Senza decenza: continua la truffa del debito
 











Oramai non fanno neanche più ridere. Immaginate un buon padre di famiglia (o un “buon genitore di famiglia”, in ossequio alle direttive della presidenza della Camera) che arrivato alla fine dell’anno scopra di aver guadagnato mille e speso duemila. Per porre un argine al suo debito, farebbe quello che molte famiglie italiane fanno: rinuncerebbe alle vacanze, userebbe la bicicletta invece della macchina, farebbe qualche ora di straordinario al lavoro.
E mettiamo che dopo un anno, facendo fiducioso il suo bilancio familiare confidando di aver risparmiato, scoprisse di avere invece ancora più debiti dell’anno scorso. E’ quello che accade a questo disgraziato Paese, e nessuno dice nulla, nessuno sembra volersene accorgere.
I dati del “bollettino statistico” di Bankitalia non lasciano spazi a troppi dubbi e interpretazioni: il sistema è complessivamente marcio. Marcio non solo nella gestione ordinaria e quotidiana della cosa pubblica, nelle
menzogne raccontate e nei trucchetti esperiti dalla classe politicante; è marcio nelle radici, nell’origine illegittima del potere dell’eurocrazia, del sistema-euro, della “fabbrica del debito”.
Il nostro debito pubblico, nella sostanza, continua a salire. A fine marzo si è raggiunta, in rapporto al 135% del Pil, l’allucinante cifra di 2.120.000.000.000 di euro, nonostante il contestuale dato di incremento della pressione fiscale. Insomma, la spesa pubblica viene tagliata, lo stato sociale è moribondo, strombazzano ai quattro venti di voler “ridurre gli sprechi”, la tassazione raggiunge livelli di assurdità contabile, e il debito continua a salire, come è naturale e matematico che sia in un contesto di moneta-debito presa a prestito da un ente sovranazionale che sul prestito pretende interessi e li pretende anche puntuali (“fiscal compact”, lo chiamano).
Senso della decenza? Macché. Continuano a dirci di avere fiducia. Si ergono a paladini, dicono che andranno a Bruxelles e
ribalteranno questo mondo e quell’altro, salvo poi tornare, con le orecchie rosse e il capo chino, con in tasca al massimo qualche elemosina o qualche dilazione. Continuano a tempestarci di messaggi di fiducia nell’Europa e nell’euro, senza i quali, dicono, “torneremmo agli anni Settanta”. Che soluzioni propongono? Le solite squallide facezie, le solite sparate moraliste, i soliti raschiamenti di barile; questa volta pare vada per la maggiore la quotazione in borsa delle Poste. 
Intanto, per la schiavitù da debito, per l’ansia da insolvenza, per la cronica mancanza di liquidità, si continua a uccidere, a uccidersi, a commettere crimini violenti. Le notizie di questo tipo oramai sono relegate ai trafiletti di cronaca, quando vengono diffuse. Tutto invece va bene, dicono: gli ottanta euro rilanceranno l’economia, mille clandestini al giorno ci porteranno ricchezza, le banche ci aiuteranno.
Povera nazione, povera Europa.  Fabrizio Fiorini