Giornalisti, polemiche sul nuovo contratto I freelance contro il sindacato unico
 











"Scusi quanto pagano i freelance nel suo paese?". "Per un pezzo, quanto danno?". Questa è la domanda al centro della conferenza stampa organizzata da Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, sul contratto nazionale appena firmato con editori e governo. La domanda non è però rivolta a Siddi, ma a Mogens Blicher Bierregard, danese, presidente della federazione europea dei giornalisti. Risposta:  «È difficile dirlo, soprattutto è difficile comparare i livelli salariali dei nostri paesi. Da noi comunque si paga per ora di lavoro. L’editore ti chiede quanto hai lavorato per quel pezzo, e poi corrisponde in media trenta o quaranta euro l’ora. Vent’anni fa proponemmo qualcosa di simile a questo contratto ma ci furono contestazioni come oggi e da allora però non abbiamo più alcuna regolamentazione».
Apriti cielo, la conferenza stampa si trasforma in un match tra Siddi e un gruppetto di precari e rappresentanti di Stampa Romana, l’ala dissidente del sindacato. In
sala e fuori. Perché mentre Siddi nel salone Tobagi della sede della Federazione nazionale della stampa difende il lavoro fatto, su twitter compare l’hashtag #SiddiVergogna.
Piovono critiche sull’entità dell’equo compenso previsto dall’accordo tra Fnsi e Fieg, tra sindacato ed editori: vengono giudicati pochissimi 250 euro lordi al mese, o tre mila euro l’anno, per una collaborazione con un quotidiano nazionale. Non basta ai freelance la precisazione di Siddi: «Non è un salario mensile, ma un compenso per dodici articoli pubblicati in un mese». Stessa cifra, per quaranta «segnalazioni/informazioni» pubblicate su testate online o consegnate alle agenzie. Fanno 6 euro e 25 centesimi a notizia, sempre lordi. E non basta, ovviamente, che «laddove la segnalazione sia corredata da foto o video» il compenso base sia maggiorato del 30 per cento per le foto e 50 per cento per «il video grezzo».
Siddi prende di petto la polemica, alza la voce: «È solo chiasso e rumore» dice. Anzi: «Ho
fatto un’analisi dei tweet e ho scoperto che sono fatti in gran parte da persone che non fanno i giornalisti, da mercanti di illusioni». Riconosce, Siddi, che «sarebbe meglio non chiamarlo equo compenso, ma compenso minimo», dice ricalcando quanto già detto dal sottosegretario Luca Lotti (ma il protocollo d’intesa firmato a palazzo Chigi parla di equo compenso). Il segretario della Fnsi rivendica inoltre che «è la prima volta che un contratto nazionale regola anche il lavoro autonomo». E aggiunge: «Non è il miglior contratto possibile, né il contratto che avremmo voluto, ma è il massimo che si poteva ottenere». Si «regolano i lavoratori autonomi», escluse le partite Iva, ovviamente, che «se vere», precisa Siddi, continueranno a contrattare individualmente con gli editori. Lo stesso potrà fare chi si dice non soddisfatto.
E chi non è d’accordo sul tariffario contrattuale, equo o minimo che sia?  «I freelance sono liberi di rifiutare», dice il capo del sindacato unico, «ma devono
sapere che senza contratti e regolamentazione c’è solo la giungla».
In quanto agli altri contenuti del protocollo firmato con il governo, Siddi ricorda in particolare l’accordo per i piani di crisi che prevede un assunto ogni tre prepensionamenti e la stretta alle collaborazioni che spesso i giornali garantiscono ai prepensionati.
All’equo compenso hanno dedicato attenzione anche le sigle confederali che rappresentano i precari: «È sfruttamento legalizzato» scrivono in una nota, «si tratta di cifre ben al di sotto dei minimi stabiliti da qualsiasi contratto collettivo nazionale, e dunque in contrasto con quanto stabilito nella legge 92/12, secondo la quale la retribuzione minima dei collaboratori deve corrispondere con quanto stabilito dalla contrattazione per i lavoratori dipendenti».
A loro risponde il sottosegretario Luca Lotti, annunciando la firma del decreto che segue l’accordo siglato con editori e sindacato: «Oggi ci sono alcune aziende editoriali che pagano tre o
quattro euro per un articolo, mentre con questo accordo un pezzo di 1600 battute dovrà essere pagato 20,8 euro. Mi sembra un primo passo significativo. Non ci fermiamo qui e andiamo avanti».
Anche Lotti preferisce comunque concentrarsi sugli sgravi fiscali e gli investimenti per il settore: «Con il decreto si prevedono sgravi fiscali al 100% per 36 mesi per le assunzioni a tempo indeterminato, al 50% per le assunzioni a tempo determinato e ulteriori incentivi per la trasformazione del tempo determinato in indeterminato che a quel punto avrà sgravi retroattivi. Si prevede anche l’obbligo di trasformare il 20% dei contratti a tempo determinato in indeterminato, pena lo stop all’erogazione dei contributi». Luca Sappino -l’espresso