M.NICHETTI, UNA ELEGANTE COMICITÀ
 







di A.NAPOLITANO




Anche solo a sbirciare i  cinepanettoni di Natale infarciti di goliardia e banalità o a fare zapping tra i format "comici" della TV torna in mente quel che scriveva Flaiano a proposito del declino della commedia all’italiana: "Son cose che fanno sospettare che il nostro sia un paese veramente triste."
Indubbiamente, lo sconforto è talvolta mitigato da alcuni attori-registi (Benigni, Verdone) che, però, guarda caso, sono raramente invitati ad agire sul piccolo schermo.
E vivono altri validi autori da tempo emarginati quali Francesco Nuti o  Maurizio Nichetti.
Quest’ultimo, nato a Milano nel1948, ha mostrato per quasi un trentennio di tener alto il variopinto vessillo dell’arte comica con la sua elegante vis nel solco dei Keaton o dei Lloyd nell’età d’oro del muto e del primo sonoro.
Con la sua buffa maschera dai grossi occhiali e dai baffoni rettilinei, grazie anche al naturale "physique du rôle" (quel che manca agli
Volere volare
"spiritosi" fusti della TV),Nichetti si impone alla fine  dei ’70 con operine del tutto originali e assolutamente divertenti.
Dopo sporadiche collaborazioni con B.Bozzetto e dopo il simpatico mediometraggio "Magic Show", l’affermazione gli arriva a Venezia ’79 con "Ratataplan"  che ha come eroe un tecnico dalle precarie occupazioni.
La storia è screziata di agrodolci allusioni alla demeritocrazia che, in seguito al ’68, si va consolidando  nel Bel Paese dei "fratelli" correi e dei compagni-compari.
Il film è definito da L.Miccichè "...uno degli esordi più interessanti... data l’enorme vivacità inventiva dell’autore."
E Nichetti  risulta ben coadiuvato da Angela Finocchiaro attrice in grado di passare in un istante dal "mesto lagnoso" all’"allegro con fuoco".
L’exploit si ripete nel 1980 con "Ho fatto splash" colmo di esilaranti gag e gustose scenette (ad esempio la babelica recita shakespeariana). Si conferma così la natura estrosa di "elfo umano"
dell’attore, personaggio dalla illuminata inettitudine, spesso premiata da un bizzarro destino.
Due anni dopo, è la volta di "Domani si balla", una sorta di fantascienza impastata di scanzonato brio.
Si tratta di un’epidemia di buon umore  che spinge i "contagiati" a cantare e ballare  senza posa. Adeguata alle frenetiche sequenze è l’ironica musica di E.Bennato che ne marca il ritmo da metronomo impazzito.
Meno riuscito appare, nel 1985, "Il BI e il BA" che pur si giova dei versatili Frassica e Gullotta in buona forma.
Non giova al contesto la contaminazione con lo stile "Arbore-show" dalle innumeri distorsioni fonetiche e lessicali.
E, in ultima analisi, la satira pare rivoltarsi proprio contro i semplicioni plagiati dalla tirannia massmediale che impone loro il suo scompigliato idioma e il suo schiocchezzaio.
Una bella impennata si avrà nel 1989, con "Ladri di saponette" dall’esoterico umorismo che cancella i confini tra il mondo fisico e quello
iconico.
Infatti, trasborda da un spot TV un invadente tipetto che provoca conseguenze caotiche a iosa.
Il film ottiene diversi premi (anche al Festival di Mosca del 1990) e assai apprezzate risultano quelle gag che suonano in graffiante contrappunto al bla bla sociologico e al conseguente giustificazionismo del brutto, dello sporco e del cattivo.
Nel 1995, "Volere, volare" è la storia per metà autobiografica di un doppiatore di cartoni animati che cade in trance amorosa per una assistente "socioerotica" (Angela Finocchiaro).
Ben manovrati qui sono gli snodi di tipo surreale, come la visione di quei nudi automi dall’estrema, meccanica frigidità.
È uno sperimentalismo che, però, non oscura le molte finezze di spirito che si intersecano nello sviluppo dei fatti. Purtroppo il film sarà tiepidamente recepito dalla audience sempre più assuefatta ai prodotti più stereotipati e involgariti che zavorrano il cinema.
Nel 1993, in "Stefano Quantestorie", ci presenta una
divertente sindrome di scissione indentitaria in un carabiniere quarantenne di volta in volta insegnante, sassofonista, travet e perfino rapinatore.
È forse influenzato dallo Zelig di Allen  ma risulta  vivacizzato alla nostrana dal contributo degli appuntiti caratteristi R.Scarpa e M.Vukotic che ben si destreggiano in una deliziosa giostra di effetti speciali.
Due anni dopo, Nichetti realizzerà "Palla di neve", nomignolo di un beluga che evade dalla prigione in cui è tenuto da un sadico boss in un’isola dell’Egeo.
Riesce a scampare al truce destino di involontario veicolo di terrore  con il fortuito intervento di un maldestro animatore di crociere, Billy Bolla (M.N.).
È, in verità, un intreccio anche troppo complicato quasi che il regista (M.N.) non arrivi a fissare paletti al suo immaginario. Resta, comunque, la finezza del repertorio pantomimico, alieno da marionettismo e da corrive scombinatezze. Un tocco di sottile erotismo è la presenza di qualche
bella statuina di carne (la Bellucci e la Falchi in versione inedita).
Una ripresa d’alta qualità si noterà invece ne "Luna e l’altra", (1996) allegra vicenda pertinente ad una dissociazione un po’ sui generis (una Schlemil femmina). È il caso di una seriosa maestrina che perde la sua ombra, la quale al contrario della titolare, ha chiare tendenze ad un edonismo a tutto campo.
In questo doppio ruolo Iaia Forte è  a suo pieno agio.
Di questa storiella a tinte ilaro-schizoidi un saggista d’oltralpe (J.L.Passek) scriverà che "stavolta si tratta di una veramente bella commedia"("Cinéma" 2002).
E, il film otterrà "La Grolla d’oro"  al premio St.Vincent con lodi molteplici ed entusiaste.
Eppure, passerà del tempo prima che al regista si offrano  opportunità di lavoro, mentre come attore farà per la TV un satirico "Dr.Clown" e poi, sotto la direzione di S.Citti, "Sogni e bisogni", e, per il cinema quel "Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno" di Mario Monicelli
anch’esso mal recepito dalle platee italiote.
Dopo il 2000, verrà realizzato "Honolulu Baby" (titolo omaggio ai grandi Stanlio e Ollio).
Il film tratta dei casi di un marito jellato che troverà il modo di rifugiarsi in un’isola dove dimorano solo donne assai ospitali.
Una presa in giro della nostra società "globalizzata" dagli effimeri miti e dalle false consolazioni.
L’insuccesso commerciale è quasi completo dato l’imbarbarimento del gusto della massa televisionaria.
Sembra un precoce ed ingiusto tramonto di un talento nell’atmosfera viziata dei "cult" e "stracult" che infettano la "decima Musa".
Infuria "la prevalenza del cretino"  profetizzato più di vent’anni fa da Fruttero e Lucentini.
Infatti, basta dare un’occhiata agli odierni "neocomici" che si ridono addosso o considerare lo tsunami di vampiri e vampiresse d’ogni sesso e fattezze.
Dato che, come ha risposto recentemente Nichetti  ad un macroscopico questionario affisso in Milano
"oggigiorno, cercare da noi la cultura è come cercare un ago in un pagliaio”.