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Antiche scuole, moderne istituzioni |
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Rosario Ruggiero
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Ricettacolo di errori e di gloriosi momenti, la storia offre, confrontata con il presente, utilissime informazioni e suggerimenti per il miglioramento dei nostri giorni, in ogni ambito, non certo ultimo anche quello dell’arte dei suoni. Così, sfogliando le sue pagine, si può apprendere che, nel XVI secolo, Napoli diede al mondo i primi conservatori di musica. Ben quattro ne sorsero nella città del Vesuvio, dove venivano ricoverati trovatelli ed altri fanciulli indigenti, per imparare un mestiere, tra cui, uno possibile, quello, appunto, del musicista. L’istituzione si manteneva con elemosine e con i proventi di questo lavoro giovanile. Gli aspiranti musicisti prendevano parte, in un’epoca in cui, tra l’altro, non esisteva l’odierna tecnologia di registrazione e divulgazione musicale, a funzioni religiose e festeggiamenti nobiliari creando o eseguendo musica con generosa alacrità, per la gloria ed il compiacimento di committenti ed ospiti. Insomma, le occasioni di esercizio della propria attività certo non mancavano, né l’attenzione per gli esiti conseguiti. Sarà in questa temperie che verrà fuori una delle più gloriose civiltà musicali di tutti i tempi, imprescindibile patrimonio per la storia della musica. Non da meno, notoriamente, nell’altrettanto glorioso periodo del Rinascimento fiorentino, pittori e scultori venivano formati nelle botteghe di apprezzati maestri collaborando anche alla creazione dei capolavori di questi ultimi. Difficilmente si potrà non convenire che ben altra è la realtà artistica vissuta oggi in Italia. Se allora il passato, in un modo o in un altro, può e deve insegnarci a vivere meglio invitandoci con i suoi esempi a stornare errori, inadeguatezze, trasformazioni fallimentari e quanto più, perché continuare a tenere in vita accademie e conservatori dove agli studenti non viene offerta (quando addirittura proibita) alcuna significativa opportunità di un adeguato, indispensabile apprendistato sul campo? Quegli stessi conservatori, ad esempio, al di là del misero saggio di fine anno o poco più, potrebbero invece offrire alle loro città ricche, continue stagioni concertistiche, lavori di musicologia legati alla scoperta di rarità, composizioni nuove create all’uopo, una vetrina della valentia degli insegnanti (anche in qualità di interpreti o compositori) e degli allievi, possibilità per il pubblico di fruizione ed educazione ai concerti di basso costo, di stimolanti confronti, di divulgazione artistica, di nascita e diffusione di interesse e passione, finanche un possibile generatore di turismo e di opportunità lavorative, nonché di gloria, insomma tutto un meraviglioso fermento. Anche la contemporaneità può insegnare, e se c’è oggi in Italia un ambito profondamente meritocratico, forse è quello calcistico, dove il pubblico è competente e non gli si possono contrabbandare ronzini per purosangue. Con una concreta educazione musicale che, come per il calcio, parta dal basso, dalla formazione del pubblico e dalla più ampia possibilità di pratica per il giovane, con grandi possibilità di confronti, collaborazione ed apprendimento, non potrebbe che migliorare anche la meritocrazia ai vertici. Nel frattempo viene quasi da pensare che forse è proprio questo che non si vuole, mentre partite calcistiche dilagano sempre più coprendo l’intera settimana attraverso i più svariati mezzi di comunicazione, monopolizzando gli interessi collettivi, accentrando i poteri economici, confinando vieppiù il pubblico tra le pareti domestiche, passivo ed acquiescente, avvizzendo il pensiero, annichilendo ogni più sana ambizione personale ed estinguendo, tristemente, sempre più, cinematografi, teatri, mostre d’arte, sale da concerto, cenacoli ed ogni altro ritrovo culturale. |
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