Il gas, il dollaro e il potere planetario
 











Con la crisi ucraina quasi uscita dalle scene della stampa occidentale (i disinformatori, si sa, fanno presto a dimenticare le loro bufale) – è evidente, nonostante la messa in mostra dei muscoli Nato sia in Lituania dal 1 aprile che nel Mar Nero, da marzo,  come la secessione della Crimea sia ormai un fatto forzatamente scontato anche per Washington.
Che in realtà, oltre ad avere ben altro da pilotare su e giù nel pianeta, con le varie altre guerre umanitarie e rivoluzioni colorate in atto, vuole comunque trarre almeno un qualche vantaggio a latere dalla crisi di Kiev.
Lo stesso Obama, peraltro, svelatosi un super agente di commercio nel suo recente viaggio in Europa occidentale, era stato chiaro. Gli Usa sarebbero “pronti” a sostenere le forniture di gas per gli affamati consumatori europei in caso di chiusura dei rubinetti russi.
Già nelle analisi sul perché dell’esposizione Usa nella guerra e nella destabilizzazione della Libia gli
analisti di geoeconomia avevano ipotizzato un crescente interesse nordamericano a vendere il proprio gas da scisto (shale gas, prodotto con la frantumazione delle rocce) nell’Europa dell’ovest.
Le riserve provate ed il gas da scisto estraibile negli Stati Uniti è notevole: si parla di possibilità di soddisfare per quasi un centinaio di anni il consumo interno Usa.
L’unico “particolare”, è che la sua sola produzione – estrazione costa assai di più degli attuali prezzi sui mercati internazionali, pari a 3-5$ per mmbtu.
L’industria del gas americano, retta sostanzialmente su sussidi da parte della Federal Reserve, che ha finanziato la costruzione di una rete fittissima di pipeline e lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia per l’estrazione, calcola che il minimo sostenibile per fare reggere l’intera filiera sia intorno a 6$ per mmbtu: quasi il doppio del costo attuale del gas, mettiamo, russo, che giunge a Monfalcone.
Per non parlare del trasporto di tale gas verso i Paesi
clienti, come l’Europa dell’ovest e del centro, appunto (Austria, Italia etc.): come sarà fatto arrivare?
Escludiamo, naturalmente, la posa di una condotta transatlantica…
E giungiamo all’unica opzione possibile: l’avvio, in navi cisterniere, di gas liquefatto.
In Europa (e anche in Italia) esistono molti rigassificatori. Ma quanti “liquefattori” hanno gli Usa?
Nemmeno uno. C’è un solo impianto progettato:  il Sabine Liquefaction Project di Parish che sarà terminato nel migliore dei casi a fine dell’anno prossimo e dal quale potranno – forse – uscire le prime forniture di gas per l’altra parte dell’Atlantico fra tre-quattro anni con porto nodale sul Golfo del Messico.
Per non parlare delle quantità trasferibili: irrisorie rispetto alle necessità di consumo europea e dirette a rigassificatori del tutto comunque insufficienti a produrre i volumi di consumo.
E allora ci chiediamo: perché Obama ha lanciato la proposta di acquistare gas negli Usa? E come farebbero gli
Stati Uniti che – al momento – non sono affatto esportatori ma importatori netti di petrolio e gas dall’estero? E quanto potrebbe costare in realtà un tale gas per essere redditizio e ammortizzare almeno in parte gli investimenti in atto?
Oggi, almeno 10-12 dollari m/BTU, quasi il doppio del costo pagato alla Russia e all’Algeria.
E per le altre risposte, crediamo proprio occorra tornare indietro, alla decisione Usa di affossare la parità del dollaro con le monete internazionali. A quaranta anni fa. L’economia Usa è ormai finanziaria e monetaria. Tutte le multinazionali sono guidate da CdA dove siedono finanzieri e banchieri. L’importante è che le transazioni siano fatte in dollari, moneta-carta, priva di valore intrinseco, che sarà fatta oscillare per produrre comunque profitti alle oligarchie del denaro. Come possiamo ben tornare alle politiche di progressiva conquista dei Paesi produttori di energia da parte degli Usa, e alle guerre “umanitarie” (dalla Serbia all’Afghanistan,
all’Iraq, alla Libia) e rivolte mediorientali – vedi destabilizzazione della Siria - che si ripetono e si ampliano sempre di più. Non a caso il maggior giacimento di gas nel Mediterraneo è al largo di Cipro, Siria, Libano ed ex Palestina. Con Israele che vuole fare – e già fa – la parte del leone.
Toh, con la Russia come obiettivo finale nel mirino. L’obiettivo di Brzezinski e di ogni amministrazione Usa dal 1989 a oggi: è lì, in Russia e nei Paesi a questa potenza federati, il bottino dell’energia da rapinare, arraffare.
E allora ecco anche spiegato le minacce belliche degli atlantici contro la Russia, dopo il colpo di Stato di piazza dagli stessi Usa guidato per defenestrare un legittimo governo. Ecco perché la Nato – i 28 suoi ministri -  ha gridato alla “cattiva condotta” russa da “contrastare”. Ecco perché un’ “alleanza” occidentale costituita contro l’Unione Sovietica e il “pericolo rosso” il 4 aprile del 1949 a Washington, continua ad ampliarsi, a disseminare di
missili le frontiere con l’est Europa, anche se l’Urss non esiste più.
Business is business & Power is power. l.m.