Le modalità di elezione dell’arte
 







di Rosario Ruggiero




Ognuno vive contemporaneamente in due mondi. Un primo, naturale, dove agisce per ottemperare ad istanze di stretta sopravvivenza quali la fame, la sete o la stanchezza, ed un secondo, sociale, dove istaura cooperazione con altri per la più agevole soddisfazione di quei bisogni primari, ma pure di più nobili appagamenti, come ad esempio l’arte, che è sicuramente interazione sociale, poiché comunicazione, almeno, nel compiacimento estetico, già solo con se stessi, oppure la religione, sicuramente interazione sociale, almeno nei confronti della divinità.
Se il primo mondo, quello naturale, può presentare problemi e difficoltà anche notevoli, il secondo non è certo da meno. Si nasce, si cresce, si sopravvive, ma come ci si inserisce, e nel miglior modo, in una società? Come si ottiene un alloggio? Come si reperiscono cibo, indumenti e svago? Come si mantiene e migliora la propria condizione fisica ed intellettuale? Come si trova
lavoro?
 Semplicemente rispettando regole, via via, nella varie epoche, cangianti, a seconda delle basi etiche e politiche e dei meccanismi, più o meno efficaci, sui quali vengono fondate e sostenute le diverse società. Così che se una volta per trovare lavoro bisognava adoperarsi in proprio o asservirsi ad un padrone, oggi potrebbe bastare un benché minimo titolo di studio, una domanda o il superamento di un concorso e si potrebbe essere assunti da una istituzione pubblica.
Anche la modalità di esercizio dell’arte ha subito trasformazioni, e queste hanno indubbiamente influito sulle peculiarità degli esiti. Un tempo, infatti, il pittore era sostanzialmente al servizio di un potente che gli chiedeva di perpetuargli l’immagine ed il ricordo, oggi è al servizio di un mercato impersonale, spesso mondiale, con le sue regole ed i suoi meccanismi di acquisto del prodotto, valutazione e pubblicizzazione dell’opera e dell’autore. E giacché l’arte, come già detto, è interazione
sociale, cambiando il destinatario cambierà gli scopi e gli esiti del prodotto. Gli antichi committenti non di rado chiedevano encomiastica magniloquenza e, più o meno, verosimiglianza figurativa, il mercato moderno di un mondo così strettamente commerciale come quello nostro attuale, chiede sostanzialmente possibilità di vendita del lavoro al più alto prezzo possibile, per meriti intrinseci dell’opera, quali originalità, spessore significativo e capacità emozionali, o meriti ad essa anche scientemente sovrapposti, come la capacità di conferire prestigio al proprietario o la prospettiva di aumentare nel tempo il suo valore economico.
Anche la musica, ovviamente, non si è potuta esimere da trasformazioni nei risultati e nella elezione dei suoi artefici. E allora, nel tempo, musica sacra per acuire la religiosità, encomiastica per accarezzare i potenti, militare per esaltare gli eserciti, inni nazionali per inorgoglire i popoli, danze e musiche popolari per divertire i semplici o
stimolare l’osservazione degli intellettuali, canzoni di protesta per dar sfogo a chi è angariato, musica d’arte per compiacere gli esteti e musica d’evasione per deliziare ed incoraggiare i figli di rinascite postbelliche. Oggi, epoca del culto della moneta, innanzitutto musica di consumo. Gli autori più rinomati, allora? Soprattutto i migliori mercanti di se stessi, che sanno porsi, o, forse meglio, vengono maliziosamente posti, a modelli di aristocratica intellettualità, o di iconoclastica distruzione di valori tradizionali agli occhi di un pubblico sin troppo facile da indirizzare giacché in tanta parte suggestionabile preda di un’ignoranza della musica che non gli permette di operare significativi confronti.
Un discorso particolare meritano gli esecutori di musica classica, ossia di quella musica esclusivamente attenta ai valori eterni dell’arte, musica quindi duratura nei secoli. I suoi interpreti, ossia gli artisti ai quali questa musica deve continua rigenerazione, sono
altrettanto soggetti a cambiamenti stilistici epocali.
Era l’autore, un tempo, l’esecutore e l’interprete della sua musica, poi divenne interprete anche di musiche altrui ed altri lo diventarono della sua, infine vennero raffinati specialisti esclusivamente votati alla migliore resa possibile della musica d’altri senza esercitare alcuna attività di compositori. Ad eleggere questi interpreti erano i compositori stessi, per il miglior successo delle loro creazioni. A volte furono invece mecenati. Ma sovrano assoluto restava il pubblico. Da qui la principale attenzione alla capacità di coinvolgimento emotivo da parte dell’ artista anche a discapito, come ci viene tramandato da narrazioni o antiche registrazioni, della precisione tecnica. Continuatori di quella modalità interpretativa come Cortot, Horowitz, Rubinstein, Richter, magnifici artisti di incontestabile capacità comunicativa, non sono mai stati particolarmente attenti all’impeccabilità esecutiva.
Poi le modalità di
elezione cambiarono. Proliferarono i concerti. Nacque l’incisione discografica. Occorreva sempre maggiore professionalità e la riproduzione fedele del brano spesso già ascoltato dal pubblico infinite volte dai dischi. Sorsero allora i concorsi, ossia commissioni di esperti designate a scegliere tra numerosi concorrenti i più idonei alla carriera concertistica. I parametri iniziarono a cambiare. All’interprete suggestivo ma opinabile si cominciò a preferire l’esecutore, seppur freddo, oggettivamente impeccabile. Ci fosse o meno qualcosa di buono nella sua resa della musica l’importante era che non ci fosse nulla di canonicamente sbagliato. I cartelloni concertistici hanno perciò vieppiù cominciato ad affollarsi di musicisti pur molto noiosi ma altamente professionali. Tra l’altro spesso le stagioni concertistiche non vivono più in virtù dell’entusiasmo e del contributo economico del pubblico, ma grazie a doverosi quanto disinteressati stanziamenti pubblici. Il discorso sui moderni interpreti, ovviamente, vale mediamente. Grandi artisti che per la loro pienezza sono fuori dal loro tempo esistono ancora e forse, fortunatamente, esisteranno sempre. Così oggi un concertista medio ha facilmente ampiezza di repertorio, altissime capacità meccaniche allo strumento, efficienza ed infaticabilità professionale, raramente però durante una esibizione di musica classica si è rapiti, ci si inebria, si vive una esperienza alta e memorabile ed il concerto, purtroppo, sin troppe volte non diviene altro che pubblico, esecutori e suoni riuniti insieme nella cornice di scenari anche sfarzosi in una desolante celebrazione della morte della poesia.