I banchieri centrali arrivano spaccati a Jackson Hole. Yellen e Draghi protagonisti
 











Stato di salute della ripresa economica americana, che stupisce per intensità ma non lascia del tutto tranquilla la Federal Reserve: da parte della Banca centrale potrebbe arrivare un sostegno ancora prolungato con una politica monetaria espansiva per buona parte del 2015. E ancora, lo stallo dell’Eurozona che non riesce a uscire dalla palude della recessione. Ma il governatore della Bce, Mario Draghi, tirato per la giacchetta in continuazione affinché faccia di più per riportare il Vecchio Continente in linea di galleggiamento, ha un nuovo alleato: il dollaro che sta correndo - sulla scorta della ripresa Usa e dell’afflusso di capitali verso gli States - e dà una mano alle aziende esportatrici Ue. Sullo sfondo, i timori per la situazione in Ucraina e il braccio di ferro con la Russia, la grana Isis che ha toccato allo stomaco gli americani con la decapitazione di un loro reporter, il caos di Gaza ben lungi dall’essere risolto. E’ il menu della tre giorni di incontri di Jackson Hole, nel Wyoming, dove la Federal Reserve di Kansas City ospita come da tradizione i banchieri centrali Usa e le principali personalità del mondo finanziario internazionale alla ripresa dell’attività dopo la pausa estiva. "Ripensare le dinamiche del mercato del lavoro" è il tema dell’anno.
Ecco i temi.
Janet Yellen. Il momento topico della rassegna, che dura dal 21 al 23 agosto, è il discorso del numero uno della Federal Reserve sul mercato del lavoro (venerdì 22 agosto alle 10:00 ora di Nwe York). Secondo l’attesa di Bloomberg, che cita il capo economista per gli Usa di Barclays, Dean Maki, Yellen dovrebbe ribadire che ci sono ampi margini di miglioramento del mercato del lavoro. Si dovrebbe cioè proseguire sulla linea iniziata a luglio, quando la Fed ha cominciato a puntare il dito contro "il significativo sottoimpiego di forza lavoro" come giustificazione per continuare a mettere in atto politiche espansive nonostante il tasso di disoccupazione
sia calato più in fretta di quanto si aspettassero i funzionari governativi (è al 6,2%, mentre per il collega Mario Draghi è all’11,5%). Per Maki, Yellen continuerà a sottolineare che ci sono "molti lavoratori che sono occupati part time per ragioni economiche", come prova del fatto che la situazione è tutt’altro che risolta.
Lavoro e salari. Secondo Michelle Girard, a capo della ricerca economica Usa per la scozzese Rbs, "il discorso di Yellen non sarà di quelli ’market mover’, ma sarà più orientato al linguaggio accademico. Non credo che utilizzerà quel palco per indicare una svolta nel convincimento della Federal Reserve", aggiunge Girard. Secondo Ethan Harris di BofA, inoltre, potrebbe emergere il problema della crescita "tiepida" dei salari, se si vorrà fare un passo avanti sulla discussione. La media oraria delle retribuzioni è salita del 2% a luglio sull’anno scorso, in linea con l’incremento medio degli ultimi cinque anni, che resta ben sotto il +3,1% che si registrò nel
2007. "Crescono troppo lentamente e non ci sono segnali di rafforzamento; se si cerca un modo di difendere la politica della Fed", che si muove con estrema cautela nell’uscita dalla politica monetaria espansiva, eccola servita: "La scarsa crescita dei salari".
Mario Draghi. Considerando che il summit di quest’anno non è stato esteso a economisti e banchieri d’affari, il governatore della Bce sarà la seconda voce più ascoltata, nella serata di venerdì. Gli investitori staranno attenti alle sue parole per capire se la debolezza economica dell’Eurozona è peggiorata ancora e ci sono margini perché l’Eurotower agisca in stile Fed, con un vero Quantitative easing, dopo l’annuncio delle misure straordinarie dello scorso giugno. La sua azione, però, potrebbe comporsi con quella di Yellen: se il numero uno della Fed continuerà il suo strenuo sostegno all’economia, in nome del mercato del lavoro da sanare, avrà effetto sull’indebolimento dell’euro verso il dollaro, risultato che Draghi è
riuscito a centrare solo minimamente con le sue parole.
Falchi e colombe, banchieri centrali spaccati. Harris chiosa preconizzando "un clima da falchi" in quel di Jackson Hole. "E’ un’opportunità per i critici della Fed di esternare tutte le rimostranze, quindi l’audience è tendenzialmente disposta a un atteggiamento da ’falco’ durante il summit". Non a caso Esther George, il presidente della Fed di Kansas City che fa gli onori di cassa, ha votato contrariamente al board in sette occasioni durante i Fomc dello scorso anno (si tratta del comitato della Fed che decide la politica monetaria). A questa divisione interna agli Usa si unisce un ulteriore elemento di rottura. Storicamente, dall’inizio della crisi i banchieri centrali si sono riuniti a Jackson Hole nella convinzione unanime di dover fare qualcosa per combattere la recessione. Oggi si presentano in ordine sparso: gli Usa stanno terminando gli stimoli straordinari e ragionano su innalzare i tassi, nella Bank of England c’è chi
ha già ufficialmente posto il tema della fine della politica espansiva, come hanno mostrato i verbali dell’ultima riunione pubblicati giusto ieri. Ancora, Bce e Bank of Japan si rigirano in mano le armi a disposizione per verificare se è il caso di utilizzarle, visto che la ripresa è ancora debole.