Rifiuti: arrestato Andrea Grossi, figlio del “re delle bonifiche”. “Spariti soldi pubblici”
 











Una storia “sorprendente”, che ha portato all’arresto di Andrea Grossi, figlio di Giuseppe, il “re delle bonifiche” coinvolto nell’affare Montecity-Santa Giulia. Quella di un fiume di soldi nascosti dal gruppo Green Holding, colosso dello smaltimento rifiuti, in alcune società con sede in Lussemburgo. Circa 34 milioni di euro che sarebbero dovuti servire alla bonifica e al risanamento della discarica Borgo Montello, in provincia di Latina (la cui situazione ambientale è compromessa) di proprietà di una società del gruppo, la Indeco. E usati, invece, per compensare crediti vantati con società di diritto lussemburghesi e portare a termine operazioni finanziarie. Una vicenda accaduta, secondo il giudice, “nella sorprendente e inspiegabile inerzia degli organi amministrativi deputati al controllo, la Regione Lazio in primo luogo”.
La procura di Latina ha arrestato sei dirigenti del gruppo Green Holding e della società Indeco con l’accusa di peculato:
Andrea Grossi, consigliere di amministrazione del gruppo con sede a Segrate; Ernesto D’Aprano, Stefano Lazzari e Antonio Romei, presidente e consiglieri del Cda di Indeco; Vincenzo Cimini, consigliere di Green Holding e Paolo Titta, “amministratore di fatto” del gruppo Green Holding. Il giudice ha disposto per i manager gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico e il divieto assoluto di comunicazione con l’esterno.
L’indagine, condotta dalla polizia di Latina, è nata dall’esposto presentato nell’aprile del 2014 dai comitati locali contro la discarica e da una telecamera, piazzata dagli inquirenti all’ingresso dell’impianto Indeco di Borgo Montello, di fronte alla pesa dei camion. Dalle immagini raccolte, come spiega il gip Giuseppe Cairo, “si è aperto un mondo”. Sullo sfondo, le recenti vicende di “monnezza” laziale, e le pressioni del presidente di Indeco per far autorizzare alla Regione l’ampliamento degli invasi a Borgo Montello “che incredibilmente – si legge
nell’ordinanza – trova risposta affermativa da parte degli organi regionali”. Si tratta, tra l’altro di una delle discariche per cui il15 ottobre la Commissione Ue ha dichiarato l’Italia inadempiente per la gestione dei rifiuti laziali, interrati fino al 1 agosto 2012 senza un adeguato trattamento).
Le indagini si concentrano sulle fidejussioni della Indeco, che dovrebbero servire a garantire gli interventi di messa in sicurezza e bonifica del percolato: ma “i soldi sono spariti”. Soldi dei contribuenti, 13,9 euro a tonnellata di rifiuto che la società dovrebbe, per legge, fattuare distintamente e accantonare nei bilanci per quando la discarica sarà chiusa. Indeco, nel corso degli anni, finanzierà invece la capogruppo Green Holding, la Rea Dalmine e la Marzano per circa 34 milioni di euro, soldi che a loro volta verranno “girati” a tre società di diritto lussemburghese, Adami Sa, Double Green Sa e Green Luxemburg Sa.
“Verranno in sostanza compensati crediti – scrive il giudice –
vantati dalla Green Holding con i relativi debiti che fanno capo alle società estere”. Un gioco che avrebbe permesso ad Andrea Grossi, dopo la morte del padre Giuseppe, di riprendersi “tutto quello che gli apparteneva” estromettendo un vecchio socio: “Io so solo che mi sono comprato l’ultima parte del mio gruppo che mi mancava”, afferma intercettato Andrea Grossi.
L’ampliamento della discarica di Borgo Montello dunque “consentirebbe l’ennesima distrazione di somme (…) in spregio delle esigenze di tutela della salute collettiva”, permettendo di intascare nuovi contributi per la post-gestione. Il giudice ha disposto anche il sequestro delle quote della Indeco per evitare la distrazione di fondi “drenati dalle tasche dei cittadini con tariffe sempre più esose” che anziché servire alla tutela dell’ambiente finiscono nelle tasche dei privati. Per alimentare i capricci dei signori dei rifiuti: “Castelli da sistemare, vetture dal valore di 450mila euro, appartamenti”. Mentre continua
l’odore insopportabile della discarica per gli abitanti di Borgo Montello.
Vicenza, esposto M5s: “Discarica abusiva con rifiuti tossici sulle rive del Brenta”
Una discarica abusiva con rifiuti tossico-nocivi in riva al fiume Brenta. E’ quanto denunciato con un esposto da alcuni consiglieri del Movimento 5 stelle a Cartigliano, in provincia di Vicenza, con il sostegno di un gruppo di parlamentari (Girotto, Cappelletti, Benedetti, Da Villa, Cozzolino, Brugnerotto). L’atto è stato presentato all’Agenzia regionale per l’ambiente per chiedere spiegazioni su due aree che, dicono, sarebbero “fortemente inquinate”: “Una prima area appare come una vera e propria discarica abusiva di rifiuti tossico-nocivi di origine industriale, riferibili all’industria della concia. La seconda area, limitrofa alla discarica abusiva, presenta invece evidenti tracce di sedimi e residui di fanghi, contenenti metalli pericolosi”.
A raccontarlo è il consigliere comunale Loris Mazzetti:
“Ci hanno segnalato lo strano fenomeno alcuni abitanti: in mezzo alla vegetazione si formavano delle chiazze di colore azzurro e marrone. Abbiamo fatto fare delle analisi che hanno evidenziato la presenza di una serie di metalli pesanti”. I 5 stelle vicentini hanno poi chiesto all’Arpav di fare delle analisi più approfondite. Ora si è in attesa dei risultati ma tutti gli indizi puntano verso una conceria attiva in zona fino alla fine degli anni ’90. “La discarica di Cartigliano è a 2-300 metri dal Brenta ed in una zona delicatissima di ricarica delle falde acquifere”, racconta Zanetti, mentre il senatore M5S Enrico Cappelletti aggiunge: “La Terra dei Fuochi noi ce l’abbiamo in casa, non serve andare in Campania”.
Quello di Cartigliano, se confermato, non sarebbe un caso isolato. Nell’area a nord di Vicenza – secondo una recente denuncia di Legambiente – sono state scoperte ben 43 vecchie discariche, e 13 siti si sono rivelati talmente pericolosi da spingere i comuni interessati ad
aprire una serie di convenzioni per assicurare un costante monitoraggio per scongiurare eventuali disastri ambientali. La Regione Veneto, il Magistrato alle acque e la Guardia di finanza avevano promosso in passato una campagna di monitoraggio satellitare delle discariche prima nella provincia di Venezia e poi in tutta la campagna veneta. Purtroppo l’operazione, secondo la Procura, è risultata «inquinata» dalla cricca del Mose in quanto pilotata grazie al Consorzio Venezia Nuova verso una ditta risalente al dirigente Fabio Fior, poi arrestato. Il monitoraggio, sospeso nel 2010, aveva comunque evidenziato una situazione inquietante: dei 600 siti ritenuti a rischio furono 165 quelli indagati, 37 le indagini concluse e in 19 di questi siti è stata riscontrata la presenza di rifiuti potenzialmente inquinanti. Andrea Tornago-Gianni Belloni -ilfatto-16 ottobre 2014