Lang Lang, ovvero riflessioni su un artista dei nostri giorni
 











Felice equilibrio di caratteristiche culturali, intellettive, psicologiche e più, l’artista orna il mondo di bellezza, inducendo, con la forza delle emozioni, al compiacimento… ed a pensare. Persona certamente fuori dal gruppo dei più, ha quindi a disposizione, nei confronti proprio di quel gruppo, due possibilità, seguirlo o guidarlo. Seguirlo significa dargli ciò che vuole; guidarlo significa offrirgli, in piena coscienza, ciò che si ritiene per esso sia meglio. Certo la prima possibilità paga più facilmente, in breve termine, con più alte possibilità di grandi fasti di cronaca; l’altra può rasentare il martirio, ma sovente è premiata maggiormente dalla storia. In sostanza è solo una questione etica, una misura della propria dignità.
Il giovane musicista cinese Lang Lang si sta costruendo una popolarità mondiale vieppiù crescente, ultimamente corroborata, nel nostro paese, da applaudite esibizioni romane, anche televisivamente trasmesse.
Pianista dalle elevatissime capacità tecniche, musicali e professionali, padroneggia il proprio repertorio con estrema precisione esecutiva, anche in contesti di massima responsabilità.
Ma è personaggio maggiormente della cronaca musicale, o della storia dell’arte?
Limpida incarnazione dei valori della sua epoca, immagine, popolarità, successo, spensierato divertimento (d’altronde ogni artista, volente o nolente, è anche frutto dei suoi tempi), Lang Lang gode di ampia diffusione mediatica che gestisce con compiacimento e padronanza. Lo vediamo scherzare dopo una esibizione donando al pubblico l’esecuzione di una celebre composizione musicale su un piccolo, moderno apparecchio elettronico, ed altre amenità. La sua gestualità al pianoforte, vistosissima, forse al principio onesta maniera di esorcizzare la tensione o evocare a se stesso l’ispirazione espressiva, assume ogni giorno di più l’aspetto di platealità circense perdendo tollerabile spontaneità per assumere carattere di
fastidioso artificio.
Purtroppo un artista è anche, e soprattutto, espansione di umanità attraverso un opportuno tecnicismo.
La tecnica del maestro cinese è indiscutibile, ma l’umanità che vien fuori attraverso la sua pur evidente musicalità, inclina a prediligere sempre più la spettacolarità al sentimento nobile e profondo, i suoi concerti divenendo sempre più grandiosa festa piuttosto che incantesimo memorabile, finissimo ed estasiante. Si “veda”, e sia ascolti, all’uopo, la sua esecuzione della “Marcia alla turca” di Mozart in un concerto alla Royal Albert Hall londinese, con tanto di grande schermo in sala ad esaltare le moine dell’esecutore, e come viene salutata dal, notoriamente compassato, pubblico inglese. Il nobile ruolo di sacerdote delle muse si abbassa a quello di imbonitore di masse, la cultura cede il posto al vacuo passatempo, quella cultura che, senza spessore etico, si voglia riflettere, è null’altro che preparazione, cosicché forse il messaggio più forte e
profondo che l’esotico pianista riesce complessivamente a dare oggi alla storia è il triste spettacolo di un potenziale sommo interprete stritolato dai valori della sua epoca.
Sulle note illustrative di una incisione di musiche del pianista tedesco Wilhelm Backhaus, l’autore, Michele Selvini, cita un monito di Schiller agli artisti: «La dignità dell’umanità fu data a Voi. Conservatela».
Ma l’artista è pur sempre servitore del suo pubblico (l’unica sua facoltà rimanendo quella di potersi scegliere il proprio pubblico), e, circa Lang Lang, se il suo pubblico questo vuole…
Rosario Ruggiero