"No alla chiusura del Forlanini".
Spreco nelle Asl,Sedie a rotelle e montascale a casa: "Potete buttarli"
 











Non si arrestano le proteste contro la chiusura dell’ospedale Forlanini, che dopo diverse proroghe potrebbe arrestare le proprie attività il 31 di questo mese. "Questa è una vicenda emblematica della distanza tra politica, amministrazione e cittadini", spiega Giuseppina Granito, che risale al 2006-2007, quando il direttore sanitario Luigi Macchitella decise di spostare le attività sanitarie del Forlanini al San Camillo. "E i motivi - prosegue Giuseppina Granito, portavoce della protesta - erano e sono legati al deficit finanziario e alla logica del risparmio della Regione. Ma due corpi non possono stare in uno solo, specie se anche questo ha già dei problemi. Giusto per fare un esempio, al pronto soccorso la gente sta seduta per terra e nei reparti non ci sono letti".
Quel che i cittadini non giustificano proprio è il "togliere posti letto per creare posti per la casta". Ma l’intenzione non è quella di "fare del populismo, ma di ricordare alle
autorità che contano anche la volontà e i bisogni di un cittadino". Come infatti ricordano i portavoce dei comitati di quartiere, presenti alla fiaccolata di protesta tenutasi all’interno del gattile della struttura ospedaliera, "erano state raccolte 45 mila firme nel 2008". Firme "non solo per il nostro quartiere o per il Lazio - spiega Giovanna Romeo, portavoce del comitato di quartiere Portuense - Vignapia - ma per tutta l’Italia, dato che vengono qui da tutto il Paese".
Così nel 2008 "si era parlato di riconversione della struttura in servizi socio sanitari, sulla spinta di alcuni medici contrari alla chiusura del Forlanini - prosegue Giuseppina Granito - ma poi, per puro caso, abbiamo scoperto che la struttura non era più destinata a questo e la cosa sconvolgente è che nessuno lo sapeva". E mentre il 31 dicembre si avvicina, all’interno del gattile si discute dei motivi per cui il polo non andrebbe chiuso. "Non si riescono a trasferire tutti i reparti - prosegue ancora la
portavoce - quelli di chirurgia polmonare, come altri che sono ancora attivi, magari si potranno spostare, ma vogliamo parlare del reparto di medicina nucleare? Servono degli impianti particolari di smaltimento del costo di 20 milioni di euro". Costi che il San Camillo potrebbe difficilmente sostenere, "non abbiamo letti per i pazienti - spiega un’infermiera - e non sappiamo cosa fare per contrastare questa situazione".
Mentre però i reparti possono essere spostati, "altre strutture no", spiega Daniela, che da dieci anni gestisce il gattile. "Che fine farebbe - ancora Giuseppina Granito - il museo scientifico? In pochi lo sanno, ma abbiamo oltre 2000 reperti anatomici veri risalenti agli anni trenta, quando i parenti non ritiravano i corpi malati di tisi per paura del contagio. Pochi giorni fa un team di ricercatori ha scoperto la derivazione di una grave malattia infettiva dal dna di un feto. Potrebbe diventare il più bel polo museale scientifico". Ma si parla anche dei due teatri
"con quadri della scuola romana", da riconvertire eventualmente "in centri congressi o in foresterie per i ricercatori, ma anche per i parenti dei pazienti che sono costretti a pagare un albergo". E, ovviamente, si parla anche del gattile, una struttura nata nel 1996 e che ora conta oltre 342 ex randagi. "Ho una lettera dell’allora direttore generale Domenico Alessio - spiega Daniela - che mi ha chiesto di occuparmi dei gatti che infastidivano i pazienti ed entravano nei padiglioni. Ora alcuni sono della Regione, un centinaio sono invece del Comune, che mi dà quotidianamente 3,80 euro a gatto". E la battaglia non riguarda solo i gatti vaccinati, ma anche quelli malati di leucemia. "Questo è l’unico centro in cui si accolgono i gatti leucemici, per i gatti è una malattia contagiosa e chiudere questo posto sarebbe un rischio per gli altri gattili o per gli altri randagi, qualora questi gatti dovessero essere lasciati liberi di girare per la città".
Così l’idea generale è quella di
presentare una lettera per esporre tutte le problematiche ancora una volta e "fare un regalo di Natale alle autorità", spiegano ancora infermieri e addetti del Forlanini. "Il bene catastale della struttura è di 278 milioni - conclude la portavoce - ma il prezzo di mercato è molto più alto. Non vogliamo contestare la Regione, sarebbe una cosa positiva rientrare nel deficit, ma basta solo essere chiari, conoscere le realtà e capire le necessità dei cittadini. E ora la necessità
dei residenti di questa città è che il servizio sanitario sia migliore, con posti letto garantiti per tutti e un’assistenza di qualità". La proposta è quindi quella di creare subito un tavolo di lavoro per mettere a punto un piano di fattibilità che tenga conto sia delle decisioni delle istituzioni, che dei bisogni dei cittadini. "Con la speranza - spiega infine Corrado Stillo - di non essere espropriati del diritto alla salute".Valentina Lupia,repubblica
Sedie a rotelle e montascale a casa: "Potete
buttarli", spreco nelle Asl
Una sedia a rotelle con più funzioni, un montascale a cingoli con relativa carrozzina, un’altra sedia a rotelle per muoversi in casa, due materassi antidecubito con relativo compressore, un misuratore dell’ossigeno nel sangue, scatoloni di sondini, filtri e tanto altro: "Dalla morte di mio marito, ai primi di novembre", denuncia Laura Fallica, "non faccio che chiamare la Asl RmA per chiedere di riconsegnare il materiale affidatoci, costoso e richiesto in coro da altri assistiti". Racconta Fallica: "Dopo telefonate ed email al direttore generale, Camillo Riccioni, a quello sanitario, Barbara Giudice Andrea, all’amministrativo, Alessandro Moretti, al responsabile del primo distretto sanitario, Guido Stornelli, e ad altri dirigenti ho capito che non c’è interesse a riavere questi preziosi presìdi".
Così ha voluto vederci meglio. "Alcuni dipendenti della Asl mi hanno confidato: "Come lei, signora, sono centinaia le persone che vorrebbero
restituire i dispositivi sanitari ma, anche se la Asl non riesce a soddisfare tutte le richieste, quel materiale resta nelle case dei familiari del paziente che non ne ha più bisogno, quando non viene addirittura buttato". Accade a Roma centro, in tempi di spending review e Piano di rientro dal deficit sanitario. "Mi sono offerta di riconsegnare io quel materiale", ancora Fallica, "ma la risposta di una dirigente e un’impiegata dell’ufficio Protesi di via Carducci, è stata netta: "Non riporti niente, non sapremmo dove sistemare quel materiale e poi non ritiriamo mai i materassi ad aria; li può anche buttare"". "Ma come", si chiede, "allora in ospedale a ogni paziente che arriva si cambia materasso?". "Il grosso di quei dispositivi è stato utilizzato poco, il resto è ancora in cellophane", spiega. Ma pure per questo materiale alla Asl scuotono la testa: "Anche in cellophane, se non è chiuso in una scatola, può anche buttarlo".
"Si segnalano negligenze di questo tipo nelle Asl RmA e
RmB", dice il coordinatore della Cabina di regia della Sanità regionale, Alessio D’Amato. "Questi comportamenti alimentano sprechi consistenti", continua, "perciò stiamo disponendo una gara per il recupero, la disinfezione e il riuso dei materiali sanitari affidati a domicilio: stimiamo che con un’attenzione maggiore da parte delle Asl si potrebbero risparmiare almeno 15 milioni all’anno". Carlo Picozza,repubblica