Negoziati contro sanzioni
 











Incredibile, ma vero. “I governi della Ue devono essere pronti ad applicare “immediatamente” la seconda fase delle sanzioni economiche contro la Russia”. E’ una parte del testo della risoluzione sulla situazione in Ucraina approvata quasi all’unanimità, 437 sì, 49 no, 85 astenuti, dalla plenaria di Strasburgo.
La risoluzione chiede anche misure drastiche contro le imprese energetiche russe, gli investimenti ed i beni russi nell’Unione Europea e la revisione di tutti gli accordi con Mosca in vista della loro possibile sospensione.
Quasi in contemporanea, a Bruxelles viene diffusa una lettera del presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, diretta a Vladimir Putin, in risposta alla sua dello scorso 10 aprile quando, rivolgendosi a 18 paesi europei, li metteva in guardia contro il rischio di una cessazione dei flussi di gas russo all’Ucraina a causa dei mancati pagamenti di Kiev a Mosca: “Sulle forniture di gas dalla Russia
all’Ucraina, e attraverso l’Ucraina all’Europa, è necessario trovare una soluzione negoziata, e non decisioni unilaterali che metterebbero in dubbio l’affidabilità della Russia come fornitore dell’Unione 1397742784.jpgeuropea. L’eventuale interruzione della fornitura del gas all’Ucraina da parte di Gazprom è causa di seria preoccupazione, poiché comporta il pericolo di un interruzione del servizio nell’Ue ed altri Paesi partner”. Il presidente della Commissione conclude la missiva mettendo in guardia il presidente russo, esortandolo a “trattenersi dall’adottare tali misure”.
Ma come, per i russi sanzioni e minacce e per l’Ue soluzioni negoziate?
L’arroganza di Barroso farebbe sorridere se, alla luce degli ultimi eventi, nell’est della (fu) Ucraina non esistessero fondati segnali di una possibile sanguinosa guerra nel cuore dell’Europa. Nando de Angelis
Putin: ”Non si spara contro il proprio popolo”...
In un denso e lungo incontro stampa, Vladimir Putin, il presidente della
Russia, ha risposto in “linea diretta” ai principali interrogativi del momento.
Nel suo intervento, il presidente ha criticato il governo ucraino frutto di un golpe-di-piazza, chiedendosi retoricamente se “usare carri armati e cacciabombardieri contro il proprio popolo”  sia o meno un atto da “coglioni” e dichiarando comunque tale evento “criminale”.
Ha quindi ricordato ai governanti pro-tempore di Kiev che è “tempo di recuperare buonsenso” e che  l’unico approccio possibile per risolvere il conflitto è “il dialogo”, è costruire “un’intesa nell’interesse del popolo ucraino”. Sollecitando un negoziato e, ad esempio, una volta stabilito il patto, chiedendo ai dimostranti – dell’una e dell’altra parte: le forze di autodifesa filorusse e i volontari pro-Kiev – di consegnare le armi.
Pur ritenendo illegittimo il governo ad interim autoelettosi il 21 febbraio alla guida dell’Ucraina dopo la defenestrazione violenta del presidente eletto e del suo esecutivo, la Russia e
pronta – ha detto – a percorrere un cammino negoziale di pacificazione.
Vladimir Putin ha anche confermato la presenza, nei giorni della dichiarazione di indipendenza della Repubblica della Crimea dall’Ucraina e della sua re-integrazione nella Russia, di “militari russi” dispiegati a tutela della popolazione. Militari che peraltro erano già presenti nella penisola, sede della più importante base militare russa del Mar Nero. Ed ha sottolineato come, comunque, oltre ventimila militari ucraini erano di stanza in Crimea nei giorni del referendum. Ha però decisamente negato qualsiasi coinvolgimento – esplicito o sotto copertura – di forze di sicurezza russe nella sollevazione in corso nelle altre giorni dell’Ucraina orientale, russofone e filorusse.
In risposta ad una domanda si Dmitry Kiselev, direttore dell’agenzia stampa  Rossiya Segorodnya – agenzia oggetto di sanzioni Ue-Usa – che si è dichiarato “soffocato” personalmente e ha accusato la Nato di essere una metastasi
tumorale – Putin  ha dichiarato “di non aver paura di una Nato” che si dispieghi ai confini russi e ha assicurato che è la Russia che è “in grado di soffocare gli altri”.
Ad una precisa domanda di Edward Snowden, il “whistlebrower” americano che ha rivelato lo spionaggio globale della National Security Agency Usa ai danni di capi di Stato, governanti, parlamentari e semplici cittadini di mezzo mondo, Putin ha escluso che in Russia sia possibile e legittima una tale “sorveglianza di massa”. Sono pratiche queste – ha dichiarato Putin – “inutili anche per contrastare il terrorismo”. Il presidente russo ha confermato che le intercettazioni, comunque, esistono anche in Russia ma “regolate dalla legge” e comunque “se ordinate dai Tribunali”.
Nella notte tra mercoledì e giovedì, intanto, almeno tre cittadini russofoni ucraini sono stati uccisi e 13 sono rimasti feriti nel corso di scontri armati tra le forze di polizia ucraine e manifestanti filorussi a Mariupol, nella regione del
Donbass che ha quale capoluogo Donetsk. La tensione nella regione resta sempre altissima, ai limiti della guerra civile.
Nulla di fatto, almeno per il momento, al primo incontro di Ginevra tra i delegati di Ue, Russia, Stati Uniti e Ucraina, preceduto sia da una nuova richiesta di Obama e sia da una idiota “risoluzione” di Strasburgo (437 sì, 49 no, 85 astensioni) che spingono per l’immediata “applicazione della fase 3” (nuove sanzioni nei settori dell’energia e sui beni russi all’estero) contro la Russia.
Su questi argomenti, il presidente russo, nella conferenza stampa televisiva, ha detto di “sperare tanto di non dover usare il diritto, concessomi dal Parlamento, di impiegare la forza in Ucraina, e che la situazione possa essere risolta con mezzi politico-diplomatici”. Parlando delle accuse di strangolamento dell’Ucraina nelle forniture di gas russo, una fonte di Mosca ha ricordato che “occorre una soluzione negoziata” perché la Russia è creditrice da Kiev di oltre 2 miliardi
di dollari per l’energia già fornita e occorre trattare un prezzo giusto e di mercato per proseguire in un contratto che è strategico anche per i fabbisogni dell’Europa centrale e meridionale. Lorenzo Moore