Via libera alla legge di stabilità. Cosa c’è nella manovra: dalla tassazione sul tfr agli 80 euro
 











Alla fine è arrivato, l’ultimo voto sulla legge di stabilità. Senza bisogno della questione di fiducia e senza che il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan dovesse neanche vigilare, la Camera ha dato l’ultimo via libera alla manovra del governo, che aveva cominciato il suo iter parlamentare il 15 ottobre. Un testo blindato, modificato solo da un maxiemendamento governativo, scritto senza aprire a troppi compromessi. Il sì è arrivato anche in anticipo sui tempi e sulle più cupe previsioni di chi, come il ministro Maria Elena Boschi, si era detta pronta a proseguire il dibattito con il panettone sullo stomaco.
Non hanno ottenuto molti effetti, né alcuna miglioria, le proteste del Movimento 5 stelle, protagonista indiscusso della lunga giornata di lunedì, con una prolungata bagarre, e tre divervi blitz sui banchi del governo. I 5 stelle hanno protestato contro alcune norme sul gioco d’azzardo (una sanatoria per i «soggetti che offrono scommesse
con vincite in denaro senza essere collegati al totalizzatore nazionale»), soprattutto, e sull’aumento dell’Iva sul pelllet (che passa dal 10 per cento al 22), ma hanno ottenuto solo una quindicina di espulsioni dall’aula, con la relativa ribalta mediatica.
«Si sono conquistati un po’ di vacanze anticipate» hanno maliziato i deputati della maggioranza, che non hanno ovviamente perso l’occasione per girare il coltello nella piaga delle ultime tre fuoriuscite dal Movimento: lunedì infatti, nonostante la lotta dura dei 5 stelle, altri tre parlamentari hanno detto di non farcela più, di «aver forse frainteso cosa fosse il Movimento», come dice il senatore Giuseppe Vacciano, deluso, come Ivana Simenoni e il deputato Cristian Iannuzzi, perché «in questi mesi più di una volta mi è sembrato che alcuni dei nostri principi fossero messi in secondo piano o accantonati per un “bene superiore”».
Oltre agli effetti della spending review, un altro punto critico della manovra evidenziato dai
Cinque Stelle, ma anche da Forza Italia, da Sel, e pure da alcuni democratici come Cesare Damiano, è la modifica al regime forfettario per le partite Iva, con l’aumento della tassazione di favore finora destinata agli under 35, passata dal 5 per cento al 15.
«Non possiamo non inserire nei prossimi mesi un provvedimento ad hoc per i giovani professionisti che non hanno avuto vantaggi dalla legge di stabilità» ha dovuto rimediare Matteo Renzi, questa mattina: «un intervento correttivo è sacrosanto» ha detto il premier, «e mi assumo la responsabilità di farlo nei prossimi mesi».
Durante il dibattito in aula ha tenuto banco anche la questione delle tasse per le città alluvionate: se Beppe Grillo è andato a Genova per incontrare il prefetto e chiedere la sospensione dei pagamenti, anche Giovanni Toti di Forza Italia twitta di «un brutto spettacolo».
Riguarda tutti, invece, la questione delle clausole di salvaguardia. La manovra, infatti, balla sul bilico degli spazi di deficit, pur
avendo il premier dichiarato di voler restare abbondantemente sotto il vincolo del 3 per cento, tanto caro a Bruxelles. Le opposizioni hanno però ricordato che la manovra, come da tradizione, basa molto su una previsione ottimistica dell’effetto dei tagli sull’economia, sulla capacità di realizzare effettivamente una revisione della spesa (molti dubbi ci sono sulla formulazione della norma sulle società partecipate) e sul successo delle operazioni di recupero dell’evasione, e che se dovessero scattare sarebbero pesantissime le due clausole di salvaguardia: l’aumento al 25,5 per cento dell’Iva, gradualmente fino ad arrivare al 2018, e l’aumento delle accise sulla benzina per 1,7 miliardi. «Le clausole di salvaguardia ci sono, sì», ha però detto il sottosegretario Enrico Zanetti ai microfoni di Radio24, «e dobbiamo evitare che scattino, così come abbiamo evitato che scattassero le clausole previste dalla manovra di Letta». È semmai un invito alla stabilità, per Zanetti, più che un rischio per il cittadini: «Anche per questo non si deve parlare di sciocchezze come le elezioni anticipate».
Se è poi aumentata la tassazione del Tfr, di cui si potrà sì chiedere l’anticipo in busta paga pagando però l’aliquota marginale e non l’agevolata, è scesa l’Iva sugli ebook, che sarà al 4 per cento come richiesto dagli editori. I piatti forti della manovra sono però i cavalli di battaglia del governo: la conferma degli 80 euro in busta paga, il bonus bebé, l’ecobunus, lo stop al rincaro della Tasi e il rinvio ad altro provvedimento della Localtax, e ovviamente lo sconto sull’Irap per le imprese. Nulla poi se ne è fatto dell’idea di inserire il canone Rai in bolletta, e nulla se ne è però fatto anche del taglio del 15 per cento del credito d’imposta sul gasolio per gli autotrasportatori. Ancora una volta gli sherpa hanno lavorato bene, e la misura è stata rinviata al 2019.
Tornando alle contestate norme sul gioco d’azzardo, le sale scommesse a cui si offre il percorso di
regolarizzazione dovrebbero essere 7 mila, cioè poco meno di quante sono quelle regolari. Anche per il Superenalotto, da tempo in crisi, è prevista «l’adozione di ogni misura utile di sostegno della offerta di gioco». Sostegno al gioco, insomma, ma anche all’erario, si spera, sempre pensando alle clausole di salvaguardia.Luca Sappino,l’espresso