La spesa dei poveri
 







di Carlo Lania




Antonietta in qualche modo si considera fortunata, almeno lei non deve fare molta strada. Abita nello stesso quartiere in cui si trova l’emporio, quindi fare la spesa è facile. Lo stesso non può dire Maria. Arriva dalla parte opposta della città e ogni volta raggiungere il supermercato è un viaggio. Oggi l’ha accompagnata un’amica con la macchina, ma non è sempre così. «Spesso vengo in autobus e tornare a casa con le buste pesanti è faticoso», spiega. Sia Antonietta che Maria, però, non si lamentano. Tutte e due sarebbero infatti disposte a sopportare una fatica ben superiore pur di arrivare, una volta alla settimana, fin qui all’inizio della via Casilina vecchia dove si trova l’«Emporio della solidarietà» della Caritas. E come loro altre centinaia di persone che, quattro volte al mese, vengono a fare rifornimento di generi alimentari e non solo.
Per chi appartiene a quella fascia della popolazione che con quello che guadagna non ce la fa ad
arrivare alla fine del mese, fare la spesa all’emporio non costa niente. Per loro il supermercato della Caritas è una specie di boa di salvataggio alla quale aggrapparsi nei momenti più duri e dove possono trovare ciò di cui hanno più bisogno: pane, pasta, carne, ma anche olio, zucchero e cibo e scarpe per i bambini. Prendi e porti via quello che ti serve senza pagare un solo centesimo. Gente come Maria, per l’appunto, che per vivere fa le pulizie a ore e alla fine riesce a tirare su 400 euro al mese. Poco, che diventa pochissimo se si considerano quattro figli maschi e un marito rimasto senza lavoro dopo una malattia. «Per fortuna c’è la parrocchia che mi dà qualche altro soldo e una volta al mese anche un pacco viveri», spiega riuscendo chissà come a trovare la forza per sorridere.
C’è una fetta sempre più consistente di italiani che non ce la fanno più neanche a tirare la cinghia, costretti quotidianamente a fare i conti con un costo della vita che ti strangola. Gente che un
lavoro ce l’ha, ma che non basta più per far mangiare tutta la famiglia. Per loro l’Emporio della solidarietà rappresenta una delle poche realtà che gli consente di continuare a vivere dignitosamente. La Caritas l’ha aperto a maggio in via sperimentale a Roma e Prato e nella capitale finora riesce a far mangiare circa duecento famiglie, una sessantina delle quali immigrate. «Si tratta dei nuclei familiari più numerosi, con più bambini», spiega don Paolo Gessaga, che gestisce l’emporio. L’idea di aprire un supermercato dove la gente potesse acquistare senza spendere è venuta ai parroci, spiega il sacerdote. «Da tempo chiedevano un’iniziativa del genere, che desse respiro a chi non ce la fa nemmeno a fare la spesa. Intendiamoci: non sto parlando di barboni, per loro abbiamo le mense. No, qui vengono famiglie normali, persone che lavorano ma che un supermercato normale non possono più permetterselo».
Il principio alla base dell’emporio è semplice. Per poter acquisire il diritto a fare
acquisti una famiglia deve prima recarsi in un centro ascolto della Caritas o nella propria parrocchia, ma anche nel municipio in cui vive e dimostrare la consistenza del nucleo familiare e il reddito complessivo, che naturalmente non deve superare il tetto predefinito. In cambio ottiene una tessera con 200 punti spendibili in un mese, 50 alla settimana. La tessera è rinnovabile per sei mesi. «Siamo ancora alla fase sperimentale - aggiunge don Paolo - ma già pensiamo di incrementare il numero dei punti».
L’emporio è organizzato come un vero supermercato e dentro si può trovare di tutto. «Cerchiamo di garantire una dieta normale, anche se ci mancano ancora un po’ di secondi», prosegue il sacerdote. I prodotti sono ordinati uno dietro l’altro sugli scaffali. Tra quelli che «costano» di più ci sono gli alimenti per bambini, come la confezione da quattro barattoli dal 125 ml di omogeneizzati Plasmon al brodo di verdure (4 punti), il latte omogeneizzato sempre della Plasmon (4 punti), o
l’olio extravergine d’oliva di marche come Bertolli, Coricelli o Monin per acquistare il quale servono 5 punti. «Lo abbiamo messo così caro per far capire che è prezioso», prosegue don Paolo. Tra quelli che costano di meno invece c’è la pasta, che viene addirittura regalata. «E’ un bene deperibile, e quindi deve andare via subito».
Letteralmente falcidiate dall’inflazione, che negli ultimi mesi ha toccato record che non si vedevano da almeno 12 anni, le famiglie italiane fanno sempre più fatica ad andare avanti. E i segni della crisi sono evidenti. Secondo l’ultimo rapporto dell’Unioncamere, alla fine del 2006 il 14,6% delle famiglie faceva difficoltà ad arrivare alla fine del mese, mentre il 28,4% denunciava di non riuscire a far fronte a una spesa imprevista. A queste si aggiunge un 4,2% che dichiarava di non avere i soldi necessari per comprare da mangiare. Le regioni meridionali figuravano in cima a questa classifica della povertà, sulla quale primeggiavano Calabria e Sicilia
(rispettivamente con il 23,8% e il 23,5% della famiglie che faticavano a chiudere il mese).
Da allora le cose sono andate sempre peggio, rese più gravi dall’impennata subita dai prezzi del latte o di materie prime come il grano tenero, principale ingrediente per i prodotti da forno, le cui quotazioni, spiega sempre Unioncamere, nell’ultimo anno sono cresciute del 60%. E questo senza parlare di luce, gas e benzina i cui rincari sono ormai pressoché quotidiani.
Se questo è lo scenario, un luogo come l’Emporio della solidarietà diventa preziosissimo. «Contrariamente a quanto si potrebbe pensare a venire qui non sono anziani, ma soprattutto giovani e italiani con bambini piccoli», prosegue don Paolo. «I salari bassi, il costo della vita che continua ad aumentare rendono difficile arrivare alla fine del mese. Si parla tanto della quarta settimana, ma qui c’è gente che già alla terza comincia ad avere difficoltà per comprare i pannolini per il figlio o i detersivi per la casa. Non a
caso questi sono i prodotti che vanno via prima».
All’emporio bastano un paio di mesi per smaltire 15 tonnellate di merci. Il rifornimento avviene in modi diversi. 32 aziende sponsorizzano l’iniziativa alcune delle quali, quelle alimentari, inviano periodicamente i prodotti in eccedenza. Compresi pesce e frutta. «Tutta merce fresca, perché va mangiata», ci tiene a sottolineare don Paolo. Quello che non arriva, come ad esempio il burro, ci pensa direttamente la Caritas a comprarlo. L’obiettivo dell’emporio è di riuscire, entro l’autunno, ad arrivare a servire almeno mille famiglie, e magari di riuscire ad aprire nuovi negozi in altri quartieri di Roma. Ma don Paolo sa che bisogna fare in fretta, perché tutto fa pensare che con i nuovi aumenti, già annunciati, i clienti sono destinati ad aumentare.de Il Manifesto