Clima, il mondo scende in piazza: "Noi cittadini stiamo già cambiando, l’Onu deve stare al passo"
 











A New York la People’s Climate March, la più grande marcia mai organizzata per la difesa del clima, ha visto riempirsi le strade di Manhattan vicino a Columbus Circle e Broadway. Nella Giornata mondiale di mobilitazione contro il cambiamento climatico si sono svolte oltre 3 mila manifestazioni in 166 Paesi per chiedere ai 125 capi di Stato e di governo che martedì si riuniranno all’Onu di prendere impegni precisi contro i gas serra. A Londra sono scese in piazza 40 mila persone: tra di loro l’attrice Emma Thompson e la star della musica Peter Gabriel. A Melbourne, in Australia, in 10 mila hanno chiesto al premier di cambiare rotta e di difendere l’atmosfera.
La manifestazione di New York ha richiamato oltre trecentomila persone da tutti gli Stati - un risultato inatteso anche per gli organizzatori che avevano previsto circa 100mila partecipanti - con il sostegno di oltre 1500 organizzazioni di base - la galassia dell’ambientalismo sociale che si
è riversata con i colori e i suoni di una festa gioiosa e consapevole, ma anche con qualche nota di rabbia verso l’immobilismo delle autorità, nelle strade di Manhattan. Dai nativi americani, alle scuole, ai sindacati, ai ricercatori scientifici, famiglie, studenti, orchestre e animali. Le personalità erano poche e selezionate, in prima fila il sindaco Bill De Blasio, applauditissimo al suo arrivo, che porta in piazza l’impegno della municipalità di New York a diventare portabandiera dello sviluppo urbano sostenile. Un ambizioso piano per ridurre le emissioni di gas serra da parte degli edifici di proprietà comunale dell’80% entro il 2050 rispetto ai livelli del 2005.
Un livello indicato proprio dalle Nazioni Unite come obiettivo per tutti i paesi ad alta industrializzazione. New York diventerà così la più grande città del mondo ad avere raggiunto i livelli di efficienza raccomandati. Al fianco del sindaco democratico, il segretario generale dell’Onu Ban ki-Moon che ha dichiarato:
"Cammino fianco a fianco con chi è dalla parte giusta in questo tema chiave per il nostro futuro comune". Al summit di martedì, ha detto Ban, i leader mondiali dovranno mostrare una "volontà politica sostanziale di raggiungere un accordo al vertice di Parigi sul clima il prossimo anno" e individuare "nuovi passi per la riduzione dei gas serra". Il suo testimonial per questa impresa, è Leonardo DiCaprio: "Una stella globale, connubio perfetto per questa sfida globale".
Ma nella piazza newyorchese è risuonato anche il malcontento per un susseguirsi di summit e impegni che non sembrano tenere il passo con la rapidità degli sconvolgimenti ambientali. "Siamo stanchi di aspettare che l’Onu risolva i nostri problemi - dice dal palco all’inizio del corte Marie Rose Taruc, attivista filippina di Oakland - Noi cominciamo a trovare soluzioni locali, come i pannelli solari nelle nostre scuole, il centro di risorse energetiche per tutta la comunità. E’ l’Onu che si deve mettere al passo con
noi". Le fa eco Bill Aristovolus, sovrintendente di un grande condominio di New York, che durante l’uragano Sandy ha avviato con la comunità locale un progetto per garantire efficienza energetica alle case colpite dal disastro: "Ora stiamo facendo training ai palazzi dei quartieri vicini, abbassiamo i consumi e i costi. I leader devono sapere che la gente comune, come noi, è parte della soluzione del problema non la sua causa". Kathy Jetnil-Kijiner, giovane mamma delle Isole Marshall, denuncia l’emergenza in cui vive la popolazione di un’area della terra che rischia di essere spazzata via dall’innalzamento dei livelli del mare dovuto all’effetto serra. Parlerà all’Onu martedì, ma oggi ha dedicato il suo racconto alle migliaia di madri che sono in piazza con i loro bambini.
La manifestazione si è snodata ordinatamente - solo qualche protesta all’arrivo di una serie di politici - e suddivisa in segmenti "tematici": in testa al corteo "la prima linea della crisi, l’avanguardia del
cambiamento", ovvero le popolazioni indigene e le altre comunità di frontiera; a seguire i "costruttori del futuro": sindacati, famiglie, studenti, anziani; "noi abbiamo la soluzione": attivisti delle energie rinnovabili, operatori dell’alimentazione e per l’acqua, organizzazioni ambientaliste; "sappiamo chi è responsabile": le organizzazioni anti-corporation, i pacifisti; "il dibattito è finito": azione per l’emergenza, scienziati, ricercatori, organizzazioni interreligiose; e infine, "per cambiare tutto abbiamo bisogno di tutti": le associazioni di quartiere, la comunità LGBT, comuni, Stati, delegazioni straniere. Perché in piazza a New York c’era un vero microcosmo del mondo che vuole prendere in mano la responsabilità del pianeta.
In Italia ci sono stati appuntamenti in 150 città. A Roma centinaia di persone hanno formato accanto al Colosseo un cuore verde - che è stato immortalato dall’alto, con un drone, in un grande selfie collettivo - per ricordare ai grandi della Terra che
"siamo sull’orlo della catastrofe ecologica". La marcia in bicicletta con comizio finale a via dei Fori Imperiali è stata organizzata da Avaaz, Legambiente, Kyoto Club e altre associazioni ambientaliste.
Nel gruppo dei ciclisti c’era anche il presidente della Camera Laura Boldrini: "Dall’estero studiosi come Rifkin ci chiedono come mai noi, che siamo il Paese del sole e del vento, non usiamo al meglio le energie naturali, e ci ricordano che né il sole né il vento ci mandano la bolletta. Ci può essere un’economia verde e un lavoro verde: non è vero che tutelare l’ambiente significhi sacrificare i temi economici e l’occupazione". Tra i manifestanti anche Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera: "Chiunque pensa che si risolva il tema dell’ambiente con l’’adda passa a nuttatà di De Filippo, si sbaglia. Dobbiamo mutare la rotta del progresso".
Oggi è "il giorno della globalizzazione della speranza", ha aggiunto Mariagrazia Midulla, responsabile clima del
Wwf, "E’ da ieri che in tutto il mondo si stanno moltiplicando manifestazioni di tutti i tipi per la difesa del clima. Ci aspettiamo che martedì a New York i governi della Terra divengano davvero ’Grandi’, tutti insieme, rinunciando agli egoismi e scegliendo l’interesse di tutti contro quello dei pochi".
Anche il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha partecipato alla marcia da New York: "Chiediamo al mondo di ridurre del 40% le emissioni entro il 2030. Se non agiamo subito mettiamo in discussione il pianeta, il futuro nostro e dei nostri figli. Durante questa crisi l’unico settore che ha aumentato fatturato e posti di lavoro è quello dell’economia verde".  Raffaelella Menichini,repubblica