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Napolitano, incarico a termine? Non ancora
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Renato Brunetta gli scrive per sensibilizzarlo sul “caos” nei conti pubblici, Maria Rosaria Rossi lo prefigura già senatore a vita e in quella veste di “collega” è già pronta a dirgli “tre parole” (meglio non immaginare quali), Luigi di Maio ne depreca le “scomposte ingerenze” mentre Manlio Di Stefano, pur grillino, ne invoca invece lo sguardo come ultima speme: “Tutte le opposizioni hanno abbandonato gli scranni… se il presidente in vacanza, non si accorge nemmeno di questo significa che davvero non ci sono più speranze”, dice sconsolato. Persino Diego Della Valle, imprenditore, sente la necessità di rivolgergli un appello: “Presidente, non facciamo cambiare la Costituzione dall’ultimo arrivato che sta seduto al bar con un gelato”. Insomma, se c’è stato un tempo (peraltro fugace) nel quale il capo dello Stato - dopo aver fatto da levatrice al governo Monti e al governo Letta - pareva rientrato sulla sponda più quieta del suo incarico, ebbene è chiaro anche solo dalla frequenza di critiche e appelli che anche quella fase è finita. Proprio in concomitanza con l’avvio della fase calda della riforma del Senato, guarda caso. Messa a punto, dopo qualche difficoltà, una strana sintonia con un premier così diverso da lui, il capo dello Stato segue infatti con attenzione, anche dalla montagna, i lavori parlamentari e le loro turbolenze. Come testimonia, indirettamente, la puntuta nota del Quirinale sulla mancata elezione dei membri laici del Csm, buona occasione anche per riaccendere il faro sul perenne rischio parlamentare dell’inconcludenza. Prima di partire, del resto, il capo dello Stato aveva lasciato i compiti per le vacanze, foggiati in forma di istituzionali auspici: il muro contro muro non conviene a nessuno, i frenatori (dissidenti Pd anzitutto) non esagerino, la maggioranza allarghi la base del confronto. Dunque riforma del Senato da portare avanti secondo la tempistica immaginata da Renzi, ma anche l’Italicum, una legge “destinata ad essere ridiscussa” e per concordarne “le modifiche”. Guarda caso, proprio l’iter che la politica pare seguire in queste ore, dopo aver scavallato l’apice delle turbolenze in Senato e in vista dell’incontro di martedì tra il premier e Berlusconi per mettere a punto gli “emendamenti” al patto del Nazareno su soglie di sbarramento e parziale introduzione delle preferenze. Insomma, per quanto Napolitano continui a considerare il suo incarico a termine, e per quanto si rechi in visita al suo prossimo studio a palazzo Giustiniani, e per quanto inviti a non fare previsioni sulla sua uscita dal Colle, la sua funzione di accompagnatore delle riforme non pare affatto esaurita. Non a caso, giorni fa, il socialista e suo amico Rino Formica formulava col Fatto quella che per certi versi è una specie di condanna. Questa: il capo dello Stato non potrà muoversi dal Colle prima di un anno. Più oltre che lo scadere del semestre europeo, c’è infatti da tenere la mano alle riforme fino in fondo, perché non si può lasciare che sia il vecchio sistema bicamerale a nominare il nuovo capo dello Stato. Bisognerà dunque attendere almeno maggio 2015, quando almeno nelle previsioni la riforma del Senato sarà sottoposta a referendum. A quel punto, giusto sullo scadere dei novant’anni, Napolitano potrebbe finalmente considerare politicamente esaurito quel tempo “non lungo” del suo bis. Susanna Turco,l’espresso
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