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Def, Bankitalia: “Previsioni condivisibili, ma c’è rischio che economia vada peggio”
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Le previsioni macroeconomiche che il governo ha inserito nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def) sono “nel complesso condivisibili”, ma presentano “rischi al ribasso”. Perché “presuppongono un punto di svolta imminente nell’attività di investimento”, il cui verificarsi però “non appare scontato alla luce della persistente debolezza degli indicatori di fiducia delle imprese”. A mettere in luce la debolezza delle assunzioni su cui si basano le nuove stime del ministero dell’Economia guidato da Pier Carlo Padoan è la Banca d’Italia, per bocca del vicedirettore generale Luigi Federico Signorini sentito lunedì dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato. “Sono possibili sviluppi internazionali meno favorevoli e una maggiore persistenza della debolezza dei mercati immobiliare e del lavoro“, ha spiegato Signorini. ”Le previsioni di finanza pubblica sono in linea con le nostre analisi, dato il quadro macroeconomico”. Ma, appunto, “è da quest’ultimo che derivano per esse i principali rischi”. Anche il calo del pil dello 0,3% prefigurato per quest’anno nella Nota presentata l’1 ottobre, insomma, potrebbe rivelarsi troppo ottimistico. Nonostante proprio lunedì anche l’Istat abbia avvalorato quella previsione facendo sapere che il prodotto dovrebbe calare ancora dello 0,1% nel terzo trimestre per poi salire dello 0,1% nel quarto, portando dunque il dato dell’intero 2014 esattamente a -0,3%. Dal funzionario di via Nazionale è arrivato anche un avvertimento forse scontato ma molto attuale mentre il governo di Matteo Renzi tratta con Bruxelles per ottenere il via libera a una Legge di Stabilità finanziata per metà in deficit. “L’ammissibilità della deviazione del sentiero di avvicinamento al pareggio di bilancio strutturale”, che come è noto l’esecutivo ha deciso di rinviare al 2017, “non è scontata e rifletterà l’interpretazione delle regole da parte delle istituzioni coinvolte: il Parlamento, che terrà conto, in particolare, delle valutazioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio, la Commissione europea e il Consiglio dell’Ue”. In generale, comunque, Bankitalia apre al “rallentamento nel processo di riequilibrio”, che “può aiutare a evitare una spirale recessiva della domanda”. Con l’avvertenza che tutto questo si giustifica solo “se i margini di manovra che consente sono utilizzati efficacemente per rilanciare la crescita e innalzare il potenziale di sviluppo dell’economia nel medio-lungo termine”. Bacchettata, poi, sui ritardi nella concreta realizzazione delle riforme annunciate. Quelle della Pubblica amministrazione, del lavoro, della giustizia e in favore della competitività “innalzerebbero il prodotto di quasi 3,5 punti percentuali, cumulativamente, entro il 2020?. Ma “oltre due terzi dell’impatto sono riconducibili a misure in corso di approvazione, alcune delle quali non ancora delineate con sufficiente grado di dettaglio. Sugli effetti di tali azioni grava quindi al momento un’incertezza non trascurabile, che potrà essere significativamente ridotta solo nella misura in cui il disegno degli interventi verrà pienamente definito in tempi rapidi e attuato senza esitazioni e ritardi”. Di conseguenza “è essenziale che le leggi siano scritte riducendo al minimo la necessità di atti secondari, a livello centrale o locale, che sono spesso fonte di ritardi e incertezza”. Insomma: meno norme quadro da completare con decreti attuativi che poi tardano sempre ad arrivare. Per rafforzare la fiducia degli investitori” e “delle famiglie” è inoltre “necessario tendenzialmente ridurre la spesa pubblica e la tassazione, procedere alla realizzazione degli interventi strutturali” riducendo “gli sprechi” e “rendendo percepibile l’azione di riforma”. Le privatizzazioni costituiscono “un elemento di rilievo della strategia di consolidamento della finanza pubblica”: “è importante procedere con decisione e speditamente, facendo anche tesoro delle esperienze di altri Paesi affinchè il piano venga rispettato e se ne valuti una possibile accelerazione”. Le dismissioni programmate nel 2014 erano pari allo 0,7 del Pil e ora l’ammontare è ridotto allo 0,28%. ilfatto
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