Il Pd caccia il dissidente Corradino Mineo e 13 senatori si autosospendono
 











Corradino Mineo

Il Pd caccia il dissidente. Corradino Mineo: Ridicolo il renzismo-stalinismo’ Corradino Mineo
Formalmente la scelta è stata di lasciare in commissione solo i commissari effettivi, evitando le sostituzioni e i doppi incarichi. Si è fatto un rimpasto più generale, sì, ma il succo è però che il dissidente Corradino Mineo, non allineato al premier sulla riforma del Senato, è stato cacciato dalla commissione affari costituzionali. Sostituito. Epurato. E così, dopo il riposo imposto anche al senatore dei Popolari Mario Mauro, anche lui protagonista di alcuni voti in dissenso rispetto alle indicazione perentorie del governo, Renzi blinda i suoi 15 voti in commissione.
L’ufficio di presidenza del Pd palazzo Madama ha dunque deciso, e ha deciso così come suggerito dal ministro Maria Elena Boschi («la sostituzione di Mineo? Decida il gruppo» aveva detto poche ore prima del verdetto, «ma è necessario che il gruppo sia plasticamente compatto»). Sono
tre i cambi alla ripresa, dopo il time out elettorale. Due tecnici. Fuori Vannino Chiti, visto che il senatore già presiede la commissione Affari europei e dentro Maurizio Migliavacca, e fuori Luciano Pizzetti, sottosegretario alle Riforme, dentro Roberto Cociancich. Uno politico: fuori Mineo, appunto, dentro, per non sbagliare, il capogruppo Luigi Zanda.
Tredici senatori del Pd si sono autosospesi dal gruppo parlamentare in seguito a quanto avvenuto sulle Riforme e sull’allontanamento di Corradino Mineo dalla commissione. Lo ha annunciato il senatore Dem Paolo Corsini in Aula a Palazzo Madama. I senatori autosospesi sono, afferma Corsini, "per ora, Casson, Chiti, Corsini, Gadda, Dirindin, Gatti, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano".
"Se non ci spiegano, la solidarietà è spezzata". Così, conversando con i cronisti a Montecitorio, il senatore Corradino Mineo sottolinea il senso dell’autosospensione proclamata oggi da 13 senatori Pd dopo la sua
sostituzione in prima commissione al Senato. "Vogliono nascondere i disastri" fatti sulle riforme, aggiunge Mineo ribadendo che da lui non c’è mai stata volontà di porre veti ma che, allo stesso tempo, Renzi "non può governare fino al 2018 facendo accordi ora con Fi ora con Calderoli".
"Il processo delle riforme va avanti, non si può fermare per dieci senatori". Lo afferma il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi commentando con i cronisti a Montecitorio il ’caso Mineo’. Caso che, precisa, "è una decisione del gruppo. E da lì che, martedì in assemblea, arriveranno le spiegazioni". "Nessuno ha chiesto loro di autosospendersi. Dovranno essere loro a decidere se far parte del processo di riforme o fare una scelta diversa", ha spiegato il ministro Boschi a chi le chiedeva se c’è una via di uscita allo scontro con i 13 senatori dissidenti sulle riforme.
"13 senatori non possono permettersi di mettere in discussione il volere di 12 milioni di elettori e non possono bloccare le
riforme che hanno chiesto gli italiani". Così Luca Lotti, sottosegretario alla Presidenza. "Ci aspettavamo 20 persone, sono solo 13. Mineo ha tradito l’accordo con il gruppo. Siamo un partito Democratico, non anarchico".
Corsini (Pd), fatta epurazione,violata Carta - Quanto avvenuto nel gruppo del Pd in occasione del dibattito sulle Riforme è stata "un’epurazione delle idee non ortodosse" ed è una "palese violazione della nostra Carta fondamentale. Chiediamo dunque alla presidenza gruppo Parlamentare un chiarimento". Lo dice il senatore del Pd Paolo Corsini in Aula a nome dei senatori autosospesi.
Scalia, 13 su 107 non possono avere potere di veto - "Cinque riunioni del gruppo a Palazzo Madama, due direzioni Pd, il voto di 11 milioni di elettori alle elezioni europee. Evidentemente tutto questo non basta ai 13 colleghi del Pd che si sono autosospesi per far valere un assurdo potere di veto contro le riforme del governo Renzi ". Lo afferma il senatore dem Francesco Scalia. "Chi
parla di violazione dell’articolo 67 della Costituzione-aggiunge il parlamentare- dovrebbe ricordare che la composizione delle commissioni è decisa dai gruppi. La posizione di Mineo avrebbe leso il principio di maggioranza. I senatori democratici sono 107 e si sono più volte espressi a favore del disegno di legge costituzionale", conclude Scalia.
Apriti cielo.
I più sono d’accordo con la linea imposta dal premier Renzi. E anche una che un tempo era ostile al premier, Anna Finocchiaro, presidente della commissione, spiana così la via alla scelta: «la decisione spetta al gruppo Pd. Io mi permetto di osservare che in una commissione in cui c’è un solo voto di scarto, una critica così radicale come quella di Mineo non è solo una espressione di libertà di coscienza ma pone un’alternativa tra fare e non fare le riforme». Insomma, sostituire Mineo non è un dramma, anzi è cosa buona e giusta: «Niente limiterebbe la libertà di coscienza del senatore Mineo e di quanti vogliano avere il suo
stesso atteggiamento». Possono sempre votare contro, sì, «ma in aula».
Per questo Giuseppe Civati, vicino alle posizioni di Mineo e condividendo i dubbi sul progetto di riforma renziano, dice sconsolato: «È l’episodio più grave di una legislatura che già non ce ne ha risparmiati». «È un errore politico» sostiene Civati, convinto che «il vero problema è che Berlusconi non vota la riforma di Renzi, che non ha i numeri al Senato e se la prende con chi pone solo una questione di merito». Insomma, il premier, per Civati, «dopo aver detto per mesi che le riforme si fanno con le minoranze», perde o elimina «le minoranze dentro e fuori». Il risultato è «un capolavoro» dice ironico. Un successo che fa sembrare «Casaleggio John Stuart Mill».
Casaleggio, con le espulsioni del Movimento, pare un liberale? Non se lo fa ripetere due volte Danilo Toninelli, l’uomo riforme dei 5 stelle.
«Ci aspettiamo una levata di scudi dei media» scrive il deputato 5 stelle, chiedendo una reazione di sdegno
simile a quella generata - a questo punto si immagina giustamente - dalle numerose espulsioni dei dissidenti dal suo movimento.
Molti condividono, nel Pd, ma c’è anche chi però, e solo non tra i civatiani, chiede di «rivedere la decisione». E se la giornalista Marina Terragni, membro della direzione del Pd - che si riunisce oggi, in teoria per approvare il bilancio - parla di un «Pd5Stelle» e di un «diritto di critica negato», Stefano Fassina spera in un’improbabile retromarcia.
Mineo cerca ancora di capire. «Questa mattina cercherò di capire, chiederò spiegazioni meno goffe di quelle che leggo», scrive sul suo blog: «Davvero Matteo Renzi ha deciso di nascondere la spazzatura sotto il tappeto? Di coprire gli errori della Boschi? La gestione incauta e inefficace dei suoi capi gruppo Zanda e Speranza? Di sottacere il prezzo che Lega e Berlusconi esigeranno per lanciare una ciambella di salvataggio alle sue riforme? Di impedire un sano e leale dibattito con la sinistra
interna?».
«Non mi farò mettere la museruola» annuncia: «Sentirò Tocci, Casson, Civati, Chiti, personalità che più di me sono i destinatari di questo atto di forza burocratico e partitico. Per ora dico che la situazione mi sembra grave ma non seria».
Il commento è durissimo: «Renzi è un ottimo uomo politico,una risorsa per il Paese, ma il renzismo-stalinismo è un ossimoro, una barzelletta fuori tempo». Luca Sappino,l’espresso