TAVERNIER UN ECLETTICO DI GRAN CLASSE.
 







di Antonio NAPOLITANO




Una domenica in campagna

Come altri suoi colleghi (Rohmer, Chabrol, Truffaut ) anche Bertrand  Tavernier (Lione,1941) ha fatto precoci esperienze di critico sia per "Positif" sia per "Les Cahiers du Cinéma".
Nel 1964 avrà inizio il suo cursus di regista con un breve episodio nel film "L’amore e la chance" con gli ottimi M.Auclair e B.Blier.
Dopo una lunga parentesi di lavoro da sceneggiatore tornerà dietro la macchina da presa per dirigere "L’orologiaio di St.Paul" (1974) da un romanzo di Simenon.
La  psicologia dell’anziano padre che scopre un assassino nel proprio figlio è cesellato con finissimo bulino (anche  grazie alla performance di Ph.Noiret)  e la città di Lione viene descritta nei suoi più significativi particolari.
Si delinea già chiaramente la capacità di non perdere mai l’aggancio col tema trattato anche curando personalmente il montaggio. La conferma si avrà l’anno seguente con "Che la festa cominci..." (1975)  dove
B.Tavernier
sono regolate al metronomo  le svariate sequenze, il che rende agevole la lettura del testo, pieno di brio  e di finezze.
Concorrono a ciò anche gli attori del calibro di J.Rochefort, M.Vlady e di nuovo  Noiret che reggono i diversi piani della vicenda  svolgentesi ai tempi della Reggenza di Luigi XV, in Francia.
Alla fine dello stesso anno Tavernier girerà con la solita acribia  una complicata storia: "Il giudice e l’assassino". Pian piano le confessioni vengono "estorte" al feroce sadico con souplesse da parte dell’inquirente ma non gli sarà risparmiata una dura pena (si è oltralpe non nel Bel Paese).
Con una decisa svolta, "La morte in diretta" (1980) illustrerà un tema futuribile: una donna malata di tumore viene videoregistrata ad ogni istante  della vita che le resta.
Il mestiere resta saldo ma il salto stilistico suscita qualche perplessità pur se la pellicola si avvale di protagonisti quali Romy Schneider e Max Von Sydow.
L’opera
risente, forse, dell’influenza del cinema USA cui -del resto- Tavernier ha dedicato parecchi suoi scritti.
Nel 1982 si avrà "Colpo di spugna", un "polar" a base di gesti parаnoici da parte di un flic. Sinceramente, i "César" attribuitigli paiono  di natura chauvinista cioè  non troppo motivati.
Una virata felice sarà rappresentata nel 1984 da  "Una domenica in campagna" in cui il regista va "à la recherche du Temps perdu" sulle orme dello splendido Jean Renoir di "Une partie de campagne" (1936).
L’azione si svolge in una sola domenica agli inizi del ’900 e sarà trascorsa da una famigliola di Parigi presso il padre, discreto pittore, prossimo alla fine
Il delicato cromatismo, la preziosa figuratività impressionista fanno del film una pièce squisita, in cui si avverte quel "je ne sais quoi et presque rien" che V.Jankelevitch ha analizzato nella sua Estetica con tanta acutezza.
E il Palmarès di Cannes  verrà a sanzionare il gran merito
dell’opera che “riabilita l’emozione al Cinema” nel suo pacato elogio della tranquillità quale valore fondante dell’esistenza.
In tal modo il regista francese va vincendo "la scommessa di trovare un rapporto non volgare con il grande pubblico" (G.Fofi, stavolta assai meno drastico del solito).
Dopo un intermezzo documentaristico (in collaborazione con R.Parish) (Mississipi blues") si avrà "Round Midnight" (1986) storia di un jazzista di colore che a Parigi incontra un amichevole collega che tenterà di distoglierlo dall’uso di alcol e droghe.
Tavernier segue con equilibrata comprensione il tramonto del musicista nonostante la preoccupata devozione dell’amico Francis.
Nell’87 ci sarà un flash-back storico con "Quarto comandamento" forse ispirato alla "Beatrice Cenci" di A.Dumas anche se retrodatato di due secoli.
E ancora una volta la versatilità stilistica del regista non risulta a scapito della qualità.
Con un altro salto nel tempo, Tavernier  realizzerà poi
"La vita e nient’altro" (1989) che narra di una vedova della Prima Guerra mondiale in cerca di notizie del marito disperso. Ella finisce per innamorarsi dell’ufficiale (Ph.Noiret) preposto a tali incombenze e nonostante la mestizia  dell’atmosfera e il grigiore dell’ambiente non mancano sprazzi di ironia ben centrata contro l’assurditа dei conflitti.
In seguito, Tavernier metterà insieme due vere star, Dirk Bogarde e Jane Birkin in "Daddy Nostalgie".
È  una sorta di Kammerspiel sui pochi giorni che una figlia trascorre vicino al vecchio genitore che ha subìto un serio intervento chirurgico.
Emerge una tenerezza cechoviana nei sussurrati dialoghi tra i due, pieni di rammarico ma che servono a dare il senso di quanto preziosi  siano i momenti che precedono la conclusione dell’esistenza .
Nel 1992,  dopo "La guerre sans nom" sui fatti d’Algeri, si ha  il film "Legge 627", in cui un agente della Sûreté si confronta con tossicomani e piccoli
criminali.
È  da rilevare  il piglio disinvolto e da reporter tutto cose e fatti che pur non esclude un giudizio sul deterioramento del costume giovanile, al di là d’ogni buonismo e perdonismo.
Così, tre anni dopo "L’esca" rappresenterà due giovani borghesi che si trasformano in rapinatori speculando sulle grazie di una loro giovanissima complice. Ma una delle macchinazioni finisce male, con la morte violenta della vittima.
Bene incise dall’interno sono le annotazioni sull’annebbiamente  di quelle immature coscienze, prede del consumismo più torbido.
E, a giusta ragione, il film  otterrà "L’Orso d’oro" a "Berlino 1995".
Prove ulteriori del suo brillante eclettismo saranno, poi, due cose affatto minori: "La figlia di D’Artagnan" (1994) e "Il capitano Conan" (1996), piaciute solo in patria.
Poi nel ’97, Tavernier torna sul versante documentaristico con "L’altro lato della periferia" e all’indagine morale con "Laissez-moi passer" (2002) che
intende mettere a fuoco  certe ambiguità nei rapporti di alcuni cineasti con l’occupante nazista tra il ’40 e il ’44.
Infine, nel 2004 si ha "La piccola Lola" che verte  sulle difficoltà dell’adozione, stante l’ottusa burocrazia presente in ogni paese.
Anche dove non c’è abbondanza di estro, resta il suo periodare limpido e senza digressioni che ha dato vita a diversi personaggi non facili da dimenticare.
Insomma, Tavernier se pur non  "génial" nè "campione di incassi" appare un nome destinato a durare, che non è cosa da poco con i tempi che corrono .