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I Gattopardi... a geometria variabile
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Non è una boutade, ma tant’è: il governo che Renzi si appresta a formare – soggiacendo ai diktat di Benedetti e Napolitano – non potrà essere che a “geometria variabile”. Senza soluzione di continuità, cioè, con le formule di maggioranza e di governo tante care ai “genitori ‘a’, ‘b’ e ‘c’” (restiamo nel politicamente corretto…) di questa Repubblica. Come noto la cosiddetta “politica” italiana è costellata da formule bizantine e acrobazie verbali: dai “nuovi più avanzati equilibri” di Francesco De Martino alle “convergenze parallele” di Aldo Moro, alle “geometrie variabili” di Giuliano Amato, alla “difesa attiva” (la vergognosa motivazione dell’aggressione italiana del 1999 alla Serbia) di Massimo D’Alema, per finire a quelle “larghe intese” (diventate strette strette) di più recente memoria. Il menù che – volente o nolente – dovrà infatti servire al popolo questo terzo governo extraparlamentare, non potrà che basarsi su un nucleo di maggioranza aperta però ai contributi di terzi. Altrimenti il percorso “ambizioso” del sindaco di Rignano fiorentino si ritroverà molto presto nella palude evocata dal suo immediato predecessore e compagno-amico di partito Enrico Letta. Ma ricapitoliamo il giro turistico in atto nei Palazzi Romani del presidente incaricato. Fino a questo martedì Renzi ha avuto incontri con tutti i cosiddetti “minori”: in generale gruppi parlamentari nati non dalle elezioni (salvo i partiti delle minoranze linguistiche e Scelta Civica) ma da scissioni post-elettorali. Da tutti costoro – fatta eccezione per la Lega che, come ha annunciato il segretario Matteo Salvini, darà guerra totale ad un governo che porterà a Roma competenze e soldi e per un SEL diviso al suo interno tra possibilisti e oppositori – ha ottenuto un via libera. Nemmeno a dirlo, soprattutto da tutti i centristi, postdiccì, neosocialisti e alfaniani. Un elenco folto: dal Ncd a Scelta Civica, appunto, dai Popolari agli Udc-Per l’Italia, dal Centro democratico al Psi linea Nencini, al Gal linea sinistra e linea destra. L’unzione finale, dopo aver ricevuto Forza Italia di Berlusconi e il “suo” Pd etero diretto da De Benedetti (parola di… Barca) e i pentastellati che hanno deciso (in 20.843 su 41.240 votanti, 20.397 i pareri contrari) di andare con Grillo chez Renzi, giungerà dal Parlamento. Qui potrà anche raschiare qualche favore in più dai cosiddetti “dissidenti 5 Stelle”, cioè dai parlamentari a suo tempo eletti con il ruolo di cinghie di trasmissione tra il moVimento e il partito democratico. Che il “popolo della rete” possa delegare ai suoi eletti una trattativa qualsiasi a quello che lo stesso Beppe Grillo ha definito un governo retto da un Renzi “Arlecchino, servitore di due padroni: Berlusconi, appunto, e De Benedetti, tuttavia, per il momento, fatti salvi i dissidenti di Sua Maestà, lo può candidamente credere soltanto un marziano. Ecco dunque le citate “geometrie variabili”. Renzi farà di tutto e di più per raccattare, già presentandosi alle Camere per la fiducia, ovunque possibile il consenso nelle due aule parlamentari. Da Forza Italia e, perché no, da “Fratelli d’Italia” che, sì, si sono dichiarati all’opposizione, ma che – magari tacitati da qualche intervento pro-marò – non potranno certo ignorare, di volta in volta, i richiami all’ordine “costruttivo” impartiti dalla loro opposizione-madre, della quale restano una costola. E naturalmente da tutti – ma proprio tutti – i “centristi”, alfaniani compresi e dal suo Pd. Con qualche contentino – tipo una trasmissione a reti unificate del programma di propaganda “progressiva” ‘Razza Umana’ del buon redivivo Marrazzo ora in grave crisi di ascolto – ai “sinistri” chic e al caviale di Sel e dintorni verdi. Insomma, a un anno dal tonfo – in questa stessa direzione di aggregazione in caravanserraglio – di Bersani, ora è il turno di Renzi. “Ultima occasione” per l’Italia, ha tuonato (si fa per dire) l’immarcescibile Tabacci. Traduciamo: “ultima occasione” – questa della geometria variabile - per loro, i gattopardi. Che vogliono mantenersi saldi alle poltrone facendo finta di voler cambiare tutto per non cambiare nulla. Lorenzo Moore
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