Tammorre in festa
 







Rosario Ruggiero




Dopo le prime tappe di aprile e maggio scorso, presso Caserta, a Villa Di Briano, Parete, Succivo, Maddaloni e Cellole, il 6 giugno prossimo sarà a San Nicola la Strada ed il 13 e 14 giugno seguenti a Carinaro una manifestazione interamente dedicata alla “tammorra”, antico strumento a percussione, molto vicino alla cultura contadina, costituito sostanzialmente da un basso cilindro di legno, in genere ricavato da un setaccio per la farina, intorno al quale vengono fissate, a coppie, dischetti di latta ottenuti da barattoli usati, e sopra, ben tesa, una pelle di ovino. Ma non solo quei luoghi sono sensibili alla malia sonora di questo oggetto molto usato nel meridionale d’Italia, sorta di tamburello ma dalle dimensioni maggiori, che si aggirano intorno ai cinquanta centimetri di diametro, ed altre occasioni, vicine e lontane nel tempo, non sono mancate né mancheranno, come, presso Napoli, negli imminenti 24, 25 e 26 giugno, a Somma Vesuviana, e, nel
prossimo mese di settembre, a Sant’Anastasia.
Impugnata con una mano sul telaio, mentre l’altra viene usata per percuoterne in vari modi la pelle, la “tammorra” sembrerebbe, a tutta prima, strumento di ben limitate possibilità espressive, rivelandosi invece, se sapientemente adoperata da un virtuoso, di grandi suggestioni ed insospettabili risorse timbriche con le quali accompagna specifiche danze, le “tammurriate”, e canti atavici che documentano momenti di vita semplice.
E sono canti, ritmi e danze, quelli legati alla “tammorra”, da interessare anche paesi geograficamente e culturalmente più lontani, come Finlandia e Svezia, o istituzioni come le università, specialmente quando divulgati da esperti come Romeo Barbaro, esecutore alla “tammorra” di così lunga pratica da offrire collaborazioni anche ad orchestre, cori e gruppi jazzistici, musicista che nel’ambito della tradizione strettamente partenopea (ma il discorso riteniamo sia facilmente estensibile ad ambiti anche più
ampi), analizza il fascino di certe espressioni più umili e popolari distinguendo: «Mentre la musica popolare è energia della terra in un rapporto animistico con la fede, l’animale e la collettività, nella canzone classica trovo la solarità sentimentale di un romanticismo intimistico che porta all’espressione più profonda di emozioni, talvolta gioiose, talvolta malinconiche, che comunicano ciò che ogni persona può “sentire” in un amore che può innalzarti estaticamente o distruggerti con la delusione».