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La rischi e il sistema capitalistico |
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di Gemma Contin
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Insieme con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ieri a Milano, ad ascoltare la relazione sullo stato dei mercati finanziari tenuta dal presidente della Consob Lamberto Cardia, c’era il "gotha" della politica locale e nazionale, della grande economia, del mondo bancario, dell’alta finanza; e c’era anche qualche magistrato come Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano, il procuratore generale Manlio Minale e due pm come Francesco Greco, noto per la sua esperienza in tema di accertamenti finanziari dai tempi di Tangentopoli, ed Eugenio Fusco che, per chi non se lo ricordasse, ha svolto gran parte delle indagini sui conti segreti e sui giri e raggiri esteri degli oltre 14 miliardi ingoiati nel crack Parmalat, che migliaia di risparmiatori truffati investirono nei bond inesigibili della società di Calisto Tanzi. Gran parte del discorso di Cardia, infatti - partendo dalle vicende della crisi finanziaria che ha travolto tante famiglie, imprese come Chrysler e General Motors, banche d’affari come Lehman Brother’s, bene o male tamponate ma non del tutto chiarite - è ritornato sui rischi che il sistema capitalistico mondiale ha corso nell’ultimo anno, sostenendo che «le prospettive restano oggi caratterizzate da profonda incertezza», «i soggetti più deboli, sia nel mondo delle imprese che tra gli investitori, sono esposti a rischi maggiori», «solo le imprese più grandi riescono a reperire sul mercato» capitale proprio e a collocare prestiti obbligazionari, continuando a ottenere «mezzi finanziari senza gravi difficoltà», mentre «gran parte delle imprese medio-piccole trova difficoltà e potrebbe correre rischi di asfissia finanziaria. Si sta interrompendo un processo di ristrutturazione industriale del settore che negli anni scorsi aveva cominciato a produrre risultati incoraggianti in termini di produttività e competitività internazionale». Secondo il presidente dell’Autorità che vigila sulla trasparenza della Borsa e sulla correttezza delle società quotate: «la Borsa italiana ha subito più di altri mercati gli effetti della crisi, anche per il più elevato peso dei titoli del settore bancario nel nostro listino». Nel 2008 il mercato italiano ha subito «la progressiva riduzione del peso degli intermediari finanziari dal 28 al 18% circa», inoltre «la flessione degli indici azionari italiani è stata pari a quasi il 50%, superiore a quella delle altre piazze finanziarie internazionali», cosa che ha riportato «il rapporto tra capitalizzazione e Prodotto interno lordo sui livelli della metà anni ’90». Un salto indietro di dieci-quindici anni, da un punto di vista dell’intermediazione e dell’accesso al mercato dei capitali da parte del sistema delle imprese, anche perché la crisi ha indotto sfiducia nelle famiglie e tra i risparmiatori, i quali hanno sostanzialmente modificato la loro propensione al risparmio (anche a causa delle ridotte disponibilità complessive) passando da forme più redditizie, ma più rischiose, a forme più tradizionali e tranquille, seppure meno remunerative. L’utile netto dei principali gruppi bancari si è dimezzato nel corso dell’esercizio 2008: da 18,47 a 9,22 miliardi di euro, ha precisato Cardia: «L’impatto sui profitti deriva dal forte aumento delle rettifiche sui crediti e su altre passività, con perdite su operazioni finanziarie per 2,2 miliardi circa». Nel 2008 «la raccolta complessiva delle principali banche italiane si è ridotta di circa 137 miliardi (meno 1,5%) riportandosi sui livelli del 2005. La raccolta indiretta si è fortemente contratta riducendosi di circa 164 miliardi dei euro (meno 11,2%) a causa di una riduzione del 20,1% del risparmio gestito (meno 130 miliardi) a fronte di una flessione più contenuta del risparmio amministrato (meno 4,2%, 34 miliardi in meno). Il valore complessivo dei titoli di proprietà è fortemente diminuito dai 297 miliardi di fine 2007 a 225 miliardi (meno 24,4%) con una riduzione del 37,4% dei titoli di negoziazione e del 19,1% dei titoli disponibili per la vendita». Cardia va avanti a lungo nella sua relazione (28 pagine) toccando tutti i passaggi. Primo: la questione delle regole di trasparenza operativa e correttezza dei mercati, su cui «il sistema di politica economica italiano ha retto ed è prontamente intervenuto» evitando peggiori conseguenze - sostiene il presidente della Consob - ma sulla quale gravano ancora da un lato profonde incertezze e diversità nell’interpretazione del documento europeo (Mifid) e dall’altro la mancanza di norme e di strategie comuni: «La Consob auspica che il rafforzamento delle istituzioni europee sia efficace e non condizionato da compromessi e logiche parziali. È il momento di dimostrare una nuova attitudine degli Stati membri a dare la dovuta priorità alla salvaguardia dei superiori interessi collettivi europei, in un processo di trasferimento progressivo ma equivalente della sovranità in materia di regole, vigilanza e sanzioni». Secondo: «Nei periodi di forti turbolenze dei mercati e di crisi di liquidità, il denaro proveniente da attività criminose può trovare canali di accesso al mercato più permeabili». Più in generale vanno rivolte particolari attenzioni alle zone d’ombra costituite dalle voci fuori bilancio delle banche e alle transazioni fuori dai mercati: «Le nuove regole globali di cui si discute dovrebbero infatti applicarsi a tutti gli operatori attivi sui mercati finanziari - ha auspicato Cardia - consentendo di superare i problemi creati dallo sviluppo di "sistemi bancari-ombra" e da una crescita incontrollata delle transazioni fuori mercato». Massima attenzione, poi, al tema del ruolo svolto dagli organismi di controllo sul settore assicurativo (Isvap) e nel comparto dei fondi e della previdenza integrativa (Covip), che secondo Cardia dovrebbero rientrare nelle funzioni di vigilanza della Banca d’Italia per la stabilità monetaria e finanziaria e della stessa Consob per la trasparenza dei mercati. Massima vigilanza anche a livello internazionale sui fondi speculativi ( hedge funds ) e sulle agenzie di rating , che in tutta l’arco della crisi non hanno dato buona prova di sé - come ha dimostrato l’ advisor Merrill Lynch che ha perso 15 miliardi di dollari in investimenti nei mutui subprime - né dei meccanismi con cui esse determinano le valutazioni di solidità, affidabilità e solvibilità delle società valutate, poste sotto osservazione dalle stesse agenzie che in taluni casi risultano essere, contemporaneamente, consulenti delle organizzazioni controllate, come è avvenuto con la Arthur Andersen nello scandalo della Enron. Per le organizzazioni in difesa dei consumatori «la relazione del presidente Cardia è deludente e inadeguata. Non basta auspicare trasparenza e correttezza - ha detto il numero uno del Codacons Marco Donzelli - Cardia doveva dirci che cosa ha fatto la Consob per prevenire tutti i fallimenti e i crack che hanno travolto migliaia di risparmiatori italiani in questi ultimi anni, perché in Italia nessuno realmente controlla e previene le violazioni delle normative poste a tutela del risparmio e dei risparmiatori». Dello stesso avviso è il segretario generale dell’Adiconsum, secondo cui «il risparmio delle famiglie in questi ultimi anni è stato oggetto di raggiri, truffe, furbizie». Per Paolo Landi «è fondamentale avere anche in Italia una class action quale deterrente dei comportamenti diffusi di non rispetto delle regole. Purtroppo il testo approvato dal Parlamento è di scarsa o nulla efficacia, né può essere utilizzato per i numerosi casi di risparmio tradito accaduti in questi anni». |
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