Morte di un partito mai nato
 











Il libro fu profetico. La quarta di copertina lo presentava così: «Una critica sferzante all’attuale leadership dei Democratici di sinistra. Una famiglia politica che non ha saputo mettersi in discussione né rinnovarsi, condannando se stessa e la propria tradizione al declino». Era il febbraio 2007, appunto l’anno di pubblicazione del libro, che aveva per titolo "Compagni di scuola" e per sottotitolo "ascesa e declino dei postcomunisti" (Mondadori). Autore Andrea Romano.
Uno sguardo dal ponte quasi vent’anni dopo la Bolognina, e sotto il ponte di acqua ne era passata molta: ma guardando giù, scrutando bene Andrea Romano già allora non vedeva proprio niente di bello. Anzi. Uno per uno, già allora li bocciò tutti, i leader non più comunisti del fu Pci. Per esempio Fassino, ma soprattutto Veltroni e D’Alema.
Di quest’ultimo, dopo la caduta del governo che l’ha visto premier - quello della "guerra umanitaria", per intenderci - scriveva: «Il
D’Alema che usciva battuto da Palazzo Chigi non era Don Chisciotte né Don Abbondio. Ma un penoso incrocio tra i due». E ciò nonostante che, secondo l’autore, D’Alema fosse, tra quelli che vennero (incautamente) definiti «gli splendidi quarantenni di Berlinguer», il migliore; cioè colui che, sempre secondo l’autore, nell’arena del dopo Pci si presentasse con in mano le migliori carte, «muovendosi da una posizione di forza e portandosi dietro la fiducia e le aspettative dell’intero corpo postcomunista». Invece fu solo quello, il «penoso incrocio».
Del resto, su ciò che lui, D’Alema il Migliore e gli altri «magnifici quarantenni di Berlinguer» sono riusciti a combinare, la dice lunga il ventennio berlusconiano che ne è
seguito. E come se non bastasse, dopo i vent’anni di Berlusconi, c’è ora questo risultato epocale che ha nome Renzi.
Qualcuno ha osservato che la fulminea e onnivora vincita del sindaco dentro il Pd non è che l’ultima tappa della lunga partita di fine-Pci. E molti
per questo sono contenti, battono le mani, inneggiando, come Sallusti, al Sindaco-Gorbaciov, il rottamatore dell’Urss.
Ma è qui che cade l’errore fatale: perché questa in corso non è la partita di fine-Pci. È la partita di fine-Pd. Il suo certificato di morte.
Basta guardare. Le casematte democrat sono ormai pressoché tutte conquistate dalla "travolgente" cavalleria renziana: facilmente, rapidamente, pacificamente il Pd è caduto nelle mani del conquistatore fiorentino. Non ci sono state Termopili, non c’è stata resistenza, non c’è stata difesa, solo una debole scaramuccia e poi le mani alzate. Le mani alzate di coloro che hanno «condannato se stessi e la propria tradizione al declino».
Mani alzate. Resa incondizionata. Mentre Renzi spadroneggia, largheggia, gorgheggia (e altro), dentro le mura espugnate si ode solo un silenzio reverenziale. Non disturbare il manovratore. Viene totalmente deluso chi si aspettava uno straccio che uno straccio di resistenza da parte della
cosiddetta opposizione interna. Niente, né sussurri né grida, solo qualche bisbiglio, prontamente messo a tacere.
Ben è vero, pochi giorni fa, qualche giornale ha parlato «dell’ombra di D’Alema», aggirantesi minacciosa sul Renzi-Impero. Ma era una non-notizia, un falso allarme, trattavasi solo della presentazione del suo ultimo libro. Assolutamente no, quale ombra, lui si è infatti affrettato a dire: «Renzi non è il mio modello, ma visto che c’è dobbiamo tenercelo».
Bersani dal canto suo si è buttato giù dal letto, gli ha votato di buon cuore la fiducia e ha sentenziato: «Ha bisogno d’aiuto, aiutiamolo»; Cuperlo ha in effetti l’aria più mesta del solito ma bisbiglia che Renzi dopotutto va bene; Orfini leva qualche ma, però subito rientra disciplinatamente nei ranghi; Zoggia garantisce che la minoranza non ha la minima intenzione di boicottare. E il guerrigliero Civati fa la mossa ma poi ci ripensa, lui vota la fiducia perché vuole bene al Pd.
Già, ma quale Pd? Il Pdmenoelle,
il Partito Democristiano, il Partito Defunto, il Partito Mai Nato? La risposta è lì sotto gli occhi di tutti: il capolavoro degli ex splendidi quarantenni di Berlinguer è «solo» il Pd di Renzi. Non bello.
Ha avuto ragione Andrea Romano. Né Don Chisciotte, né Don Abbondio. Don Lurio. Maria R. Calderoni