|
|
Ucraina, Poroshenko decreta le elezioni anticipate. E incontra Putin al vertice di Minsk
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Il presidente Petro Poroshenko ha decretato lo scioglimento del parlamento (la Rada) e annunciato le elezioni anticipate, che si terranno il 26 ottobre, aggiungendo un altro tassello al caotico mosaico ucraino. E ha stretto oggi oggi la mano a Vladimir Putin a Minsk, dove è cominciato il vertice fra l’Unione doganale eurasiatica (che comprende Russia, Bielorussia e Kazakistan), Ucraina e Unione europea. Nella capitale bielorussa si è svolto dunque il secondo incontro tra il leader russo e quello ucraino. Il loro primo incontro ha avuto luogo più di due mesi fa, il 6 giugno, in Francia come parte delle celebrazioni del 70 ° anniversario dello sbarco in Normandia. Quanto alla situazione in Ucraina, Putin nel corso del vertice ha subito precisato: "La Russia ha sempre rispettato e rispetta la scelta fatta da altri Paesi ma non a danno e a spese degli interessi di altri Paesi". E ha messo in dubbio una futura collaborazione con Kiev, se l’intenzione dell’Ucraina resta quella di associarsi all’Ue. Per Putin la Russia dovrà rispondere adeguatamente all’attuazione dell’accordo di Kiev con l’Unione europea, che dovrebbe essere ratificato a settembre. Secondo lui, i paesi dell’Unione doganale saranno costretti a cancellare le preferenze alle importazioni dall’Ucraina, in piena conformità con l’accordo della zona di libero scambio Cis e le norme del Wto. E ha messo sull’avviso Kiev: "L’adeguamento agli standard dell’Ue costerà Ucraina miliardi di euro". Quanto alla crisi militare, per Putin "non può essere risolta da un’ulteriore escalation militare, senza considerare gli interessi del sud-est e il dialogo pacifico con i suoi rappresentanti". Le nuove elezioni in Ucraina. Ritornando sulla questione delle elezioni anticipate, tra il governo del premier Arseni Yatseniuk senza maggioranza e la Rada ancora bloccata sugli schemi dell’era di Victor Yanukovich, la decisione del capo dello stato era stata ampiamente prevista. Fin dal suo insediamento alla Bankova, Poroshenko ha sempre sostenuto che il parlamento avrebbe dovuto essere rinnovato al più presto. Lo ha ripetuto anche ieri nel suo messaggio agli ucraini, sottolineando come l’80% di loro era in attesa della decisione. Il capo di stato ha anche affermato che "le elezioni sono la migliore forma di lustrazione" e la "purificazione deve cominciare dal corpo legislativo", facendo riferimento all’alto numero di deputati legati ancora al vecchio regime presenti alla Rada. Indipendentemente però dalle resistenze dei vecchi blocchi di governo ora all’opposizione, in questi mesi la maggioranza di Yatseniuk ha fatto ben poco, incapace di realizzare le riforme promesse dopo la rivoluzione di febbraio, dalle modifiche costituzionali al decentramento, e impotente di fronte alle pressioni esterne e interne, tra la Russia, il Donbass e lo spettro ultranazionalista di Maidan. Poroshenko ha compiuto così il passo annunciato. Necessario, ma rischioso, visto che la guerra nel sudest pende come una spada di Damocle sul futuro, suo e del paese. Una de-escalation nelle prossime settimane, prima della tornata elettorale di fine ottobre, servirebbe a stabilizzare la situazione politica interna, andando a consolidare poi anche in Parlamento il potere del presidente, che beneficerebbe del consenso sull’onda della pacificazione nel donbass. Poroshenko per questo non può fare a meno però della collaborazione della Russia e di Vladimir Putin. I prossimi due mesi, con la campagna elettorale di fatto già cominciata, si presentano dunque decisivi per il futuro dell’Ucraina che si gioca su più fronti, dal Donbass a Kiev. Al di là di quello che succederà nel sudest del Paese, i giochi nella capitale sono in realtà ancora tutti da fare, a partire dal fatto che non si sa ancora con quale sistema si voterà, quello misto attuale o quello proporzionale al quale il parlamento sta ancora lavorando e che potrebbe essere approvato in extremis nei prossimi giorni. Non è dunque ancora chiaro se i partiti si potranno presentare in coalizione per poter sorpassare l’eventuale soglia di sbarramento e le alleanze tra poteri forti sono ancora in fase embrionale. Secondo i sondaggi realizzati all’inizio di luglio dall’istituto Rating nella nuova Rada il partito del presidente, Solidarietà, sarebbe in pole position per avere la maggioranza relativa, coagulando il 23% dei consensi. Secondo a distanza ragguardevole, con il 13%, c’è il Partito radicale di Oleg Liashko, nazionalista antirusso arrivato terzo alle presidenziali del 25 maggio, che si piazza davanti anche a Patria di Yulia Tymoshenko, all’11%. Più lontani Udar di Vitaly Klischko con il 7%, Svoboda di Oleg Tiahnybok, i Comunisti di Petro Symonenko, entrambi al 4%, il Partito delle Regioni orfano di Yanukovich, il Fronte del Cambiamento di Yatseniuk e Ucraina Forte di Sergei Tigipko al 3%. Solo l’1% voterebbe invece per gli Ultranazionalisti di Pravi Sektor (settore di destra). Ma le prossime settimane potrebbero mutare il quadro a seconda di come e se si concluderà il conflitto nel Donbass e soprattutto di come decideranno di posizionarsi i gruppi oligarchici dei soliti noti, da Igor Kolomoisky a Rinat Akhmetov. Accanto ai patti già consolidati tra Poroshenko e Klitschko, si potrebbe assistere alla creazione di nuovi blocchi e al rimescolamento di vecchie carte, con il rientro in grande stile o la definitiva caduta di stelle come lo stesso Yatseniuk, che potrebbe correre da solo o finire sul carro del presidente, dove cercano ora di salire in molti, o di Yulia T&ymoshenko, messa in ombra negli ultimi mesi, ma con un network sempre solido e attivo per giocare un ruolo non secondario nella nuova Rada e anche nel prossimo governo. |
|
|