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È un conflitto di interessi |
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di Matteo Bartocci
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Chi sottoscrive non riesce ancora a crederci: «E’ vero che il manifesto chiude?». Purtroppo è una possibilità reale. Ma come dimostra il successo dell’assemblea-festa-concerto di martedì scorso al Circolo degli artisti di Roma, prima della «morte per decreto» venderemo cara la pelle. Tra le centinaia di lettori, compagni e amici che hanno animato una giornata di solidarietà lunghissima, dal tramonto all’alba, anche Giovanna Mezzogiorno e i «nostri» Stefano Benni e Daniele Luttazzi. Tutti insieme per «far uscire» il manifesto e per chiedere al governo di cambiare il decreto Tremonti. Una norma peraltro che viola cinque articoli della Costituzione e perfino la blanda legge sul conflitto di interessi approvata proprio da Berlusconi. Nell’assemblea pubblica durata quasi quattro ore, il costituzionalista Gianni Ferrara lo spiega bene: «Berlusconi è capace di violare perfino le leggi che si è fatto da solo. Quando ha approvato il taglio dei fondi pubblici ai giornali no profit lo ha fatto a vantaggio di un gruppo privato che la sua famiglia controlla come Mondadori. Mi domando cosa aspetti a intervenire l’autorità Antitrust presieduta da Antonio Catricalà». Secondo la legge Frattini, infatti, in caso di conflitto di interessi, i membri del governo dovrebbero astenersi dal discutere o proporre una norma che «ha un’incidenza specifica e preferenziale sul patrimonio del titolare, del coniuge o dei parenti entro il secondo grado, ovvero delle imprese o società da essi controllate (...) con danno dell’interesse pubblico». Ora, com’è noto, il governo ha lasciato intatti i «contributi indiretti» a grandi gruppi come Mondadori tagliando pesantemente solo i «contributi diretti» ai quotidiani no profit. Una chiara violazione della legge di fronte alla quale l’Antitrust non può, secondo Ferrara, non intervenire subito e d’ufficio. Quella del «nostro» costituzionalista può sembrare una «visione di parte», rivendicata perfino con coerenza quando rifiutò - come racconta lui stesso per rompere il ghiaccio - la proposta fattagli da Sandro Pertini di diventare giudice costituzionale. «Ho rifiutato - ricorda Ferrara - perché sono un giurista di parte e non avrei potuto legiferare, per esempio sulla casa o le occupazioni in un’ottica universale». Un intellettuale davvero d’altri tempi, se si pensa all’oggi e a come giuristi anche di sinistra si «riposizionano» pur di approdare alla Consulta. Ma Ferrara anticipa anche una seconda accusa. Oltre a essere grave politicamente e culturalmente (come riassume bene dal palco Antonello Falomi di Sd) il decreto Tremonti violerebbe cinque articoli della Costituzione. Lo sostiene un parere firmato da un giurista autenticamente «liberale come il presidente dei costituzionalisti italiani Alessandro Pace. Secondo Pace il decreto è incostituzionale nel merito e nel metodo. Viola gli articoli 3 (uguaglianza dei cittadini), 21 (libertà della stampa dagli atti del governo), 41 (utilità sociale dell’iniziativa privata), 45 (tutela delle cooperative) e 81 (approvazione della legge di bilancio). La materia, prima o poi, sicuramente approderà alla Consulta. Potrebbe però essere troppo tardi. Per questo l’assemblea accoglie all’unanimità l’idea di una manifestazione nazionale contro i tagli all’editoria e per la libertà di informazione. Del resto i fronti di crisi sono ampi. Per Ermanno Anselmi - segretario del Sinagi, il sindacato dei giornalai - la concentrazione fortissima nella distribuzione mette a rischio proprio l’editoria di idee, mentre le agevolazioni postali minacciano le vendite in edicola grazie all’80% di sconto garantito dal governo ai grandi gruppi. E poi la sfida che affronta il manifesto riguarda almeno altre 30 testate. Come testimoniano gli interventi appassionati dei direttori del Corriere mercantile, la voce di Mantova e la cronaca di Cremona. A Roberto Natale - segretario della Fnsi, il sindacato dei giornalisti - il compito di riassumere un panorama critico per la democrazia - dai licenziamenti a La7 che ridimensionano forse definitivamente il «terzo polo» tv alla possibile scomparsa di Primorski Dnevnik, il giornale della minoranza slovena di Trieste. «Tremonti ha sfruttato l’effetto Grillo contro i giornali veri, indipendenti e a volte scomodi. Mentre dal 2010, grazie alla Gasparri, Berlusconi potrà avere un suo giornale anche comprando quelli che ci sono. E’ grave - ricorda Natale - che quasi tutti i quotidiani siano controllati o dalle banche o da gruppi industriali, specialmente edili e della sanità privata». Giovanni Russo Spena (Prc), conferma che la battaglia in difesa dell’informazione indipendente sarà al centro della manifestazione della sinistra di sabato. E a fianco del manifesto ovviamente sono accorsi tanti compagni di una vita: Gigi Sullo (anche Carta rischia e ha lanciato la sua campagna abbonamenti), Luciana Castellina, Enrico Pugliese e Massimo Serafini. Ognuno dalle sue postazioni invita il giornale a reinventarsi nella forma e nei contenuti non smarrendo mai lo spirito indomito delle origini. Bisogna avere il coraggio e la forza di ricominciare. Forse non è la fine ma un nuovo inizio.de Il Manifesto |
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