Il Sole come non l’avete mai visto: il lato violento della luce
 











Il sole ci nasconde ancora molti segreti, in piena luce. Sappiamo molte cose, ad esempio che la nostra stella è un’immensa centrale nucleare che fornisce l’energia necessaria alla vita sulla Terra. Eppure ci sono ancora molti aspetti oscuri, persino sulle sue manifestazioni più appariscenti come le macchie solari o i brillamenti.
Sebbene esistano dei modelli generali per descrivere questi fenomeni, gli scienziati continuano a raccogliere osservazioni sempre più precise, nella speranza di capire i dettagli questi aspetti "violenti" della nostra stella. Osservazioni come quelle presentate in questi giorni dagli scienziati del New Jersey Institute of Technology (NJIT) nel corso del 224° convegno della Società Astronomica Americana (AAS), a Boston. Sfruttando nuove immagini riprese al Big Bear Solar Observatory (BBSO), un osservatorio astronomico in California appositamente progettato per lo studio del Sole, gli scienziati hanno svelato nuovi
dettagli sull’evoluzione delle macchie solari e delle violente eruzioni all’origine dei brillamenti solari.
I risultati, che in parte sono discussi anche in due articoli sulla prestigiosa rivista The Astrophysical Journal, aiutano a capire meglio questi aspetti "turbolenti" del nostro Sole, che possono dare origine a violente tempeste solari capaci di causare danni anche sul nostro pianeta. Il mistero delle macchie solari Note sin dai tempi di Galileo, le macchie solari restano ancora oggi uno dei misteri più fitti dell’astronomia moderna. Come suggerisce il nome, sono macchie scure corrispondenti a regioni più fredde della superficie solare. Che è in continua evoluzione, a causa dei moti convettivi che fanno risalire il gas dalle regioni interne, in modo analogo a ciò che accade in una pentola d’acqua che bolle.
Secondo i modelli attuali, le macchie solari si formano dove il campo magnetico è così concentrato da bloccare la risalita del gas caldo dall’interno del Sole. Ne
risulta così una regione più fredda, che appare scura solamente per un effetto di contrasto rispetto alle regioni circostanti, che sono più calde e luminose. Naturalmente in questo contesto il termine freddo è relativo: le macchie solari hanno comunque una temperatura di circa 4000 °C, seppur minore dei 5500 °C a cui si trova il resto della superficie solare. Uno dei punti ancora misteriosi è il motivo per cui in alcune regioni il campo magnetico arrivi a "strizzarsi" a tal punto da bloccare i moti convettivi.
Moviola solare. Per questo motivo gli scienziati del New Jersey Institute of Technology hanno condotto diverse osservazioni ad altissima risoluzione delle macchie solari. Per farlo hanno sfruttato un nuovo sistema di acquisizione installato al telescopio da 1,6 metri del Big Bear Solar Observatory, appositamente sviluppato dal team di Wenda Cao, professore associato di fisica presso il New Jersey Institute of Technology. Gli scienziati hanno presentato le osservazioni di una
macchia solare apparsa lo scorso 29 settembre, costruendo così una specie di “moviola” con brevi video da 15 secondi, ciascuno suddiviso in 100 fotogrammi. Alcune riprese, ottenute con un filtro rosso per aumentare il contrasto, hanno messo in evidenza il moto delle regioni più scure, dette punti d’ombra, che ha svelato la presenza di fenomeni dinamici molto simili a quelli osservati.
Su scale più grandi. Queste immagini sono state combinate con altre riprese effettuate in cinque lunghezze d’onda legate all’idrogeno negli strati più esterni, e con immagini in luce ultravioletta ottenute dal satellite IRIS della NASA. In questo modo il team è riuscito a mostrare simultaneamente l’evoluzione delle macchie e delle regioni più esterne, costruendo una mappa 3D delle macchie solari con un dettaglio senza precedenti. Le riprese di IRIS hanno inoltre mostrato la presenza di brevi lampi di luce ultravioletta che si ripetevano a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, e che si ritiene
siano dovute a onde d’urto presenti nelle macchie solari.
Il Sole inquieto. Ma esistono fenomeni ancora più spettacolari e violenti delle macchie solari. La superficie del Sole può essere infatti teatro di violente eruzioni, che scagliano nello spazio enormi quantità di materia ad altissime velocità. Questi fenomeni sono probabilmente responsabili del riscaldamento dell’atmosfera solare e sono legati ai fenomeni più violenti che si osservano negli strati più esterni, come le eruzioni di massa coronale o i brillamenti solari. Eppure, ancora una volta, i dettagli di questi fenomeni sfuggono alla comprensione degli scienziati. Come annunciato al meeting di Boston, alla base di queste eruzioni ci sarebbero delle particolari strutture in cui le linee del campo magnetico si avvolgono quasi a formare una corda. Secondo il team guidato da Vargas Dominguez del New Jersey Institute of Technology, queste "corde magnetiche" possono essere lunghissime, fino a raggiungere il diametro della Terra.
Quando queste strutture, che si formano all’interno del Sole, emergono negli strati più esterni, interagiscono con i campi magnetici più superficiali. Uno degli effetti di questa interazione è chiamata riconnessione magnetica e può accelerare in modo efficiente enormi masse di gas, portandole in una decina di minuti ad una velocità di 100 mila chilometri all’ora. Oltre ad essere annunciati a Boston, i dettagli di queste osservazioni sono in pubblicazione in uno studio su The Astrophysical Journal, disponibile anche in formato preprint.
Brillamenti estivi. Sempre in tema di fenomeni violenti, le osservazioni del BBSO hanno permesso di studiare una serie di due brillamenti molto particolari avvenuti lo scorso 6 giugno a distanza di circa mezz’ora l’uno dall’altro. Come discusso da Haiming Wang del New Jersey Institute of Technology, l’aspetto di questi due brillamenti mostrava tre sottostrutture, invece della nota doppia strutture a nastro. Come discusso anche in un articolo su The
Astrophysical Journal Letters, secondo Wang e colleghi la chiave per spiegare questo curioso aspetto sarebbe nella riconnessione magnetica. Tra macchie, eruzioni e brillamenti, gli scienziati stanno iniziando a capire meglio anche i comportamenti più turbolenti del Sole. Ci vorranno ancora molte osservazioni, ma la posta in gioco è troppo alta: scoprire i segreti più intimi della nostra stella. Massimiliano Razzano,repubblica