La Bce cavalca la recessione
 











Il solito scenario al quale siamo abituati da tempo. Del resto, con un Mario Draghi al timone cosa ci si può aspettare? Il solito regalo della Banca centrale europea alle banche che lascia il tempo che trova. Il taglio dei tassi di interesse al minimo storico dello 0,05%. Uno 0,10% che in ogni caso non avrà alcuna conseguenza positiva sull’economia reale. Come quella italiana. Le banche insomma non chiederanno soldi a buon mercato alla Bce per fare prestiti alle imprese e alle famiglie ma li utilizzeranno, come al solito, per comprare titoli di Stato e garantirsi entrate finanziarie sicure e costanti. L’economia italiana rispetto a quelle degli altri Paesi membri dell’Unione, quelli di “peso” come Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna è messa molto peggio e non soltanto in conseguenza della stretta creditizia e di un debito pubblico record (al 135% del Prodotto interno lordo) che comporta impegni finanziari enormi sia come restituzione del capitale che come pagamento degli interessi. L’economia è in continuo tracollo e non ci sono segnali di una possibile inversione di tendenza. Imprese che chiudono, una disoccupazione di massa e una povertà diffusa che ora riguarda un italiano su cinque. E non può consolare il fatto che anche gli interessi al traino della Bce si siano ridotti e che il Tesoro incontrerà minori problemi a fare fronte ai propri impegni. La bancarotta è dietro l’angolo e la matematica non è una opinione. Non ci sono le condizioni per abbassare il debito pubblico. E questo per due motivi. La recessione implica infatti meno entrate fiscali e contributive. Quando ai tagli di spesa, la cosiddetta spending review, questi stanno incidendo, tanto per cambiare sulla spesa sociale e la spesa sanitaria, sulla cui entità pesano i milioni di immigrati più o meno clandestini che lo Stato si è preso a carico. Da parte loro, le varie lobby economiche, politiche e sindacali e quelle piazzate dentro i ministeri lottano strenuamente per non vedersi cancellate le proprie rendite di posizione. A sua volta, con raro senso del ridicolo, il direttore generale del Fondo monetario, Christine Lagarde, ha avuto la faccia tosta di affermare che nella Unione Europa non c’è austerità. Sì, ciao bella (si fa per dire). Chi gode, è la solita Germania, che in luglio ha registrato esportazioni per 100 miliardi di euro. Cifra che permetterà alla culona tedesca di continuare a fare la voce grossa e di dettare agli altri Paesi le regole del gioco.Giuliano Augusto