Matteo Renzi fa l’Americano. Ma se il premier non c’è le riforme ’ballano’
 











La Silicon Valley e gli italici cervelli in fuga, l’Onu e il ricevimento con Obama, i Clinton e Leonardo di Caprio, la sede di Yahoo e quella di Twitter. Soprattutto, la vertiginosa sensazione d’essere passato allo scanner da chi governa il mondo o almeno l’Occidente: è capitato ad altri, non a tutti è andata bene, ma insomma a Matteo Renzi che vuol far l’ “ammericano”, immerso come è nel suo tour statunitense, vien facile di parlare di “futuro”.
“Qui si respira l’aria del futuro”, “la sfida è amare il futuro”, “dobbiamo essere innamorati del futuro”, vagheggia da San Francisco e da New York. Ma quando, dopo aver visitato anche la Fiat Chrysler a Detroit, si toglierà i Google glass, il premier dovrà tornare nel presente. Cioè in Italia. Dove in sua assenza, forse a conferma di una certa ipertrofia dell’ego e assenza di altre figure di spicco nel governo rimproverategli nel frattempo dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli
nell’editoriale del 24 settembre, più che le soluzioni s’è visto l’elenco dei problemi. Ecco, fra l’altro, quali troverà al suo ritorno.
Jobs Act e articolo 18
Al Senato i lavori proseguono e stati presentati circa settecento emendamenti alla riforma del Lavoro, ma la partita si gioca “tutta nel mio campo”, come ha detto Renzi al Council on Foreign Relations: ossia nella sinistra, ancor prima che nelle Camere.
Nella Cgil, dove Susanna Camusso continua a tuonare pur intercalando qualche tentativo di interlocuzione, in attesa di capire quali nuovi equilibri sindacali porterà l’uscita (polemica) di Bonanni dalla Cisl. Ma soprattutto nel Pd, compatto nel respingere gli abbocchi di Grillo ma in piena impasse al suo interno, in vista della Direzione fine-di-mondo prevista per lunedì.
Con le minoranze decise a ottenere modifiche radicali all’impianto della riforma, ma allo stesso tempo divise sul metodo, tra la linea dura di Fassina e D’Attorre a quella dialogante
di Speranza e Martina. Roba che Renzi insiste a volersi scrollare di dosso. “Sinistra radicale”, con lo sguardo rivolto al passato e convinta che "difendere una legge del 1970 sia l’unico modo per dimostrare di essere dei veri uomini e donne di sinistra”, l’ha bollata ieri il premier da New York, ribadendo che la riforma è “indifferibile”. "Siamo pronti a discutere, lunedì in Direzione dirò le mie idee e ci sarà il dibattito, ma poi si decide e si va avanti tutti insieme". E non c’è dubbio che lo farà, ma con quali contraccolpi sul Pd?
Pacchetto giustizia
Su questo fronte, nel volgere di poche ore, pare essersi scoperchiato il caos. Autoriciclaggio, depistaggio, responsabilità civile, critiche verticali da parte del presidente del Senato Grasso. Ad essere caotico non è soltanto ciò che sta accadendo dentro i confini della riforma annunciata dal governo: è soprattutto lo sguardo d’insieme, sui provvedimenti e sulle maggioranze variabili che li sostengono. Per
esempio, proprio mentre Maria Elena Boschi presenta al Senato il provvedimento che rende più cogente la responsabilità civile dei magistrati (che piace anche a Forza Italia nonostante lo consideri troppo blando), la Camera approva l’introduzione del reato di depistaggio , atteso da anni dai familiari delle vittime di stragi e sostenuto dal Pd ma guardato con orrore da tutto il centrodestra: al momento del voto, mentre il capogruppo azzurro Brunetta grida al “potere mostruoso” affidato alle procure, la maggioranza infatti si spacca e pure l’Ncd vota contro. E sono voti che al Senato diventano determinanti.
Ma il capolavoro è sull’autoriciclaggio, cioè il reato che punisce chi ripulisce e mette in circolo denaro incassato illecitamente: il Guardasigilli Orlando continua a spiegare che la sua introduzione è comunque “epocale”, ma intanto la norma è stata scorporata dal pacchetto di riforme del governo. Diventerà un emendamento al provvedimento sul rientro dei capitali che era a un
passo dal traguardo al Senato. Armonizzare i testi però non è semplice, per cui al momento è slittato tutto di una settimana: sia l’autoriciclaggio, che il rientro di capitali. Nel frattempo le bozze delle norme sull’autoriciclaggio che sono circolate hanno fatto venire i capelli dritti a soggetti come l’associazione Libera e a democratici come Rosy Bindi: perché, fra l’altro, alzano la soglia di applicabilità, escludendo reati punibili con pene fino a cinque anni, come truffa, appropriazione indebita, elusione fiscale; ed escludono dalla punibilità chi utilizza per sé il denaro sporco. Tanto che nelle procure c’è chi sbotta: “Così, è un reato inutile”.
L’Italicum
Magnifico il contrasto tra parole e fatti sulla riforma elettorale. Mentre dall’America Renzi ne faceva splendere i vantaggi (“ci sarà un vincitore certo”, eccetera), e quasi in sincrono il ministro Boschi ne ribadiva “l’urgenza”, perché “è un elemento di credibilità”, al Senato si è deciso di rinviarne
l’inserimento in calendario. In commissione Affari costituzionali è divampato infatti lo scontro sulla scelta del correlatore, primo atto necessario a cominciare l’esame del testo (uscito mesi fa dalla Camera): a fianco della Pd Doris Lo Moro, infatti, sarebbe dovuto stare il Fi Donato Bruno, che è però anche candidato alla Corte costituzionale (nonché in attesa di veder chiarita la propria posizione all’interno di un’inchiesta della procura di Isernia). Così, l’Ncd ha avanzato la candidatura di Quagliariello ed è cominciato il litigio. Insomma, non propriamente un buon inizio.
Ma non è solo una questione di persone. Lo scontro riguarda anche le modifiche all’Italicum. Il ministro Boschi ha detto che dovranno essere “marginali”, ma i punti su cui su non c’è accordo sono tutt’altro che secondari. Ci sono le preferenze, che l’Ncd vuole ma Fi no; la soglia di sbarramento per i partiti che si presentano soli (8 per cento) e quella fissata per le coalizioni (12 per cento), entrambe
troppo alte per i partiti piccoli. Infine, l’eventuale estensione dell’Italicum anche al Senato: oggi la nuova legge elettorale vale solo per la Camera, perché si è dato per scontato che alle prossime elezioni il Senato elettivo non ci sarà più, ma chi ipotizza il voto anticipato chiede di colmare la lacuna.
Il caso Corsera
A corollario di tutto ciò, Renzi dovrà dare una risposta meno elusiva di quel “faccio gli auguri al Corriere per la nuova grafica” sbocconcellata ieri sera, dopo l’editoriale lapidario in cui il direttore Ferruccio De Bortoli aveva messo in fila tutti i motivi per cui Renzi non lo “convince” – dall’eccesso di “annunci” e di “ego”, fino all’ombra della “massoneria” sul Patto del Nazareno. Una risposta costruita su fatti ed evidenze, oltreché su parole, si immagina.  Susanna Turco,l’espresso