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Fisco, famiglie sempre più tartassate |
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Il regio decreto porta la data del 1904. E, in alcune zone del Paese, è ancora in vigore. Prevede un balzello sulle paludi di un tempo. Devono pagarlo tutti i proprietari degli immobili che abbiano avuto un aumento di valore in seguito alle opere di bonifica. In altri comuni i negozianti sono chiamati a pagare una speciale tassa se la tenda all’ingresso del loro locale proietta un’ombra sul suolo pubblico. A Desio, in Brianza, un patriottico quanto sbigottito albergatore si è visto chiedere 140 euro di imposta sulla pubblicità per aver esposto una bandiera tricolore. È il carnevale delle imposte locali. Che si vanno ad aggiungere a una legislazione fiscale nazionale da cruciverba. Quelli dell’Associazione artigiani piccole imprese di Mestre si sono armati di santa pazienza, e di pallottoliere, e hanno censito cento diverse tasse. Che bersagliano ogni contribuente onesto dalla mattina quando si sveglia fino al momento in cui torna a infilarsi sotto le lenzuola. Alcune, come l’Irpef o l’Iva, sono manifeste. Altre ben nascoste nelle bollette delle diverse utenze o nel costo del carburante o delle bevande alcoliche. Nell’elenco c’è davvero di tutto: dalla sovrimposta di confine sui fiammiferi (e vai a capire) a quella sui gas incondensabili, dall’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili a quella sulla sigaretta elettronica, dai diritti di magazzinaggio a quelli per i contrassegni apposti alle merci. Un esempio di questa giungla sono i numeri riportati in queste pagine. L’ufficio studi degli artigiani di Mestre ha prodotto una simulazione, prendendo in considerazione una famiglia-tipo, composta da due lavoratori dipendenti con un figlio a carico. Lui fa l’operaio e ha un reddito annuo di 23.624 euro, pari a una retribuzione netta mensile di 1.490 euro (per tredici mensilità). Lei è impiegata come commessa e totalizza un reddito annuo di 20.098 euro, pari a una retribuzione netta di 1.181 euro (per quattordici mensilità). La famigliola vive in un’abitazione di 110 metri quadrati ed è proprietaria di due auto: una, a gasolio, che percorre 11 mila chilometri l’anno; l’altra, a benzina, che ne fa appena 7.300. I suoi consumi di energia elettrica e gas sono quelli medi nazionali. In banca ha 6.000 euro sul conto corrente e un gruzzolo di 15 mila euro investito in obbligazioni. L’esplosione di tasse, tributi e accise che ogni italiano onesto paga, produce oggi una pressione fiscale effettiva del 54 per cento, in continuo aumento negli ultimi anni. Uno studio della Confartigianato dice che dal 2008 a oggi sono state introdotte 288 nuove norme fiscali e 67 di semplificazione. Vuol dire che ogni snellimento ha prodotto 4,3 nuove zeppe per il sistema economico nazionale. Con il risultato che, secondo stime del confindustriale “Sole 24Ore”, alla fine del 2012 per preparare la sua dichiarazione un contribuente era costretto a investire 199 minuti e 460 euro. Che diventavano 12 giorni e 4.600 euro nel caso di un’impresa artigiana composta dal titolare e un unico dipendente. Secondo un paper messo a punto dai ricercatori della Confcommercio, se lo Stato riuscisse a ridurre i costi dell’adempimento spontaneo alle regole fiscali allo stesso livello della Danimarca, l’economia sommersa si ridurrebbe del 13,9 per cento. Emergerebbe come d’incanto un gettito fiscale di 14 miliardi, il doppio della cifra che il commissario alla “spending review”, Carlo Cottarelli, sta affannosamente cercando di rastrellare per consentire al premier, Matteo Renzi, di mantenere la promessa di una riduzione di 80 euro, da maggio, dell’Irpef sulle buste paga più leggere (quelle sotto i 1.500 euro netti al mese). La famiglia del nostro esempio ha un reddito imponibile Irpef di 43.723 euro. E oggi paga, tra imposte, tasse e tributi vari 18.729 euro, con una una pressione fiscale del 38 per cento tondo. Che sale al 40,3 per cento se nella stessa famiglia (con uguali consumi e un’unica auto) a lavorare è solo il marito: un impiegato con una retribuzione netta mensile di 1.890 euro (per tredici mensilità). Ogni volta che paga la bolletta della luce, si vede addebitare gli oneri più diversificati, da quelli per lo smantellamento delle centrali nucleari chiuse con il referendum del 1987, a quelli per finanziare gli incentivi per le fonti energetiche rinnnovabili o le tariffe di favore per le Ferrovie dello Stato. Per non parlare della benzina. Questi calcoli, però, valgono solo se le due famiglie prese ad esempio non sgarrano davvero mai. Qualsiasi piccolo svago fa salire il conto. «Basta discostarsi dalla casistica», scrivono i ricercatori di Mestre, per essere sottoposti a ulteriori forme di prelievo». Se, per esempio, si ha il vizio del fumo bisogna rassegnarsi a subire un’imposizione che raggiunge il 75 per cento del prezzo di vendita di un pacchetto di sigarette. Se si vende un immobile bisogna pagare le imposte di registro, ipotecarie e catastali. E via elencando. Senza fine. Perché non sono solo i lussi a essere colpiti. Ci sono anche i servizi e i diritti, garantiti solo in apparenza. In Gran Bretagna, ad esempio, i libri di scuola non si pagano. Mentre in Italia tocca metter mano al portafoglio. È un fatto noto che l’evasione fiscale non dipenda soltanto dal fatto che lo Stato è troppo esigente. In Italia, però, è ormai un fenomeno da Guinness dei primati, avendo raggiunto i 180,2 miliardi di euro, secondo le stime diTax Justice Network, il centro studi del britannico Richard Murphy, inserito da “International Tax Review” nell’elenco dei 50 più autorevoli studiosi di fisco del mondo. Ed è sempre più simile a un cane che si morde la coda: l’amministrazione per recuperare quanto le sottraggono i ladri di tasse si rifà accanendosi sui soliti noti. Quelli, per esempio, che non possono sfuggire alla tassazione del reddito perché il prelievo lo subiscono alla fonte: dalle tasche di lavoratori dipendenti e pensionati esce l’82 per cento del gettito fiscale nazionale. Chi paga tutto, dunque, si ritrova alla canna del gas. A fronte di uno Stato che, dice l’ufficio studi Confindustria su dati della Banca mondiale e del World Economic Forum, è all’ottantaduesimo posto nel mondo per i servizi offerti dalle istituzioni. Dietro all’Estonia. Stefano Livadiotti,l’espresso |
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