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Evviva, iniziano le ”Grandi Riforme”...
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Le Grandi Riforme di Renzi sono, come si sa, in arrivo. La primissima a passare il traguardo è quella appena sfornata, con decreto legge, dal ministro delle Coop, Giuliano Poletti, con le “novità” di un’ulteriore liberalizzazione dei contratti di precariato, a termine o per apprendisti. In sintesi il decreto aumenta la flessibilità, eliminando addirittura quei limiti di piccolo buon senso che la stessa Lady Lacrima di Monti, Elsa Fornero, aveva invece avuto il buon gusto di sancire. Grazie a una cotale “Riforma” il datore di lavoro non soltanto potrà, in ognuno dei 36 mesi di contrattualizzazione, licenziare senza motivazione, ma usufruire anche della possibilità di procedere, senza alcuna soluzione di continuità, a nuove assunzioni – di tal fatta o di rinnovare il contratto fino a otto volte. Per gli apprendisti cade il divieto di assumerne altri se non si è mantenuta almeno una quota del 30% delle precedente assunzioni. Ormai il “mercato delle vacche” è completamente libero. E vengono eliminati i vincoli di formazione. Insomma flessibili che più flessibili non si può. Evviva i Riformisti “democratici”. Sono riusciti addirittura anche a peggiorare la legge già pessima ordita da Monti & Co.: se ne è subito lamentato l’ex viceministro all’economia Fassina, il che è tutto dire. E questa del Lavoro - anche se parziale: il colpo ferale all’occupazione in Italia giungerà con il famoso Jobs Act… - è la prima delle Grandi Riforme renziane. In avanzato cantiere, si sa, c’è già quell’obbrobrio di legge elettorale a metà (per la Camera solamente) che elimina il dato fondamentale di “un elettore un voto” scippando ai movimenti minori la possibilità di essere rappresentati in Parlamento (la vergognosa “soglia”), reimpone listini bloccati giocando sul decentramento dei collegi, regala al primo partito un bel numero in sovrappiù di deputati (predati alle opposizioni tagliate dalla “soglia”), e si fa beffe della stessa pronuncia della Corte Costituzionale. Per non parlare, poi, della “Riforma senatoriale delle elezioni europee”, anche qui con un blocco della rappresentanza proporzionale dei consensi e un marchingegno di falsa “parità di genere”. Le altre Grandi Riforme, poi, riguarderanno la Pubblica Amministrazione – alla quale detrarre un bel po’ di miliardi di costi (cosa saggia, se ne sortisse fuori una maggiore efficienza, ma così, lo scommettiamo, non sarà: anzi, le previsioni sono fosche, visto che da una parte si vorrebbe tagliare e dall’altra si aumentano “agenzie”, “garanti”, “commissari” con il loro carico di costi) – qualche maquillage alla politica (vedremo cosa accadrà con la stolta abolizione delle provincie: dove saranno riallocati i dipendenti? Lo sa il governo che il costo del personale, l’80% sul totale, resterà invariato?) che non prevede affatto il taglio del vero mostro mangia-soldi pubblici: le Regioni… Le riforme del Senato (che comunque, rivisto e corretto resterà in vita) e dell’art. 5 della Costituzione, la “Grande Riforma” della giustizia (già “iniziata” a latere con il disegno di… tagliare le forze dell’ordine - commissariati, etc.). Naturalmente, tra le famose Grandi Riforme di Renzi, c’è anche quella, sbandierata ai quattro venti, del “nuovo rapporto da costruire” con l’Unione europea. Sorrisini di Barroso e von Rompuy a parte, non sembra proprio che vi sia qualche cianche da quella parte, anzi: il fiscal compact, il patto di stabilità e il parametro deficit-pil, è un diktat, l’Italia è tenuta ad osservarli. Altrimenti gli agenti “rating” della Troika provvederanno a stilare una nuova pagella al ribasso e a stringere ancora più il cappio sul nostro popolo. Sarà un brutto risveglio, quello d’autunno. Mario Fedi |
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