Emergenza crolli nel paradiso del Salento, costa off limits tra Melendugno e Otranto: Comuni nel mirino della Procura

 











La Grotta della poesia, la spiaggia delle Fontanelle, la pineta di Torre dell’Orso, Torre Sant’Andrea: diventano off limits alcune tra le spiagge e i costoni più famosi e frequentati della costa salentina. Dopo giorni di sopralluoghi e accertamenti documentali, la Capitaneria di porto ha emesso un verdetto che pesa come un macigno sul tratto di costa leccese che unisce Melendugno a Otranto. Niente bagni su quasi tutto il tratto, niente "navigazione, sosta ancoraggio, pesca professionale o sportiva", niente "attività subacquee o di superficie connesse agli usi del mare".
La cartografia, allegata all’ordinanza dell’Ufficio circondariale marittimo di Otranto, è impietosa. La linea rossa segnata vicino la costa è quasi ininterrotta, dal confine nord tra i territori di Melendugno e Vernole, Torre Specchia, passando per la zona della Caciulara (quella dove è previsto l’approdo del gasdotto Tap), poi la spiaggia più grande e popolare di San Foca: Le
Fontanelle. E ancora, l’area a sud del porto, in località Li Marangi e più giù fino all’ex Regina Pacis. E poi l’intera area di Roca vecchia, gioiello salentino in cui era possibile fare i bagni tra i resti archeologici risalenti all’età del Bronzo e nella conca della Madonna della Poesia, passando poi per una vasta zona di Torre dell’Orso e l’intera linea di Torre Sant’Andrea.
In pratica viene inibito quasi l’intero tratto costiero del territorio di Melendugno, paese che vive quasi esclusivamente di turismo e che, proprio sbandierando la difesa della sua principale vocazione, sta conducendo da mesi una dura battaglia contro l’ipotesi di approdo del gasdotto proveniente dall’Azerbaijan. La situazione di quel territorio, però, appare oggi troppo compromessa. Il dissesto idrogeologico la fa da padrone e, nei mesi scorsi, innumerevoli sono stati i crolli delle falesie, che hanno indotto l’amministrazione di Melendugno a imporre parziali divieti d’accesso su vari tratti, molti dei quali
occupati da stabilimenti balneari.
L’ordinanza della Capitaneria, però, va ben oltre perché estende notevolmente i limiti e vieta l’accesso e l’avvicinamento alla costa anche dal mare. E poiché nel provvedimento non è prevista una limitazione temporale dello stesso, va da sé che Melendugno si avvia verso l’estate con questa spada di Damocle pendente sulla sua testa, che spaventa non poco gli operatori turistici. Non è un caso che il sindaco di Melendugno, Marco Potì, abbia subito annunciato la richiesta di convocazione di un incontro con la Guardia costiera e poi di un tavolo tecnico presieduto dalla Provincia  "al fine di valutare meglio quali siano le zone in cui più alto è il pericolo ed evitare la chiusura indiscriminata di quasi 13 km di costa".
Per il primo cittadino l’ordinanza è "troppo estesa e severa" e andrebbe rivista, anche al fine "di non creare allarme e un danno d’immagine per Melendugno proprio nel momento in cui i turisti prenotano le vacanze". Potì, che
nella stessa giornata di venerdì ha già raccolto la preoccupazione dei balneari, è comunque fiducioso che "il confronto e il coordinamento tra le autorità interessate possa consentire di limitare le interdizioni ad alcuni tratti più specifici" e che un intervento della Regione, "alla quale ci rivolgeremo il prima possibile", permetterà di mettere in campo le risorse necessarie per mettere in sicurezza alcune zone già prima dell’estate ed evitare che la stagione 2014 si trasformi per Melendugno in una vera e propria ecatombe.                                                                                                   La Procura di Lecce accende i riflettori sulle falesie a rischio. E anche sul comportamento degli amministratori pubblici, i quali negli ultimi anni molto poco avrebbero fatto per mettere in sicurezza i loro territori. La bomba delle interdizioni - scoppiata a Melendugno, da poche ore estesa anche a Vernole e nelle prossime settimane pronta a deflagrare in altre zone del Salento e della Puglia  -  potrebbe avere importanti risvolti giudiziari. Perché la documentazione relativa a situazioni di rischio, le interdizioni disposte dalla Capitaneria di porto e dalla polizia municipale in diversi comuni, nonché i solleciti inoltrati per anni dalla Guardia costiera a cui gli enti non hanno mai risposto, è finita direttamente sulla scrivania del procuratore della Repubblica Cataldo Motta.
Troppo il clamore mediatico suscitato dai provvedimenti che rischiano di azzoppare le marine di Melendugno proprio nell’imminenza dell’estate, troppo alte le voci di protesta degli amministratori e degli operatori del settore, perché la magistratura non voglia vederci chiaro. E capire come sia stato possibile arrivare a questo punto. Il Pai, del resto, è cosa non recente. Risale al 2008, con tutto il suo bagaglio di classificazione delle zone a rischio e potenziali inibizioni. La Capitaneria di porto ha scritto ai Comuni per la prima volta nel 2012  -  come ha rivelato il comandante
del Compartimento di Gallipoli, Attilio Daconto durante il vertice di giovedì in Provincia  -  e ha continuato a farlo fino a febbraio. Il sollecito ai sindaci era chiaro: "si stili l’elenco delle situazioni di pericolo note e si aggiorni alla luce di nuovi fenomeni", al fine di individuare le aree marine da interdire.
"Vista l’urgenza della pratica, in difetto di quanto richiesto  -  era scritto nella lettera del 22 febbraio  -  si procederà a interdire gli specchi d’acqua antistanti le zone di pericolo, come rilevato dal Pai". Che in assenza della messa in sicurezza si potesse arrivare alla chiusura di ampi tratti di costa, dunque, era prevedibile. Ma molti, a quanto pare, hanno fatto orecchie da mercante. E ora il procuratore Motta, insieme all’aggiunto Ennio Cillo, vuole capire il perché. Il fascicolo aperto non contiene nomi di indagati né ipotesi di reato ma solo un gran numero di documenti utili a focalizzare la situazione. E se l’attività
investigativa è ancora all’inizio, i Comuni già interessati dai provvedimenti interdittivi cercano di correre ai ripari.
Il sindaco di Melendugno, Marco Potì, nei giorni scorsi ha ottenuto la disponibilità dell’Autorità di bacino ad effettuare rapidi sopralluoghi sul litorale al fine da individuare i pericoli più grossi e portare alla Capitaneria le "prove" per calibrare l’ordinanza e ridurre le limitazioni. Lo stesso intende fare il sindaco di Vernole, Luca De Carlo, il quale - prima del week end - ha avuto le avvisaglie di una tegola che stava per abbattersi sul suo paese, con l’ordinanza della polizia municipale che ha chiuso circa trecento metri di falesia ai confini con Melendugno. A quel divieto ha fatto seguito l’ordinanza emessa dal comandante dell’Ufficio marittimo di Otranto, Ginmarco Miriello, che ha inibito la parte in mare. Si tratta, in particolare, della zona a nord di Torre Specchia Ruggeri, che presenta "situazioni di sfaldamento dei costoni rocciosi" ed è stata
quindi chiusa all’accesso ma anche alla balneazione e alla pesca.Chiara Spagnolo,repubblica