”Spending Review”. Il gatto e la volpe
 











Il libro dei sogni dei risparmi di spesa pubblica, alla redazione del quale il governo Letta aveva delegato Carlo Cottarelli, è stato servito, come si sa, al neo-presidente del Consiglio Renzi, con vari contorni e perline da sventolare al popolo elettore.
Pallottoliere alla mano Cottarelli ha dato i suoi numeri, la prima volta, Renzi li ha raddoppiati (3 miliardi di risparmi subito aveva detto il “Commissario”) fino a 7. Quindi il Commissario ha dovuto subito “ricalcolare” e dichiarare al Senato che “per gli ultimi otto mesi dell’anno più o meno si arriva a 5 miliardi. Questo se si cominciasse da maggio. Prudenzialmente si può contare su 3 miliardi. C’è un margine, tutto dipende dalle decisioni politiche che si prendono’. Così, sempre nel vago, il commissario Cottarelli, che ha assicurato che il documento definitivo sulla spending review sarà presentato "con il Def".
Ma c’è un mistero. Come mai, appena ad ottobre 2013, le previsioni di
Cottarelli erano tutt’altre? Ricordiamole.
“Cottarelli studia i dossier e punta in alto: superare i 3,6-3,7 miliardi assegnati come target dalla Legge di stabilità per il 2015. E arrivare al famoso taglio delle tasse sul quale il governo si è impegnato. In realtà per Cottarelli il primo obiettivo è trovare 600-700 milioni nel 2015. Ma — come ricordato dallo stesso ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni — 3 miliardi servono a tenere sotto controllo il deficit e a non far scattare la clausola di salvaguardia (l’aumento delle accise e il taglio agli sconti fiscali)”.
Queste le cronache di appena sei mesi fa che prevedevano risparmi dal 2015. Ma poi c’è stato il ribaltone con Renzi al posto di Letta e Padoan al posto di Saccomanni e i numeri sono cominciati a crescere e i tempi di realizzazione a diminuire.
Così il 12 marzo Cottarelli ha riverniciato le sue previsioni: ’’Per quest’anno – ha dichiarato in audizione al Senato -  in termini di risparmi effettivi, i risparmi
potrebbero essere pari a 3 mld se si fanno le cose giuste’’. Se le misure fossero state introdotte all’inizio dell’anno, ha spiegato, sarebbe di circa 7 miliardi. Ma ci vuole ’’un certo margine prudenziale’’ che porta la cifra a circa 5 miliardi. Nel 2015 i risparmi potrebbero arrivare a 18 miliardi di euro, mentre nel 2016 si potrebbero toccare i 36 miliardi.
Ed ecco di seguito le linee vergate nel “libro” sventolato da Renzi e dal suo governo con le varie riserve espresse.
Sulle pensioni per esempio, le previsioni presentate  dal commissario Carlo Cottarelli, come lui stesso ha ammesso erano ’uno scenario illustrativo’ che può essere ’modulato secondo i parametri che si decidono’. ’Sono scelte politiche, si può anche decidere che non si devono toccare’. L’intervento  sulle pensioni, se si farà,  dovrebbe vertere su diversi aspetti: una stretta sugli assegni di accompagnamento e contro gli abusi delle invalidità, ma anche un innalzamento dell’età contributiva
delle donne. Queste dovrebbero affiancarsi agli uomini, passando da 41 a 42 anni di contributi senza vincolo di età anagrafica. Una mossa "chiesta dall’Ue" che dovrebbe portare 1,7 miliardi in tre anni. Dovrebbe invece morire sul nascere l’idea di chiedere un contributo (da ben 2,9 miliardi) al 15% di pensioni più alte, bocciato dalla Corte Costituzionale e sul qual sembra che il premier Matteo Renzi abbia posto pubblicamente un veto. Cottarelli ha spiegato che per lo scenario sulle pensioni era stato preso a riferimento il reddito procapite italiano calcolato dall’Istat, pari a 26.000 euro. Il contributo previsto dal dossier messo a punto finora sarebbe quindi partito da "pochi euro al mese andando poi a crescere" in base al reddito.
"Mi è stato chiesto se il sistema sanitario nazionale è ancora sostenibile. Credo di sì, non è necessario un cambiamento radicale, non c’è da rivedere interamente il sistema". Questo quanto osservato dal Commissario che ha sottolineato come nel suo
piano ci sia "un’azione di risparmio e di efficientamento servizi". Le differenze a livello regionale spingono "verso la piena attuazione dei costi standard".
 Piani sinergie entro settembre, effetti in 2015 - "Per alcune riforme, quelle che io chiamo sinergie, come per le forze di polizia o per le centrali di acquisto, occorre partire subito in termini di definizione dei piani specifici anche se gli effetti si vedranno solo nel 2015. Nella mia agenda c’è la scadenza di metà settembre per la definizione dei piani strutturali".
Una stima di 85mila eccedenze tra il personale della pubblica amministrazione. E’ questa l’indicazione che arriva dal lavoro di spending review del Commissario. Oltre a mettere mano alle spese per la Difesa, ai trasferimenti alle imprese, alla riorganizzazione delle forze di Polizia e al taglio degli stipendi dei dirigenti, Cottarelli avrebbe infatti individuato esuberi tra i dipendenti pubblici per 85mila unità al 2016. Una misura che potrebbe
generare un risparmio per le casse statali di 3 miliardi, ma già si annuncia una fortissima battaglia sul tema. Per la Cgil si tratta dell’"ennesimo attacco al sistema pubblico e del welfare", mentre il Commissario precisa che si tratta di una "stima da affinare" e che gli eventuali esuberi possono essere riassorbiti con la "mobilità".
Cottarelli non si limita a indicare il risparmio legato agli esuberi tra i dipendenti pubblici, ma punta il dito anche sul turnover, cioè il meccanismo che in situazioni normali fa scattare un’assunzione per ogni dipendente che va in pensione. L’idea è passare al blocco totale del turnover, dall’attuale situazione che congela il ricambio generazionale per l’80% (e cioè ogni 10 pensionandi ci sono 2 assunzioni).
Inoltre, nelle prime indicazioni sui risparmi possibili emerge il capitolo più significativo (10,3 miliardi nel triennio) dalla voce di acquisti di beni e servizi. Altri 6,6 miliardi, in ripresa del famoso piano Giavazzi, vengono dai tagli
dei trasferimenti alle imprese, sia da parte dello Stato che delle Regioni.
Anche alla Difesa viene chiesta una cura dimagrante, con una previsione di 2,6 miliardi di minori spese cui si aggiungono i 2,4 miliardi dati dalla razionalizzazione delle cinque forze di polizia. Con un taglio di effetti alle Forze Armate valutato di 30 mila unità. Per quanto riguarda gli armamenti, prende piede l’idea di dimezzare a quota 45 l’ordine di caccia F-35 (misura che sarebbe ampiamente supportata dall’opinione pubblica) per spendere 6 miliardi in 12 anni.
Altre voci rilevanti sono quelle degli stipendi dei dirigenti Statali, che contribuiranno con tagli dall’8 al 12% e risparmi per 1,7 miliardi, mentre al trasporto ferroviario e locale andranno destinati 5,5 miliardi in meno. Se a ciò si somma ancora la salute e altre voci come la riduzione dell’illuminazione pubblica si raggiungono i 33,9 miliardi complessivi. Tra l’altro è ipotizzato il taglio dell’Ice, l’Istituto del Commercio Estero, che
il leader degli industriali Giorgio Squinzi ha definito "raggelante".
Questo il pot-pourri servito da Cottarelli al governo e da questo impreziosito a beneficio del popolo elettore.
Che sente, legge, e si chiede: chi pagherà gli scivoli di 85 mila statali? Diventeranno nuovi pensionati o saranno riallocati altrove? La Difesa taglierà i suoi acquisti e il suo personale? I dipendenti delle Provincie “abolite” andranno a ramengo o saranno soltanto trasferiti? I Comuni come taglieranno l’illuminazione pubblica? Dove prenderanno i soldi le imprese che vedranno tagliati i fondi e le forniture al settore pubblico? Dove si prenderanno i soldi per gli annunciati tagli fiscali? E per gli investimenti? Chi pagherà gli interessi alla Cassa depositi e prestiti per le garanzie date sui pagamenti dei fornitori dello Stato? Come si riuscirà, quest’anno, il prossimo, il prossimo ancora e per altri 17 anni a tagliare fino al 60% il debito pubblico così come firmato e controfirmato dall’Italia con
l’Ue? Verranno toccate le pensioni?
E, a parte tutto ciò e altro ancora, una volta passato il regalo (postelettorale) degli 85 euro al mese ai redditi bassi ci saranno per davvero questi soldini in più da spendere o le tariffe e i costi dei beni-base saranno aumentati molto di più, esaurendo il teorico beneficio ex ante?
E, infine, non doveva essere la soluzione della mancanza di lavoro, dell’alto tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, il vero, l’unico possibile, obiettivo di un governo che avesse realmente a cuore il ritorno allo sviluppo dell’Italia? Perché la prima misura immaginata da Renzi è stata a beneficio di chi un lavoro comunque lo ha? Purtroppo il sospetto “clientelare”, “elettorale”, sorge spontaneo.
L’Italia non può restare appesa ai sogni.
Deve uscire da questa Europa, modellata a favore esclusivo degli Stati del nord (e già questo consentirebbe un solido risparmio di veri 5-7 miliardi di euro l’anno ora destinati a far vegetare l’eurocrazia e
destinare verso lidi più sicuri i suoi investimenti produttivi) . Deve uscire dall’euro, deve avere una propria banca di emissione del denaro. Deve tornare a guardare l’economia vera, propria, quella mediterranea, non quella inventata dai burocrati di Bruxelles a danno dell’Europa meridionale. Deve togliersi dalla tutela anglo-franco-tedesca.
Deve riprendersi la sua sovranità, la sua indipendenza.
Soltanto così potrà ricostruire uno Stato, federale al suo interno e confederato ad altre nazioni meridionali con le stesse necessità, al servizio dei suoi cittadini e non oppressore, a Roma, a Francoforte e a Bruxelles del suo stesso popolo. e.r.