Laboratori di analisi: un’attivita’ ancora notevolmente condizionata
 











Le imprese, anche quelle che operano nel campo sanitario, sono come le persone: nascono, prosperano e muoiono. Pertanto anche le imprese, come le persone, per vivere, o meglio, spesso, solo per sopravvivere, proprio come le persone, hanno bisogno di essere alimentate.
In base al nostro ordinamento, il nutrimento, la linfa, il sostegno per queste imprese è costituito dall’entità del tetto di spesa annualmente assegnato alle stesse.
Un tetto di spesa che assume un’importanza strategica per la sopravvivenza di queste strutture costrette ad operare in un mercato che non è un vero mercato, ovvero un mercato aperto, ma un quasi mercato in quanto protetto dalle esenzioni e dai ticket disposti dalla Regione a tutela del bene salute dei cittadini.
Come le persone, anche le imprese possono “cessare la loro attività” per cause violente, traumatiche oppure per cause naturali.
Una mortalità, una fragilità che non colpisce
indistintamente tutte le strutture perché, proprio a seguito della carenza di quel sostentamento minimo, trafigge solo una parte delle stesse, ovvero quelle che ancora oggi subiscono limitazioni dai criteri di assegnazione dei tetti di spesa che non rispettano la pari dignità tra i professionisti del settore.
Mi permetto pertanto fare una più attenta valutazione di carattere generale rapportandomi alla situazione dei laboratori di analisi:
- In base al percorso seguito dalla Regione Puglia, la delibera di Giunta Regionale n. 1500 del 2010 avrebbe dovuto essere lo strumento normativo atto all’eliminazione delle distorsioni sul sistema di assegnazione dei fondi pubblici alle strutture private accreditate (ex convenzionate) secondo quanto riportato nel resoconto stenografico della seduta del Consiglio regionale del 27 luglio 2006 nella parte in cui ha respinto l’emendamento proposto a rettifica dell’art. 18 della L.R. n. 26 del 2006 ed in base alla segnalazione dell’Antitrust che ha
fotografato la situazione dei laboratori di analisi cliniche privati nella nostra regione per il periodo 1999-2006
- Ma la delibera di Giunta Regionale n. 1500 del 2010 pur avendo ottenuto il merito di apportare cambiamenti ai criteri di assegnazione dei fondi pubblici alle strutture sanitarie private accreditate e pur avendo raggiunto apprezzabili consensi, non ha risolto totalmente i problemi della categoria e le discriminazioni ancora presenti
- Le griglie ed i conseguenti punteggi attualmente applicati hanno snaturato il senso dei provvedimenti, degli indirizzi politici contenuti nelle delibere n. 1400 del 2007, 95 del 2008 e n. 1494 del 2009
Per dare pari dignità a tutti i professionisti del settore, occorrerebbe assegnare un tetto di spesa minimo che quanto meno possa coprire i costi che le strutture devono necessariamente sostenere per l’esercizio della professione nel rispetto del regolamento n. 3 del 2010 (ex regolamento n. 3 del 2005)
Solo i restanti fondi
attribuiti alla categoria dovrebbero essere assegnati in base alla caratteristiche oggettive delle strutture di cui alla DGR 1500 del 2010 (o 2671 del 2009?)
Non si tratta di pretendere una forma di assistenzialismo (come qualcuno ha avventatamente sostenuto negli anni passati) e questo perché innanzitutto i fondi erogati non sono a fondo perduto, ma costituiscono la remunerazione per il sostentamento dei costi di gestione che i laboratori devono necessariamente sopportare per l’esercizio dell’attività (personale, reagenti, macchinari, fitto dei locali ecc. ecc.) e poi anche perché queste strutture operano in un mercato protetto dal lodevole intervento della Regione che, con la concessione di esenzioni e ticket, ha assunto gli oneri del SSN sul proprio territorio. Solo l’1-2% delle prestazioni sono eseguite in regime esclusivamente privato. La copertura di queste spese minime, necessarie all’esercizio, riviene pertanto esclusivamente dal tetto di spesa che viene attribuito alle
strutture.
Questo dunque dovrebbe essere il corretto criterio di assegnazione dei fondi pubblici, salvo che non si voglia giudicare l’operato del governo regionale in questo settore come propaganda, populismo, demagogia ed il vero scopo sia stato e sia solo quello di portare alla chiusura una parte dei laboratori di analisi.
Se così non è, e personalmente penso che non lo sia, allora bisognerebbe avere il coraggio di emanare subito nuove disposizioni a tutela della categoria magari anche avvalendosi della imminente riorganizzazione della rete laboratorista al fine di ridare pari dignità a tutti i professionisti del settore. E’ dal 1999 che alcune strutture continuano ad essere notevolmente penalizzate. Leonardo Perrone riceviamo e riportiamo.