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Né Renzi né l’Europa né la Germania conoscono se stessi |
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Matteo Renzi è contento: malgrado l’assenza aventiniana d’una opposizione molto variegata, gli articoli della riforma costituzionale del Senato sono stati approvati a notte fonda tra venerdì e sabato, e soprattutto il Pd è rimasto compatto anche se il dissenso della sua ala sinistra è tuttora esistente. Lo sarà ancora di più quando tra alcune settimane sarà discussa in aula la quarta lettura della legge elettorale. Ma dovrà fare i conti con un dissenso che, soprattutto sulla riscrittura della Carta, è diffuso tra i partiti e molto motivato: l’abolizione del Senato comporta un indebolimento del potere Legislativo e un rafforzamento dell’Esecutivo che può indurre a imboccare la strada d’un governo autoritario. Personalmente lo dico e lo scrivo da molto tempo; adesso lo dice anche Berlusconi che fino a ieri quella legge l’aveva approvata ma lui, lo sappiamo, cambia parere secondo le sue convenienze. Ho ascoltato venerdì scorso, nella trasmissione televisiva guidata dalla Gruber, due colleghi politicamente esperti, Paolo Mieli e Giampaolo Pansa, che sostenevano entrambi questa tesi: Bettino Craxi e il suo partito socialista sostennero 35 anni fa quella che chiamavano "Grande Riforma" che assegnava appunto al Capo del governo tutti i poteri, come esistono da tempo in Germania con il Cancellierato e in Gran Bretagna con la supremazia del Premier. Ma la "Grande Riforma" craxiana non fece un solo passo avanti e non fu mai ripresa dai governi che gli succedettero, condizionati e taluni addirittura sconvolti da Tangentopoli. Adesso è finalmente arrivato Renzi che lotta efficacemente per il cambiamento, anche e soprattutto per quanto riguarda il potere Esecutivo. Il cambiamento può essere positivo o negativo e a questo aspetto della questione bisogna dare molta attenzione. Questo rimpianto craxiano mi sembra significativo ed è un (pessimo) precedente per Renzi. Stupisce che il suo partito lo segua compattamente. La dissidenza di partito è motivata dal fatto che i parlamentari eletti dal popolo hanno ottenuto il consenso sulla base del programma del partito cui appartengono e quindi è loro compito di essere fedeli ad esso. L’argomento è sostenibile ma il paragone è improprio, visto che i parlamentari del Pd che siedono in Parlamento hanno sostenuto nelle ultime elezioni il programma di Bersani e non quello di Renzi che ancora era nell’ombra. E poi: la Costituzione prescrive con apposito articolo che "ogni membro del Parlamento rappresenta la nazione senza vincolo di mandato ". La Lega e il Movimento di Grillo vorrebbero abolirlo e sancire che il parlamentare in dissenso col proprio partito deve comunque votare come prescritto dagli organi deliberanti oppure dimettersi dal Parlamento. Tutte le persone ragionevoli hanno giudicato la posizione dei leghisti e dei grillini come un incitamento alla dittatura nei partiti e quindi nel Paese, ma la riforma del Senato è un passo su quella strada. E chi ne dissente nel Pd dovrebbe votarla per disciplina? Sul Corriere della Sera di ieri Antonio Polito nel fondo di prima pagina ha scritto commentando il voto notturno sulla legge elettorale in una seduta che Repubblica ha definito un "rodeo": "Questo Parlamento è il più disossato nella storia della Repubblica, in cui alcuni partiti hanno come obiettivo quello di spaccare gli altri mentre i partiti che vorrebbero unire sono spaccati " è un’immagine efficace ma non completa. Nella realtà tutti i partiti non sanno chi sono e procedono perché c’è un boss che li comanda. Da solo. Sicché la definizione più aderente la riservo ad una poesia di François Villon di cui riporto i pochi versi che ci riguardano: "So riconoscere il monaco dall’abito / So distinguere il servo dal padrone / So riconoscere il vino dalla botte / So distinguere un cavallo dal mulo / So vedere chi sta bene e chi sta male / So tutto ma non so chi sono io". Chi è a questo punto il Partito democratico? Sa tutto ma non sa chi è lui e non lo sappiamo neppure noi che lo osserviamo, così come non sappiamo chi sono i grillini e chi i berlusconiani. * * * Ma Renzi lui sa chi è lui? Bisognerebbe interrogarlo e magari vivergli accanto per sapere chi è veramente ed anche chi crede di essere. A vedere le cose da lontano è difficile farne un coerente ritratto. Berlusconi ha detto più volte che Renzi era il suo "figlio buono", di fatto il suo clone in bella copia, senza il difetto del bunga bunga (ma questo Berlusconi non l’ha ricordato). C’è una parte di vero in questa adozione berlusconiana ma non coglie completamente il suo modo d’essere e il suo carattere. È certamente un carattere forte, dove narciso gioca la sua partita. Un narciso un po’ provinciale che rasenta il bullo di quartiere. Però coraggioso, però intelligente, però volitivo. L’elezione di Mattarella fu un capolavoro e gli va riconosciuto. Ma proprio nella seduta di ieri notte Renzi ha detto ricattando i destinatari delle sue parole, sia esterni sia interni al Pd: "Se questa legge non sarà approvata andremo a nuove elezioni" dimenticando che lo scioglimento delle Camere non spetta a lui ma al Capo dello Stato. E qui si vede il narciso di provincia e il bullo di quartiere. Ora Mattarella, su loro richiesta, riceverà i gruppi parlamentari dei partiti. Cercherà di pacificarli e far sì che le leggi di riforma elettorale e costituzionale siano approvate col più largo consenso o almeno senza le risse da rodeo. Poi darà il suo parere sul merito solo quando le leggi approvate andranno alla sua firma per la loro promulgazione. Il Presidente ha appena lasciato dopo cinque anni la sua carica di giudice costituzionale ed ha quindi tutte le conoscenze per sapere se le leggi sono conformi oppure no. È un arbitro che sa vedere i falli e fischiarne la punizione. Speriamo vivamente che così si comporti, anzi ne siamo certi. * * * Il terribile guaio di questi tempi oscuri è che neppure l’Europa sa chi è lei e neppure la Germania lo sa. Sa vedere la mosca nel latte, come diceva Villon, ma non sa chi è. L’Europa dovrebbe mirare dritta ad essere uno Stato federale e la Germania dovrebbe spingerla in quella direzione sapendo che sarebbe lei ad esserne la guida più autorevole. Ma i governanti europei non cederanno la loro sovranità e la Germania preferisce arbitrare che scendere in campo da giocatrice. Ci fu un tempo in cui sperava e voleva arbitrare tra Ovest ed Est, ma ora che Putin rimpiange l’Unione Sovietica e il suo impero, la "Ostpolitik" tedesca è diventata impossibile tanto più con la moneta unica. Europa e Germania non sanno chi sono perciò brancolano mentre l’emergenza incalza. Vi ricordate i tempi di Eltsin che imperava a Mosca in perenne stato di ubriachezza molesta? Putin beve poco, nuota come Mao, è sobrio e atletico. Lui sa chi è. Anche al-Sisi, il presidente egiziano, sa chi è. Anche Erdogan. Anche il Califfo. Anche l’Arabia Saudita, la Cina, il Brasile, sanno chi sono. In India c’è molta incertezza. Ma chi non l’ha mai saputo è purtroppo la Libia, che Gheddafi teneva sotto il tallone. Adesso la Libia non esiste più. C’è una fazione che occupa la provincia di Tobruch, gli islamisti dominano a Bengasi e a Tripoli, il Califfato a Derna e a Sirte. Questa è la situazione sulla costa africana che ci fronteggia. Il nostro ministro degli Esteri ha visto giusto: a questo punto ci vuole un intervento militare autorizzato dall’Onu che intervenga a Tripoli e in tutto il territorio per ragioni addirittura di ordine pubblico. Ma sarà data quell’autorizzazione? Da un Consiglio di sicurezza in cui siedono tra gli altri la Russia e la Cina? E l’Europa non potrebbe gestire la sua politica estera in quella direzione? Nella guerra contro Gheddafi la Germania si rifiutò di intervenire neanche attraverso la Nato. Immagino che Renzi la pensi come il suo ministro degli Esteri e intervenga anche lui sulla stessa linea. Queste sono le belle battaglie che narciso dovrebbe combattere perché gli darebbero molta più soddisfazione delle miserie d’un Parlamento a se stesso sconosciuto.Eugenio Scalfaro,repubblica |
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