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Israele, il j’accuse dei soldati sul fronte di Gaza: -Sparavamo sui civili, non c’erano innocenti- |
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di Stefania Podda
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Rompere il silenzio, breaking the silence. Si chiama così l’organizzazione non governativa alla quale cinquantaquattro soldati israeliani hanno affidato la loro testimonianza su quanto è successo durante l’operazione Piombo fuso a Gaza. In quei giorni - raccontano - l’esercito israeliano al quale comunque sono orgogliosi di appartenere, ha superato il limite. E lo ha superato, commettendo eccessi, usando il fosforo bianco, utilizzando gli abitanti come scudi umani e ignorando la distinzione tra miliziani e civili. Perché in quei giorni a Gaza, la regola era: «Se non sei sicuro, spara», spara prima di pensare, non importa a chi. Ora, a sette mesi da quella missione che doveva fiaccare Hamas, far implodere la Striscia di Gaza e garantire sicurezza a Israele, chi ha visto e ha partecipato a quegli episodi, disobbedisce alla consegna del silenzio e parla. Rivelando così quanto siano distanti la realtà di quella operazione militare e la versione ufficiale dell’Israeli Defense Force, e quanto invece il rapporto di Amnesty International, duramente stigmatizzato dal governo israeliano, fosse vicino alla verità. Dalle testimonianze dei soldati che erano a Gaza in quei ventidue giorni di inferno - testimonianze che si possono leggere su breakingthesilence.org.il - emerge che i soldati erano stati mandati nella Striscia con un unico obiettivo: sparare contro qualsiasi cosa e contro chiunque potesse destare sospetti, in una sorta di tragico crescendo. «Il fuoco - racconta il soldato - era dissennato, appena raggiunta la nostra nuova postazione cominciavamo a sparare contro tutti gli obiettivi sospetti. Perché, ci dicevano i nostri comandanti, in guerra sono tutti tuoi nemici, non ci sono innocenti». Altri soldati raccontano di come i civili siano stati usati come scudi umani, circostanza questa denunciata anche da Amnesty che ha però chiamato in causa anche Hamas. «I civili - su questo concordano molte testimonianze - sono stati usati come scudi umani, costretti a entrare in siti sospetti davanti ai soldati che usavano la loro spalla per tenere il fucile puntato». E ancora, per scovare i rifugi dei guerriglieri di Hamas, sono stati utilizzati bombardamenti aerei, artiglieria e bulldozer blindati, che hanno raso al suolo intere aree, compresi giardini e piantagioni di aranci e di olivi. «Non abbiamo visto una casa ancora integra o che non fosse stata colpita. Tutte le infrastrutture, i campi, le abitazioni sono state distrutte. I bulldozer D-9 sono passati sopra qualsiasi cosa», racconta un soldato. Che aggiunge: «C’era una sensazione comune, e veniva ripetuta a chiunque parlasse con noi. Nessun senso di umanità ha giocato un ruolo all’interno dell’esercito. L’obiettivo era portare a termine l’operazione con il minor numero di perdite». Secondo Mikhael Mankin, di Breaking the silence, il racconto dei soldati sul fronte di Gaza apre un serio problema e ora urge una riflessione sullo snaturamento dell’esercito israeliano: «Le testimonianze provano che il modo immorale in cui la guerra è stata condotta era dovuto al sistema in vigore e non al comportamento individuale dei singoli. Si è dimostrato - continua Mankin - che le eccezioni in seno alle Forze armate sono diventate la norma e ciò richiede una profonda riflessione e una seria discussione. Questo è un urgente appello alla società israeliana e alla sua dirigenza a guardare sobriamente alla follia delle nostre politiche». Una guerra senza regole per un esercito - è la denuncia delle ong e dei soldati che hanno infranto il tabù dell’obbedienza e del riserbo - che oramai non ha più limiti. In nome della sicurezza di Israele, i comandanti si sentono autorizzati ad andare oltre, senza preoccuparsi delle conseguenze, convinti di avere quasi un diritto all’impunità. E che non si tratti di derive individuali, di singoli soldati esaltati, lo si capisce dalle testimonianze dei 54 militari che parlano esplicitamente di un pensiero metabolizzato dai vertici e quindi trasferito come ordine non scritto ai sottoposti. Se l’ong parla di un «profondo deterioramento morale», l’Idf respinge ogni accusa, difende il suo operato e stronca sul nascere ogni velleità di discussione: «E’ stato fatto di tutto per evitare morti civili. Se eccessi ci sono stati - spiega un comunicato dell’Idf - sono da attribuire a soldati inadempienti». |
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