Renzi, un uomo della finanza internazionale
 











Matteo Renzi

Con il plauso della finanza anglofona che lo sostiene, Matteo Renzi si appresta a formare il suo governo che, se tanto ci dà tanto, agirà all’insegna delle tasse e della sempre maggiore mercificazione del lavoro. Le premesse ci sono tutte. Il sindaco di Firenze ha già fatto capire come si muoverà. Le stelle sono con lui e le banche pure. Le imprese italiane un po’ meno visto che si aspettano qualcosa di differente da tutte le belle parole che la politica gli ha rovesciato addosso in tutti questi anni. Al di là di un lavoro che si vuole più precario e più flessibile, per contrastare la concorrenza delle imprese cinesi che si avvantaggiano di un costo del lavoro otto-dieci volte minore di quello italiano, le aziende italiane chiedono meno burocrazia che blocca qualsiasi nuova iniziativa e vogliono prima di ogni altra cosa che le banche tornino a fare credito alle aziende sane. Quelle che costituiscono la spina dorsale del nostro sistema industriale. Quelle che sono particolarmente irritate nel prendere atto che le varie Unicredit, Intesa San Paolo, Monte dei Paschi e Bnl continuino invece a dare soldi ad imprese che sono a pezzi come la Telecom, oberata di debiti, e ad una Fiat che, oltre che indebitata, ha avviato da tempo il disimpegno produttivo dall’Italia. Senza credito una impresa non si può ristrutturare e non può investire nell’innovazione, l’unico strumento per restare competitivi sui mercati e non correre il rischio di esserne espulsi. Renzi, in tal senso ha annunciato la sua riforma del lavoro con misure mirate a favorire l’occupazione giovanile e rendere più convenienti e a tempo le assunzioni per le imprese. Ma quelle appaiono soltanto come misure tampone. Ci vuole altro per rilanciare l’economia italiana che soffre di una inadeguatezza del sistema infrastrutturale, tra collegamenti aerei e ferroviari che fano schifo ed una banda larga ancora inaccessibile a buona parte del nostro Paese. Ci vuole una riforma radicale della burocrazia ministeriale che deve essere messa nelle condizioni di non nuocere. In particolare quella enorme schiera di burocrati, laureati in giurisprudenza, che bloccano le leggi e i decreti attuativi opponendo lacci e lacciuoli che altro non sono se non un mezzo per ribadire il proprio potere di interdizione. E’ contro questa genia che Renzi dovrà tirare fuori le unghie e combattere ma si deve temere che riuscirà a fare ben poco. Questo rappresenta il minimo che ci si aspetta da lui. Per il resto, è lecito aspettarsi che il suo operato di governo sarà all’insegna della continuità con i vari Mario Monti ed Enrico Letta. Vale a dire un consulente di Moody’s e di Goldman Sachs e un membro dell’Aspen Institute. Pure Renzi non è messo male nei suoi rapporti internazionali. E’ già stato testato ed è molto significativo il fatto che un settimanale Usa come Time, nel 2009, quando ancora era un signor nessun, un semplice presidente della provincia di Firenze, lo abbia definito "l’Obama italiano". Un intervento a gamba tesa per creare l’ambiente ideale alle speranze di Renzi e per stabilire un punto preciso. Il sindaco di Firenze ha un grande futuro di fronte a sé. Certo un futuro radioso reso possibile dalla inconsistenza degli esponenti di un Partito Democratico nel quale non soltanto è morta politicamente la componente comunista ma è anche scomparsa l’anima socialista e socialdemocratica. Resta in piedi, soprattutto ai suoi ottimi rapporti con il mondo della finanza, l’anima cattolico tecnocratica di cui sono esponenti appunto Renzi e Letta. Ma Letta non ha la forza politica per fare quello che si deve fare, cioè massacrare ulteriormente di tasse gli italiani, compresa quella patrimoniale che chiede il Fondo monetario internazionale. Renzi da segretario del partito può invece farlo, sempre che abbia i numeri in Parlamento.Fra gli altri, Tony Blair, Olli Rehn e Moody’s gli hanno fatto avere il loro sostegno. Ora starà a lui confermare che la fiducia dei banditi di Wall Street, della City e della Commissione europea era ben riposta. Giuliano Augusto