Democratellum, la riforma elettorale 5 Stelle
 











Per governare da soli non basta il 40 per cento,Democratellum, la riforma elettorale 5 Stelle. Con il suo 40,8 per cento, Matteo Renzi, con la legge elettorale proposta dal Movimento 5 stelle, non avrebbe la maggioranza. Anche volendo considerare solo la Camera (che nel progetto di riforma renziano è l’unica ad accordare il voto di fiducia), il Pd si fermerebbe a un passo dal poter fare un governo da solo, con 315 deputati. Questo almeno secondo la proiezione realizzata dall’uffici del gruppo del Movimento 5 stelle alla Camera
«D’altronde» dice Danilo Toninelli, l’uomo riforme del Movimento 5 stelle, «non c’è vittoria sicura», soprattutto se la legge elettorale si chiama «democratellum». Perché lì, nell’assenza di un premio di maggioranza, c’è la principale distanza con l’Italicum. Lo scrivono bene i gruppi 5 stelle di Camera e Senato, nella lettera-invito indirizzata a Matteo Renzi: «Lei ha concordato con Forza Italia una proposta di riforma,
l’Italicum, che ripropone i profili di incostituzionalità del Porcellum: premio di maggioranza abnorme e impossibilità per i cittadini di esprimere la propria preferenza». Niente premio di maggioranza, dunque, e sì alle preferenze.
Ed è vero, come scrivono ancora i parlamentari 5 stelle nella lettera a Renzi, che «una forza politica che ottenga un deciso consenso elettorale potrà governare anche da sola, senza che sia necessario raggiungere la maggioranza assoluta dei voti», ma il «deciso consenso» dovrà essere superiore al 40 per cento. Altrimenti la prima forza in parlamento, in questo caso il Pd, dovrà cercare accordi in aula: «ma le forze che aderiranno» ha spiegato il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, «avranno un potere ricattatorio molto minore di quello che hanno con le coalizioni fatte prima del voto». Questo anche perché l’assenza di un premio di maggioranza è bilanciato, spiega Toninelli, «da una soglia di sbarramento implicita di circa il 5 per cento» e da una
correzione del divisore con cui si assegnano i seggi, che assicura «un forte vantaggio alle forze politiche grandi» e obbliga «i partiti piccoli, che vogliono ottenere seggi, a fondersi tra di loro, perché non bastano più le alleanze».
empre secondo lo studio del Movimento, stando ai risultati delle europee, Forza Italia avrebbe 11 deputati, il Movimento 5 stelle 152, mentre, com’era facile prevedere, Scelta Civica e il suo 0,7 per cento resterebbero fuori. La sinistra riunita nella Lista Tsipras avrebbe 7 deputati. Un po’ di più ne avrebbero gli alfaniani, che certo però non esprimerebbero tre ministri di peso, con solo 11 eletti alla Camera. 3 ne avrebbe Fratelli d’Italia. 29 la Lega Nord di Matteo Salvini. Danilo Toninelli, commentando i dati con l’Espresso, però nota: «Il Pd prenderebbe comunque il 10 per cento in più dei seggi che avrebbe avuto con un proporzionale puro». Questo a conferma del fatto che quello proposto dal Movimento è un proporzionale «fortemente corretto», «un
proporzionale governante» lo chiama Toninelli.
Al Senato il risultato sarebbe simile. Il Pd si fermerebbe a un passo dalla maggioranza con 155 senatori (con un più 8,5 per cento, rispetto ai voti effettivi). Il Movimento avrebbe 77 senatori (con un più 3,2 per cento). Forza Italia non avrebbe variazione rispetto ai voti presi, ottenendo 53 senatori. Chi invece registrerebbe un meno 50 per cento è Alfano, fermo a 7 seggi. 3 andrebbero alla Meloni e a Tsipras (che passerebbe così dal 4 per cento di voti reali all’un per cento di seggi) e 13 alla Lega Nord (meno 30 per cento). Luca Sappino,l’espresso