MENO SOLDI, QUALITA’ DELLE MENSE A RISCHIO
 







di Cristina Latessa




Le gare d’appalto per la ristorazione collettiva che guardano solo al prezzo minimo e poco alla qualità rendono concreto il rischio di far mangiare schifezze ai clienti delle mense, a cominciare da bambini e malati. In questi termini di prezzi all’osso per i gestori mense, si paventa inoltre il rischio chiusura per le aziende corrette e l’irrompere invece della concorrenza sleale che utilizza lavoro in nero e non si preoccupa di quello che finisce sui patti. L’allarme giunge da Angem e Ancst, ovvero l’associazione nazionale gestori mense aderente a Fipe e l’Associazione nazionale delle cooperative di servizi aderente a Legacoop. Secondo i calcoli del centro Studi Fipe, corrisponde a 4,60 euro il prezzo medio di un pasto fornito da un servizio mensa, ciò vuol dire che mangiare a mensa un pasto completo costa meno all’italiano di un pasto consumato in casa, per non parlare di quelli al bar e ristorante. Fipe stima che per un semplice spuntino al bar formato da un panino, una bottiglietta di acqua minerale e un caffé ci vogliono 4,34 euro. Con queste premesse - osservano Angem e Ancst - non è difficile capire quanto stia diventando difficile fornire ogni giorno un servizio di ristorazione fondato sulla qualità e sicurezza.
Tutto ciò a fronte di una realtà che vede ogni giorno oltre cinque milioni di persone consumare un pasto nei 20mila punti di servizio gestiti dalle aziende di ristorazione collettiva. Per oltre un milione di alunni delle materne e 860mila delle elementari - sottolineano Angem e Ancst - spesso il pasto in mensa è quello principale della giornata. Ma proprio nelle mense scolastiche, dove la corretta alimentazione dovrebbe essere messa al primo posto anche per il dilagare dell’obesità infantile - aggiungono le due associazioni - il prezzo del pasto è il più basso. I guai, secondo le due associazioni, nascono tutti da un sistema di appalti che è "a dir poco immorale, sia perché il prezzo ha quasi sempre un peso
decisivo sia perché mancano i reali requisiti di qualità e sicurezza". Le aziende di ristorazione collettiva lamentano anche i rincari a due cifre registrati dai prodotti alimentari. Secondo i calcoli Angem e Ancst nell’ultimo anno tali aumenti sono costati alle aziende di ristorazione collettiva in media il 6% in più.
Ma i gestori delle mense puntano il dito anche sulla mancata applicazione dell’articolo 115 del codice dei contratti pubblici che prevede proprio l’adeguamento dei prezzi al carovita. "Se a questo - osserva Franco Tumino, presidente Ancst - si aggiunge il ritardato pagamento, la situazione diventa insostenibile". In assenza di interventi concreti per sostenere le aziende serie - paventano Angem e Ancst - il settore sarà sempre più preda della concorrenza sleale. "Già adesso - osserva Ilario Perotto, presidente Angem - stimiamo che ci siano quasi 30mila lavoratori in nero rispetto ai 70mila regolari. In termini di pasti somministrati corrisponde a circa un miliardo
l’anno. Possiamo essere certi su come siano stati composti questi piatti?".De Ansa