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Il Cavaliere, il commisario e la -hot line- di Saccà |
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di Micaela Bongi
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Querele, proteste, ma anche molto imbarazzo diffuso. E preoccupazione. Le nuove intercettazioni pubblicate sull’Espresso in edicola oggi, protagonisti ancora Silvio Berlusconi, il direttore sospeso di Rai fiction Agostino Saccà ma questa volta anche il commissario dell’Authority delle comunicazioni Giancarlo Innocenzi, piombano nel pieno dello scontro sulla giustizia e surriscaldano animi già inquieti. Nelle telefonate del 2007 - che già da ieri si possono ascoltare in rete e che fanno parte delle 9 mila conversazioni depositate nell’inchiesta napoletana per corruzione contro il Cavaliere e lo stesso Saccà - si raccomandano attrici, si spingono produzioni televisive. Ma soprattutto, con triangolazioni a dir poco spericolate, si tramerebbe per dare la famosa spallata al governo Prodi. E proprio con questo obiettivo sarebbe entrato in partita Innocenzi, ex dirigente Fininvest arrivato all’Authority che vigila anche su Mediaset direttamente dal ministero delle comunicazioni, dove rivestiva il ruolo di sottosegretario nel secondo governo Berlusconi. Già allora, il trionfo del conflitto d’interessi, insomma. Il forzista dell’Agcom, nell’agosto 2007, fa sapere a Saccà che si sta lavorando «Tex», nome in codice poco fantasioso per l’allora senatore del centrosinistra Willer Bordon. Nella telefonata intercettata, al dirigente Rai Innocenzi riferisce di essere reduce da un incontro «con il grande capo»: i due hanno «ragionato» del fatto che è arrivato il momento di accelerare «la spallata a questi qui». Ogni sistema sembra buono: e così si pensa di piazzare la moglie di Bordon, l’attrice Rosa Ferraiolo, nella fiction di Raiuno Incantesimo. Ma c’è un problema da risolvere perché il direttore della prima rete, Fabrizio Del Noce, solleva questioni di costi, e per questo viene sbeffeggiato dai due che conversano al telefono. L’ex senatore dell’allora maggioranza, Bordon, smentisce di aver subito pressioni: «Mai in alcun momento ho fatto mancare il mio voto di fiducia al governo Prodi, anche nei momenti più tempestosi», protesta. Aggiungendo che sua moglie «non ha mai lavorato nella fiction Incantesimo, né ha mai fatto provini per tale serie». Conclusione: «Querelo e querelerò chiunque si permetterà di mettere in dubbio la mia onorabilità e la verità di queste affermazioni». Ma il primo a muoversi per le vie legali è il forzista-avvocato Niccolò Ghedini, che accusa l’Espresso di aver violato la legge pubblicando quelle intercettazioni: «Provvederemo a depositare al più presto una denuncia alla autorità giudiziaria competente auspicando che indaghi a fondo per scoprire chi ha consegnato tali intercettazioni al settimanale», annuncia Ghedini. Che ne approfitta per portare acqua al mulino del Cavaliere: «Quanto accaduto dimostra ulteriormente l’urgenza delle nuove norme in tema di pubblicazione delle intercettazioni». Norme che potrebbero anche essere ulteriormente inasprite. Del resto lo stesso Silvio Berlusconi, oltre a lamentarsi per come i giornali avevano riportato la sua intemerata contro le toghe alla Confcommercio, in privato si sarebbe detto convinto che alla fine «stanno solo dimostrando che la linea che abbiamo intrapreso è quella giusta». E secondo il premier risulterà che i suoi colloqui con Saccà non hanno nessuna rilevanza penale. A dar voce alla furia del Cavaliere è il capogruppo alla camera del Pdl Fabrizio Cicchitto: «Siamo all’inizio di una torbida operazione i cui obiettivi politici sono quelli di modificare il quadro uscito dalle elezioni». Dal canto suo, anche Saccà si dice convinto (dai suoi avvocati), che dall’inchiesta di Napolia non emergerà nulla di rilevanza penale. Anzi: «Delle segnalazioni ricevute nessuna è andata a buon fine. Uno dei miei legali mi ha detto che mi faranno un monumento come manager». Ma secondo i pm non si tratterebbe di semplici raccomandazioni, perché «Berlusconi nella sua duplice veste di leader politico e di maggiore imprenditore privato italiano del settore televisivo prometteva al direttore di Rai fiction il sostegno economico alle iniziative private che Saccà si apprestava a intraprendere». Su Saccà anche la Rai ha avviato un’indagine interna, ma il direttore generale Claudio Cappon, prima delle conclusioni ha deciso di aspettare che sul capo sospeso di Raifiction si pronunci il Gup di Napoli, l’8 luglio. Per il momento Cappon spiega che «non molto tempo fa» a viale Mazzini è arrivata dalla procura di Napoli «una documentazione amplissima che è all’esame delle strutture competenti». Il dg Rai conferma poi che la Corte dei conti ha chiesto alla Rai una documentazione su un altro caso, quello delle telefonate sui palinsesti tra dirigenti Rai e Mediaset che ha portato all’uscita dall’azienda di Deborah Bergamini, attuale deputata del Pdl. Ma, appunto, ora entra in scena anche Innocenzi: «In base alle intercettazioni ha violato il codice etico dell’Agcom e dovrebbe trarne le conseguenze - sostiene Sandra Zampa, deputata del Pd - A quanto risulta egli contemporaneamente svolgeva il ruolo di controllore e consigliere dei controllati. Ci sono gli elementi affinchè il Comitato etico dell’Agcom intervenga». «Appare evidente l’incompatibilità di Innocenzi con l’incarico che ricopre presso l’Authority», dice anche Riccardo Villari, sempre Pd, membro della commsisione di vigilanza. Commissione che tra l’altro resta bloccata perché la destra continua a far mancare il numero legale nelle votazioni per l’elezione del presidente. E questo fa dire a Antonio Di Pietro che o sarà eletto il candidato dell’opposizione, l’esponente dell’Idv Leoluca Orlando, «oppure se lo prendono in quel posto». Vibrate proteste a destra ma malumore anche nel Pd. E mentre i big democratici sul nuovo caso intercettazioni non si espongono (a parte Francesco Rutelli che rivendica di aver sponsorizzato pubblicamente la fiction su Anna Magnani di cui si parla nelle telefonate), Di Pietro va all’attacco: «Le intercettazioni uscite oggi dimostrano l’uso strumentale e personale che Berlusconi continua a fare delle sue funzioni pubbliche. Il parlamento è un’assemblea di dipendenti imposta dalle segreterie di partito e si sta adagiando ad accettare la dittatura che è sotto gli occhi di tutti».de Il Manifesto |
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