Concorsi musicali favolosi
 







Rosario Ruggiero




Sin dalle sue origini, la letteratura ha permesso all’uomo strabilianti espansioni fantastiche, e favole, miti, personaggi originalissimi, situazioni meravigliose, hanno preso corpo dalla fertile penna degli autori, proiettandosi, attraverso le parole poi lette, nella nostra mente, ed eccitandola. Un tempo furono “Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori”, poi società, utopistiche e solari, quando non fattorie animali. Anche l’arte dei suoni non ne fu esclusa. E fu il mito di Orfeo e l’incantevole canto delle sirene omeriche.
Solo a ripensarli, la fantasia si anima, la tentazione si fa forte, ed altri scenari fantastici si generano nella mente.
Si potrebbe allora inventare, e raccontare, di un ipotetico, visionario mondo della musica, con particolari meccanismi  che accontenterebbero tutti, tranne solo, forse, i più perspicaci, i meno ingenui, i più integri moralmente o i più profondamente idealisti. Ma, in quell’ipotetico scenario, costoro farebbero parte di una categoria sempre più esigua, ai limiti dell’estinzione, a tutti gli effetti trascurabile.
Ci si potrebbe figurare quindi, originariamente, in questo mondo irreale, una modalità di elezione degli aspiranti nuovi artisti che si potrebbe chiamare “concorso”, dove i candidati, esaminati da una commissione di incontestabili esperti, verrebbero classificati in base alle proprie virtù tecniche ed espressive. Ai primi, premi ed inizio di carriera assicurati. Concorsi internazionali, pochissimi, da potersi contare sulla punta delle dita, qualificatissimi. Poi, via via nel tempo, però, particolarmente in un paese puramente immaginario, si andrebbe degenerando.
I concorsi comincerebbero a proliferare.
Si dividerebbero per categorie.
Nascerebbero concorsi anche solo nazionali (ma questa qualifica poi praticamente scomparirebbe perché è certo più prestigioso poter raccontare di aver partecipato, o addirittura vinto, ad un  concorso internazionale che, tra l’altro, in quanto tale, potrebbe raccogliere ben più iscritti).
Ovviamente ci sarebbe una quota da pagare per accedere all’agone. E allora, perché tutti poi, dopo aver speso, restassero soddisfatti, si largheggerebbe nella distribuzione di riconoscimenti. Un premio al primo, uno al secondo, uno al terzo classificato, ai vari ex aequo, alla migliore interpretazione di un certo brano, alla migliore interpretazione di un altro, per chi non ha raggiunto ancora i dieci anni di età, per chi non ne ha raggiunti ancora quindici…
Decine e decine di partecipanti, decine e decine di premi assegnati.
E lo stesso si farebbe con corsi di perfezionamento, specialmente estivi, della durata di pochi giorni, generosamente sorti per affinare le doti e la formazione dei novelli campioni dell’arte musicale.
I genitori, ossia i finanziatori principali dell’iniziativa, sarebbero contentissimi di veder tornare il proprio rampollo trionfante dalla competizione, o saperlo impegnato in
“vacanze intelligenti”, a perfezionarsi con incliti maestri.
Gli incliti maestri, ed i prestigiosi giurati di tanto autorevoli concorsi, sarebbero contentissimi della retribuzione, del soggiorno spesato per la loro sapienza diligentemente applicata e per la loro fama evidentemente accresciuta.
I giovani concorrenti sarebbero contentissimi dell’immancabile premio ricevuto, che sia una targa (frequentemente),danaro (difficilmente), possibilità di carriera concertistica (praticamente mai) o semplice pergamena (sempre), ed i corsisti sarebbero non meno contenti di fare una vacanza lontano dai genitori (tra l’altro felicemente consenzienti) insieme ad altri coetanei, con tutto ciò che questo comporterebbe.
Le località ospitanti sarebbero contentissime di promuoversi turisticamente.
Gli organizzatori sarebbero contentissimi dei guadagni e di essersi inventati un’attività redditizia. Potrebbero addirittura congegnare concorsi per intere orchestre formate da alunni di scuole ad indirizzo musicale, ogni studente con la sua quota da pagare in cambio almeno di una pergamena di riconoscimento.
Per non parlare della gioia delle scuole allo giungere di tanto prestigiose approvazioni!
Ma come giustificare primi e secondi premi a tutti?
Semplice! Si potrebbero sommare, per ogni concorrente, le individuali votazioni dei giurati, ed, “ogniqualvolta” il punteggio complessivo superasse un certo valore, sarebbe decretato un primo o un secondo premio da assegnare. Così non sarebbe più necessario neanche la permanenza alla intera gara di tutti i partecipanti ma, come efficientissima catena di montaggio industriale, terminata la prova verrebbe assegnato praticamente subito l’opportuno premio licenziando il vincitore.
Per non dire della  spendibilità dell’attestazione ai fini dell’inserimento futuro nel mondo del lavoro, ciliegina finale della contentezza e soddisfazione generale!
Chi riceverebbe danno da tutto ciò? Forse la musica più nobilmente intesa, ma che importa? Forse la meritocrazia più onestamente concepita, ma cosa sarà mai? Sicuramente chiunque rifiutasse un tale simpatico commercio, perdendosi così anche titoli spendibili per lavori musicali alternativi.
Sarebbe un po’ come se le istituzioni pubbliche preposte, potendo, e dovendo, offrire opportunità concertistiche per un pubblico, purtroppo, in grano parte incolto, le accordassero sostanzialmente alle persone irriducibilmente presenti ad impetrare, senza neanche inviare poi opportuni osservatori a giudicarli all’opera, sì che chi restasse a casa a prepararsi bene, finirebbe col non avere opportunità di esprimersi, e chi avesse l’opportunità di esprimersi finirebbe col mancare necessariamente dell’opportuna preparazione per farlo al meglio.
Comunque tutto ciò che fa?
Le vittime sarebbero certo, almeno apparentemente, una minoranza esigua che non fa assolutamente testo.
Ma, ahimè, questa bizzarra visione assolutamente fantastica pare proprio che generi solo
immagini patetiche, avvilenti e sgradevolissime.
Meglio allontanarle dalla mente.
Meglio vivere felicemente nel mondo reale, che è sicuramente tutt’altra cosa.