena sospesa) per quattro medici: Giuseppe Altieri, Paolo de Marzo, Lucio Ferrozzo e Paride Morlino. Secondo le indagini dei militari dei Nas, ogni taglia aghi veniva acquistato dalla Asl al prezzo di3.240 euro mentre il costo commerciale era di 240 euro; inoltre il relativo materiale di consumo veniva fatturato al prezzo di 463 euro a scatola a fronte del valore effettivo che era di 1 euro e 92centesimi. Il danno causato all’azienda sanitaria locale per la fornitura di 149 dispositivi taglia aghi e 361 confezioni di materiale di consumo ammonta a 626.907 euro. Stesso discorso per il T-Med, a fronte di un prezzo di vendita della ditta produttrice di circa 30 mila euro l’Asl di Foggia ha sborsato 208mila euro. Anche in questo caso il danno causato all’azienda di Piazza Libertà per la fornitura dei 4 sistemi informatici di telemedicina ammonta a 832.320 euro di cui 185mila euro sono stati versati in tangenti. Mazzette che si concretizzavano in bonifici bancari, voli aerei, cene e pernottamenti nei migliori ristoranti e alberghi di Urbino, biglietti aerei e vacanze.
Inoltre, il GUP haordinato la confisca di somme di denaro, di automobili e di beni immobili intestati o nelladisponibilità di Frongia Stefano e Conte Sabino.
Come segnalato dagli stessi Nas, “confermando l’impianto accusatorio formulato dalla Procura della Repubblica di Foggia, il GUP ha dichiarato Altieri, DeMarzo, Ferrozzi e Morlino (primari in servizio all’Ospedale di San Severo)nonché Perrella (Direttore dell’Area Gestione risorse finanziarie dell’ASL di Foggia) colpevoli dei reati di truffa e falso; Frongia Stefano (imprenditore marchigiano titolare della ditta Effe Multi Utility) e Conte Sabino (funzionario addetto alle risorse finanziarie della ASL di Foggia) colpevoli di associazione per delinquere, truffa falso e corruzione”.
Le indagini condotte dai carabinieri del Nas di Bari, comandante Cap. A.Citarella, hanno arrestato 10 persone tra dirigenti medici, funzionari, imprenditori e
dipendenti di aziende operanti nel settore delle apparecchiature biomedicali ritenuti responsabili dei reati di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, alla truffa ed al falso.
Leordinanze di custodia cautelare sono state disposte dal GIP del Tribunale di Foggia su richiesta della locale Procura delle Repubblica che ha diretto le attivita’ investigative dei carabinieri del Nas. Ildanno a carico del Servizio Sanitario Nazionale, finora accertato, e’ di un milione e mezzo di euro.
DETTAGLI OPERAZIONE “SPENDING REVIEW”. All’allarme corruzione nella Sanità lanciato dalla Corte dei Conti nel Rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica hanno risposto dunque i Carabinieri del N.A.S. di Bari, che sotto la direzione della Procura della Repubblica di Foggia, hanno svolto indagini su gare d’appalto svolte dalla ASL di Foggia e finalizzate all’acquisto e la fornitura di dispositivi medici destinati agli ospedali di Manfredonia, Cerignola, San Severo e
Lucera.
Nell’ambito del contesto investigativo le gare di appalto riguardano la fornitura massiva ed a prezzi “fuori mercato” di dispositivi “taglia aghi” (AILUIG 500) e del relativo materiale di consumo,nonché la fornitura di quattro sistemi informatici di telemedicina (T-MED), destinati ai reparti di cardiologia che sebbene regolarmente forniti, ma non richiesti da nessuno, non erano, a distanza di anni,mai entrati in funzione. Entrambe le forniture erano costate alla ASL di Foggia, rispettivamente 626.907,90 € per i taglia aghi e 832.320,00 € per i T-MED, per un totale, già corrisposto, di 1.459.228,00 €.
La fornitura di tali dispositivi è stata effettuata da tre ditte operanti nel settore e facenti capo ad altrettanti imprenditori che si aggiudicavano l’appalto corrompendo funzionari amministrativi della ASL di Foggia, dell’Area Gestione del patrimonio, e primari ospedalieri, mediante l’uso di atti falsi e manipolando in toto delibere e determine.
Dalle indagini svolte
presso tutti i reparti ospedalieri in argomento, emergeva che gran parte di tali dispositivi, non venivano utilizzati ed in alcuni casi erano accantonati dove venivano rinvenuti, dopo due anni, ancoraimballati. Da ulteriori accertamenti effettuati presso le ditte in questione si accertava che ogni singolo dispositivo taglia aghi, veniva acquistato dalla ASL di Foggia al prezzo di 3.240 € mentre il costocommerciale era di 240 €, inoltre il relativo materiale di consumo veniva acquistato al prezzo di 463 € a scatola, 250 volte superiore al reale costo commerciale di 1,92 €. Quindi, il danno causato alla ASL per la fornitura accertata di 149 dispositivi taglia aghi e 361 confezioni di materiale di consumo, ammonta a 626.907,90 €.
La seconda truffa, costituita dalla fornitura di 4 sistemi informatici di Telemedicina (T-MED) presso i reparti di cardiologia degli ospedali di Cerignola, San Severo e Lucera permetteva di accertare che ogni sistema informatico veniva venduto alla ASL al
prezzo di 208.000 €, 7 volte superiore al reale costo commerciale di 30.000 €. Durante le indagini si accertava che la fornitura ai reparti, era avvenuta all’insaputa del personale medico edinfermieristico su iniziativa di uno degli indagati che aveva fatto ricorso a delibere e determine di acquisto false.
Infine durante le indagini, si accertava che in nessun sistema informatico di telemedicina eraattivo o mai entrato in funzione, nelle strutture dove era stato fornito.
Anche in questo caso il danno ingente causato alla ASL per la fornitura accertata dei 4 sistemi informatici di telemedicina (T Med) ammonta a 832.320,00 € di cui 140.000 € versati in tangenti.
Le aziende, per compensare i dipendenti e i dirigenti ASL, investivano in regali, auto, viaggi, pranzi, soggiorni in hotel a 4 stelle, soggiorni in resort, nonché denaro contante, accertato nell’ordine del 20% per ogni affare concluso.
A conclusione delle attività investigative il G.I.P. presso il Tribunale di Foggia
(dott.ssa Rita Pasqualina CURCI), concordando con la tesi investigativa fornita dal NAS di Bari, su richiesta del Sostituto Procuratore della Repubblica di Foggia, il Dott. Antonio LARONGA,ritenendoli responsabili, a vario titolo tra loro, dei reati di associazione per delinquere corruzione, turbativa d’asta e falso, in data 2 giugno 2012 emetteva 10 ordinanze di custodia cautelare (5 in carcere e 5domiciliari) nei confronti dei personaggi coinvolti.
Nelle prime ore della mattinata odierna è stata data esecuzione alle operazioni di P.G. nelle città di Bari, Foggia, San Severo, Manfredonia, Urbino, Andria e Canosa da personale del NAS di Bari e Foggia, unitamente a personale del Gruppo Tutela Salute d Napoli e dei Comandi provinciali di Bari, Foggia, Pesaro-Urbino. Sono state perquisite nella contestualità dell’esecuzione delle misure gli uffici e studi di 5 primari ospedalieri nonche’ le sedi di 3 aziende operanti nel settore.
I NOMINATIVI
Nicola Marinaro,
funzionario Asl Foggia – OCC in carcere
Vincenzo Nuzziello, Foggia – OCC in carcere
Sabino Conte, dipendente Asl Foggia – OCC incarcere
Nazario Di Stefano, dip. Asl Foggia, di San Severo – OCC in carcere
Stefano Frongia, imprenditore di Lugo di Romagna, res. ad Urbino – OCC in carcere
Sabino Inchingolo, ex dirigente Asl/Fg, sub commissario e consigliere comunale Andria – ai domiciliari
Giovanni Bruno,imprenditore Foggia – ai domiciliari
Chiara Di Lella, dipendente Asl, di San Severo – ai domiciliari
Renato Milione, di San Severo, dipendente Asl – ai domiciliari
Nominativi verso i quali sono state effettuate delle perquisizioni
Giuseppe Altieri, medico e consigliere comunale
Romolo De Francesco, già dirigente Area Patrimonio Area Fg
Paolo De Marzo, Bari, medico
Paolo Di Mauro, funzionario Asl Foggia
Lucio Ferrozzi, medico
Raffaele Granatiero, di Manfredonia,dipendente Asl/Foggia (coinvolto precedente indagine)
Silvano Lamedica, medico
Torremaggiore
Paride Morlino, medico (coinvolto precedente indagine)
Nicola Perella, funzionario Asl/Fg
Maria Netti, dipendente Asl Foggia
Eugenio Sammartino, medico Asl Foggia  (...)
Asl Foggia, la maxi truffa
Flaconi di disinfettante per sale operatorie dal valore commerciale di circa 60 euro l’uno, venivano pagati dalla Asl di Foggia al prezzo smisurato di 1.920 euro: è la truffa nella quale sarebbero coinvolti cinque dipendenti dell’azienda sanitaria e due imprenditori, scoperta dalla guardia di finanza. Sette in tutto le persone denunciate, due agli arresti domiciliari. I finanzieri hanno sequestrato beni per circa 1,6 milioni di euro (27 fabbricati, 48 terreni, 8 autovetture, 27 conti correnti bancari e quote di 3 società). A fronte di un fabbisogno per le sale operatorie, stabilito dall’autorizzazione di spesa, di 90 flaconi, sono stati ordinati ulteriori 929 confezioni, per una spesa complessiva per l’ente di 1.783.680 euro.
Gravi le
irregolarità delle procedure delle gare d’appalto per la fornitura all’Asl di materiale sanitario destinato ai presidi ospedalieri scoperte nel corso delle indigini coordinate dalla Procura.
In particolare, ifinanzieri del nucleo di polizia tributaria di Foggia hanno accertato che 5 funzionari dell’area gestione del patrimonio dell’Asl avevano fraudolentemente liquidato il pagamento di fatture per acquisti di prodotto disinfettante per sale operatorie, raggirando – attraverso collusioni e altri mezzi fraudolenti – le procedure negoziali previste in materia di appalto ed in assenza di autorizzazione alla spesa.
Nello specifico, dalle investigazioni è emerso che:
- benché l’autorizzazione di spesa del citato prodotto riguardasse l’acquisto di soli 90 flaconi, erano state irregolarmente deliberate – dal 2009 al 2011 - forniture per ulteriori 929 flaconi, per una spesa complessiva per l’Ente di 1.783.680 euro;
- le società fornitrici avevano corrotto i pubblici dipendenti
attraverso dazioni di denaro contante ed altre utilità, per un valore quantificato in non meno di 14 mila euro;
-  ogni flacone – costituito da 5 litri di un disinfettante per sale operatorie – è risultatofatturato al prezzo smisurato di 1.920 euro (comprensivo di Iva) a fronte di un valore di commercializzazione da parte del fabbricante estero pari, all’epoca, a 48,53 sterline inglesi (circa 60 euro);
- erano stati utilizzati timbri contraffatti delle unità ospedaliere per falsificare l’attestazione di avvenuta ricezione della merce (è risultato che a fronte del pagamento di 839 flaconi – già effettuato al momento delle indagini - ne era stata consegnata una quantità comunque non superiore a 800).
Colpito da interdittiva dell’esercizio di impresa e di assunzione di cariche direttive e/o di amministrazione nell’ambito di società è stato Frongia Stefano (Classe 1962, residente a Montefeltro nell’urbinate). E’ scattato invece l’obbligo di dimora nei confronti del dipendente
dell’ASL di Foggia, Marinaro Nicola (Classe 1964 nato a Cerignola, ma residente a Canosa di Puglia).
Per tali condotte, i 5 funzionari dell’area gestione del patrimonio e 2 amministratori di aziende fornitricisono stati denunciati, a vario titolo, per i reati di “associazione a delinquere”, “corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio”, “falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici” e “truffa ai danni di ente pubblico”.
Nel corso dell’operazione il GIP del Tribunale di Foggia, Elena Carusillo, ha emesso in tutto sette denunce, due agli arresti domiciliari. A queste è seguito il sequestro di beni per un valore “equivalente al danno cagionato alla collettività” di un milione e seicentomila euro, oltre alla confisca cautelare di 27 fabbricati, 48 terreni, 8 autovetture, 27 conti correnti bancari e quote di 3 società.