Governo, l’accordo con Berlusconi che imprigiona Renzi
 











E’ la prima volta che Silvio Berlusconi rimette piede in parlamento da quando il Senato ha votato la sua decadenza a seguito della condanna per frode fiscale. Alle 10,30, puntuale, ha varcato il portone, accompagnato dai capigruppo, per incontrare Renzi che oggi affronta il suo secondo giorno di consultazioni con i partiti per la formazione del nuovo governo. Che il premier incaricato annuncia pronto per sabato, mentre sono ancora tanti i nodi da sciogliere.
Non che l’accordo con Berlusconi sia necessario a Renzi: Forza Italia, infatti, sarà all’opposizione, ancorché «costruttiva». Ma al segretario democratico l’appoggio del Cavaliere serve per approvare le riforme: non basta la maggioranza assoluta delle Camere per evitare il referendum confermativo, ci vuole quella dei due terzi e senza i voti di Forza Italia l’obiettivo è irraggiungibile. Per non dire che Renzi verrebbe meno alla propria parola (e sarebbe l’ennesima volta)
quando ha sempre detto che le regole del gioco si cambiano coinvolgendo tutti e per questo ha costruito l’italicum praticamente a tu per tu con Berlusconi. Il tutto però nell’ambito di un accordo che ora per il segretario Pd è diventato un po’ stretto, mentre il leader di Forza Italia non intende cedere di un millimetro.
Dunque, la legge elettorale deve andare avanti ed essere approvata subito, senza aspettare la riforma del Senato (che vorrebbe dire tempi più lunghi, mentre Berlusconi vuole tenersi aperta la strada delle elezioni anticipate, non si sa mai) e soprattutto senza modifiche né al premio di maggioranza né alle soglie di sbarramento: l’italicum «non si tocca», ha detto dopo il faccia a faccia con Renzi, perché già frutto di una «discussione sofferta» e di compromessi e perché così com’è l’italicum gli permette di tenere legati a sé (ob torto collo) i vari Casini, Alfano, ecc (ma questo non l’ha detto).
Il guaio, per Renzi, è che questi sono esattamente i punti sui
quali il leader del Nuovo centrodestra ha chiesto modifiche sostanziali in cambio dell’appoggio al futuro governo. Anzi, alcuni darebbero già per fatto un semi accordo, all’interno del quale il "lodo Lauricella" - dal nome del deputato Pd che ha presentato l’emendamento che prevede l’approvazione della nuova legge elettorale solo dopo la riforma del Senato - ha un posto d’onore: sarebbe la prova che Alfano chiede a Renzi sulla reale volontà di non andare a votare alla prima occasione, magari proprio in accordo con Berlusconi… Poi, ovviamente, c’è tutto il resto (posti di governo, job act, giustizia) su cui Alfano discuterà oggi pomeriggio con il braccio destro di Renzi, Graziano Delrio, ma dove non ci sono ostacoli insormontabili, una volta preso atto che la maggioranza rimane la stessa di Letta e non si allargherà né di qua né di la (per ora).
Alfano, infatti, incassa il no di Sel («indisponibile a contribuire ad governo di larghe intese») e anche la Lega intende restare fuori dal
governo, anche se il leader dell’Ncd osserva con sospetto certe manovre a destra, dove incombe sempre il rischio che alcuni senatori ex Pdl ora nel gruppo misto del Gal siano disponibili ad appoggiare Renzi (con l’ok di Forza Italia) nell’ottica di marginalizzare il peso di Alfano medesimo.
Oggi è anche la volta di Grillo. L’appuntamento era alle 13.45, con tanto di diretta streaming, e il leader Cinque Stelle ci andava contro voglia, dopo che la base del Movimento ha «sconfessato» lui e Casaleggio votando per il sì al vertice con il segretario del Pd, mentre i due leader si erano detti contrari a partecipare ad una consultazione «farsa». E in effetti, più che una consultazione è stato uno show inutile: «Io non ti faccio parlare, non sono democratico con voi. Non abbiamo tempo da perdere per te. È finita caro» (Grillo): «Buona giornata, è stato un piacere vederti» (Renzi). In tutto cinque minuti di battibecco e basta. L’ex comico, però, così tradisce il mandato ricevuto dalla base
del movimento che a maggioranza (seppur di poco) si era schierato per il sì alla consultazione.
Con il che il "lavoro preparatorio" è concluso e Renzi si mostra più che soddisfatto (contento lui). Stasera salirà al Colle a riferire a Napolitano, domani al lavoro su un documento programmatico per le riforme e già sabato, promette, la nuova squadra di governo. «Da lunedì», infine il voto di fiducia in Parlamento. Ro. Ve.