|
|
Falsi manager ultraottantenni utilizzati per frodare il fisco |
|
|
|
|
di Roberto Farneti
|
|
|
|
Falsi manager, preferibilmente anziani e nullatenenti, nominati amministratori di società - senza poteri reali e in cambio di compensi il più delle volte irrisori - per poter frodare il fisco impunemente. Lo stratagemma è noto da tempo ma, a quanto pare, è ancora molto utilizzato dai professionisti dell’evasione. Lo dimostra l’esito dell’operazione di verifica condotta nei giorni scorsi da 60 ispettori dell’Agenzia delle Entrate su 40 società "fantasma" operanti nel settore dei servizi e che ha portato alla luce compensazioni indebite sul saldo delle imposte (sfruttando crediti Iva inesistenti) per 30 milioni di euro e ricavi non dichiarati per oltre 180 milioni, relativi agli anni 2006 e 2007. Ad attirare l’attenzione dell’Agenzia dell’Entrate è stato proprio il fatto che, in molti casi, si trattava di società amministrate da presunti "nonni manager" ultraottantenni, che impiegavano centinaia di dipendenti operando per uno o due anni per poi scomparire misteriosamente nel nulla, senza cioè lasciare più tracce in materia fiscale. Le indagini si sono quindi concentrate in cinque regioni: Lazio, Toscana, Emilia, Piemonte, Calabria e Campania. Sono stati effettuati numerosi accessi che hanno interessato sedi legali, unità locali e alcuni studi professionali. Con l’offensiva sulle false compensazioni - utilizzate da alcuni contribuenti come un vero e proprio "bancomat" - il fisco punta a recuperare nel tempo fino ad un miliardo di euro di evasione. Da qualche mese infatti i controlli sulle compensazioni hanno cadenza mensile, man mano che le stesse vengono richieste. A partire dal primo gennaio 2010 l’offensiva sarà ancora più incisiva perchè i controlli, per crediti sopra i 10mila euro, diverranno preventivi. Pochi giorni fa il direttore dell’Agenzia delle Entrate ha rivendicato i risultati di otto mesi di lotta all’evasione fiscale, che parlano di un incremento del 47% delle entrate da accertamento. A conferma che molte delle risorse di cui il nostro paese ha bisogno possono essere recuperate proprio su questo terreno. Basti ricordare che, secondo un indagine commissionata dall’Associazione Contribuenti Italiani, l’evasione fiscale nel 2008 in Italia è stata di oltre 330 miliardi di euro, con la conseguenza che l’erario non ha incassato imposte stimabili in oltre 125 miliardi di euro. Buona parte di questi miliardi spesso trova rifugio nei cosiddetti "paradisi fiscali", paesi dove la tassazione è molto più bassa. Allo scopo di favorire il rientro in Italia di questi capitali, per recuperare qualche miliardo, il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha riproposto il cosiddetto "scudo fiscale", una sorta di condono che consentirà a chi ha evaso di cavarsela con poco. Ma la sinistra non ci sta e accusa il governo di voler premiare i furbi. Anche perchè in Italia c’è chi le tasse le paga fino all’ultimo centesimo, vale a dire lavoratori dipendenti e pensionati, categorie sociali il cui potere d’acquisto si è pesantemente ridotto in questi anni. Non a caso Confcommercio e sindacati insistono sulla necessità di ridurre le tasse sul lavoro anche per fare fronte al calo dei consumi: «Non è più sopportabile che i lavoratori paghino dieci volte più tasse rispetto a chi in questi anni ha illegalmente esportato i suoi capitali all’estero», avverte il segretario confederale della Cgil Agostino Megale, in vista dell’incontro di lunedì a Palazzo Chigi durante il quale il governo illustrerà le linee guida della Finanziaria 2010. Megale ricorda anche che i lavoratori spesso pagano allo Stato più del dovuto. Nel 2008, ad esempio, non è stato restituito loro il fiscal drag che vale circa 360 euro in meno a testa. Altro tema cruciale, in tempi di crisi, è quello del credito. Uno studio della Cgia di Mestre segnala che i tassi sui prestiti a breve termine praticati in Italia sono ancora troppo alti. Infatti, malgrado una riduzione dell’1,62% nei primi 7 mesi dell’anno, a luglio 2009 i tassi applicati per prestiti inferiori ad un anno toccavano la soglia del 4,06%, contro il 3,92% della Germania, il 3,72% della Spagna, il 3,11% dell’Olanda e il 3,05% della Francia. «Questa situazione penalizza soprattutto le piccolissime imprese, che devono far fronte costantemente ad esigenze di liquidità, come l’anticipo delle fatture o lo scoperto di conto corrente», spiega il segretario della Cgia Giuseppe Bortolussi. |
|