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Appalti in Libia per 12 miliardi con sconti su tasse e energia |
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di Roberto Farneti
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"Pecunia non olet" - "il denaro non puzza", dicevano i latini. Non c’è perciò da stupirsi se dodici miliardi di euro fanno gola, specie in tempi di crisi e di recessione economica. E non importa se chi te li offre è un dittatore che, tanto per dirne una, non esita a utilizzare i migranti e le loro vite come merce di scambio per fare i propri affari e farsi dare soldi dagli altri paesi. Il dittatore in questione è il leader libico Muammar Gheddafi, accolto ieri con tutti gli onori dagli industriali italiani presenti per l’occasione nella sede della loro associazione in Viale dell’Astronomia a Roma. Parole di amicizia, strette di mano, sorrisi cordiali. E ci mancherebbe altro. Alle nostre aziende è stato infatti promesso un ruolo di primo piano nella costruzione di quelle infrastrutture su cui la Libia vuole investire. Come l’autostrada da Ras Jdeir a Assaloum, del costo di circa sei miliardi di euro, che attraverserà l’intero paese, dal confine con la Tunisia a quello con l’Egitto. Non basta. Le imprese italiane che vorranno operare in Libia per lo sviluppo di quel paese, oltre a quelle che lo fanno già (da Eni a Enel, da Trevi a Impregilo, da Tecnimont a Finmeccanica, solo per citarne alcune), potranno insediarsi in una "zona franca" che godrà di un trattamento economico e fiscale "speciale", dall’esenzione per 5 anni delle tasse sul reddito ai prezzi scontati di elettricità e gas. «La Libia - aggiunge Gheddafi - non favorirà la fornitura di gas e petrolio ad altri paesi a spese dell’Italia perchè noi ci siamo impegnati a collaborare col vostro paese». Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, si inchina e ringrazia. Parla di «opportunità straordinaria» e di «svolta nei rapporti bilaterali» tra l’Italia e la Libia, portata anche dal «superamento delle condizioni storiche che hanno condizionato il nostro passato». Non dice che questa svolta, di cui i primi beneficiari saranno le imprese italiane, è costata a tutti i contribuenti italiani 5 miliardi di dollari in 20 anni, la somma che il nostro governo ha accettato di pagare al signor Gheddafi come risarcimento per i danni di guerra. Il leader libico invece questo lo sa bene e non perde l’occasione per "sdebitarsi" politicamente nei confronti del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: «Se in Italia ci fosse la sinistra al governo - dichiara a un certo punto Gheddafi - le fortune delle imprese sarebbero minori. Finché c’è Berlusconi le opportunità saranno maggiori». Parole sincere? Non importa, una mano lava l’altra. Anche se una di queste (o entrambe) sono sporche di sangue. Basti ricordare che l’Italia è il primo partner commerciale europeo dell’Irancon un interscambio di 6 miliardi di euro... Insomma, come dicono gli anglosassoni "gli affari sono affari". «Ci hanno assicurato uno stanziamento di 11,8 miliardi - riferisce Marcegaglia - per attrarre investimenti esteri privati, anche con la creazione di joint venture. Contiamo che una buona parte sarà destinata alle imprese italiane, perchè come ha detto Gheddafi avranno la priorità». I settori di maggiore interesse e di sinergia tra Italia e Libia vanno dalle infrastrutture alle costruzioni, dall’energia, anche quella rinnovabile, alla petrolchimica, fino al turismo. Che qualche preconcetto nei confronti delle nostre imprese ci sia ancora Gheddafi non lo nasconde: «Noi abbiamo fatto la rivoluzione - ricorda - oltre che contro il colonialismo, anche contro la corruzione. Ci sono imprese che sbagliano pensando di lavorare guadagnandosi la benevolenza dei libici. Ma se lo scopriamo - avverte il colonnello, stringendosi nell’uniforme - queste imprese andranno via». Deluse e a tratti imbarazzate, invece, le oltre mille donne giunte all’Auditorium della Musica per ascoltare il leader libico. Le critiche di Gheddafi al mondo arabo e islamico - dove la donna è trattata «come un pezzo di mobilio che si può cambiare quando vuoi» ed è vittima di una situazione «orrenda» che «incita alla rivoluzione» - non riescono a mascherare le distanze tra il suo pensiero e valori ormai consolidati nella cultura occidentale. Il colonnello riconosce che donne e uomini hanno gli stessi diritti ma poi aggiunge che "non è giusto" fare loro svolgere i compiti dell’uomo. Che poi, secondo lui, sarebbero quelli di lavorare e portare il pane a casa. Se poi si vuole far guidare un’auto ad una donna, precisa Gheddafi, «non si deve chiedere il permesso al capo di stato ma caso mai al fratello e al marito». |
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