L’allarme del Wwf: "Basta cemento sulle nostre coste"
 











Una delle più grandi ricchezze dell’Italia è il mare. Oltre 8mila chilometri di coste che andrebbero tutelati, valorizzati e preservati dall’invadente intervento dell’uomo. E invece dal 1988 ad oggi ben 312 "macro attività umane" hanno sottratto suolo naturale lungo le nostre coste: villaggi, residence, centri commerciali, porti, autostrade, dighe e barriere hanno alterato il profilo e il paesaggio del nostro paese facendo perdere biodiversità e patrimonio naturale.
E’ questo quanto emerge dall’ultimo dossier del Wwf “Cemento coast-to coast: 25 anni di natura cancellata dalle più pregiate coste italiane”, uno studio che analizza l’evoluzione della situazione delle regioni costiere, mettendo a confronto i dati di oggi con quelli di 25 anni fa, con il supporto di immagini tratte da Google Earth. Il quadro d’insieme è una vera e propria "trasformazione metropolitana" delle coste italiane che, pur conservando angoli suggestivi e incontaminati, hanno
subito in questi anni una urbanizzazione molto intensa cancellando angoli di natura del Belpaese.
I dati parlano chiaro: ben il 10 % delle coste italiane sono artificiali e alterate dalla presenza di infrastrutture pesanti come porti, strutture edilizie, commerciali ed industriali che rispecchiano l’intensa urbanizzazione di questi territori in continuo aumento e dove si concentra il 30% della popolazione. Le più colpite Sicilia e Sardegna, con 95 e 91 casi rispettivamente di nuove aree costiere invase da cemento, ma a segnare un record negativo è la costa adriatica dove meno del 30% del waterfront è libero da urbanizzazioni. Il tutto documentato da una serie di foto che illustrano i casi più eclatanti regione per regione.
Persino le aree protette che l’Europa ci chiede di salvaguardare hanno subito interventi e rischiano di scomparire pezzo dopo pezzo. Un  quadro che conferma quanto denunciato quest’anno dallo stesso ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la
Ricerca Ambientale, che ha definito lo stato di conservazione complessivo degli habitat costieri di interesse comunitario “non soddisfacente” (cattivo o inadeguato) per l’86,7% a fronte di un dato medio di tutti gli habitat presenti in Italia del  67,6%
Ma di chi è la responsabilità? Sul banco degli imputati ci sono soprattutto, ma non solo, le aziende che operano nel settore turistico che, spesso con il beneplacito delle amministrazioni locali e dimenticando che una buona offerta turistica è quella che preserva le bellezze del territorio, si fanno complici di una cementificazione che, oltre al danno ambientale, contribuisce a svilire luoghi che tutto il mondo ci invidia. E l’intricata giungla normativa non aiuta a preservare le nostre coste: la gestione è "condivisa" a diversi livelli (Stato, Regioni, Enti locali), un disordine normativo che rende impossibile capire chi davvero abbia il compito di intervenire a tutela dell’ambiente costiero.
La ’ricetta’ del Wwf è semplice:
innanzitutto "garantire il rispetto delle normative e adottare politiche fiscali incentivanti sui comuni per la conservazione di ciò che resta ancora ‘libero’ da cemento lungo le coste" e poi una moratoria che blocchi nuove costruzioni e che l’associazione ambientalista chiede con forza a Governo, Regioni e Comuni. Infine il Wwf ritiene necessario estendere i vincoli paesaggistici di tutela dai 300 metri ai 1000 metri di battigia.
“Si pensa che lo scempio delle coste sia legato al passato, agli anni del boom delle seconde case e della grande speculazione edilizia o del raddoppio delle concessioni demaniali del 2000: purtroppo  non è così perché l’invasione del cemento non si è mai fermata", ha affermato Gaetano Benedetto, direttore politiche ambientali del Wwf Italia
"Solo una visione miope e scellerata può consentire questo scempio" afferma Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia, che aggiunge: "Gestione integrata, uso sostenibile e attento, rinaturalizzazione dovranno
essere le parole chiave del futuro, magari investendo in un lavoro di recupero e riqualificazione delle nostre coste, speculare a quello invocato da Renzo Piano per le aree periferiche delle grandi città. Se si riuscirà a fare tutto questo tra 10 anni la fotografia dallo spazio sarà meno inclemente e potremo dire di essere riusciti a salvare la nostra ‘Grande Bellezza’ che confina col mare”. Giovanni Cedrone,repubblica

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