Afghanistan, otto anni dopo
 











Otto anni e 800 morti Usa dopo, negli Stati Uniti non sanno bene che pesci prendere. L’unica certezza, lo ha ribadito ieri Barack Obama è che la sua amministrazione non ha alcuna intenzione di ridurre il contingente di stanza in Afghanistan. Parlando ai leader del Congresso riuniti alla Casa Bianca, il presidente democratico ha spiegato che la missione non deve essere trasformata in una mera caccia al terrorista ma che è necessario lavorare per la stabilizzazione del Paese.
I leader e i presidenti delle commissioni di entrambi i partiti si sono riuniti ieri con il presidente che, nel caso dovesse decidere per un rafforzamento del contingente, avrebbe senz’altro bisogno dell’appoggio di qualche deputato e senatore repubblicano. Le ali estreme, variamente caratterizzate, di entrambi i partiti sono infatti contrarie ad ogni ipotesi di aumento delle truppe. Secondo quanto riferito dal New York Times , il presidente non ha ancora deciso se inviare
altri soldati in Afghanistan, come richiesto dal generale Stanley McChrystal, comandante di tutte le truppe di stanza nel Paese asiatico.
Obama, nel corso dell’incontro, ha avverito che la decisione su un eventuale rafforzamento del contingente, che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, si baserà su quello che lui considera il modo migliore per evitare futuri attentati terroristici agli Stati Uniti e agli alleati. Ma, ha aggiunto Obama, la sua decisione «non renderà tutti felici».
Il centro del partito repubblicano preme perché Obama spedisca altri soldati al fronte, ieri il senatore McCain, già rivale elettorale di Obama, ha spinto in questa direzione e con lui la sua ex vice Sarah Palin - che non è più nemmeno governatore dell’Alaska. Il Grand Old Party ha buon gioco sulla vicenda: i suoi leader assumono un’aria responsabile mentre le radio conservatrici parlano di ritiro e criticano il presidente per una guerra diventata impopolare.
A dire il vero, ieri, per una
volta, Obama si può fregiare di un sondaggio positivo sull’Afghanistan. Secondo un sondaggio dela Quinnipiac University, il 65 per cento degli interpellati «sono pronti a che soldati combattano e muoiano» per eliminare la minaccia che al Qaida possa tornare a colpire da covi afghani negli Stati Uniti (solo 28 su cento sono contro), ma il 49 per cento è convinto che gli Stati Uniti non riusciranno mai a reprimere l’insurrezione dei talebani contro il 38 per cento che prevede un successo della missione. La maggioranza degli americani pensa che l’intervento in Afghanistan sia stato una buona cosa, ma il 50 per cento teme che il paese ci resti «troppo tempo» e solo il 38 per cento è favorevole all’invio di rinforzi. L’opinione pubblica Usa è insomma confusa quanto lo sono la classe dirigente e la situazione sul terreno. In Gran Bretagna, Gordon Brown ha un problema più grande: la stragrande maggioranza dei suoi concittadini vuole il ritiro.
Il generale McChrystal chiede l’invio di altri
40mila soldati perchè - ha spiegato - «la guerriglia talebana diventa ogni giorno più insidiosa». In un’intervista a La Stampa, generale Nato George Joulwan, ex comandante supremo della Nato sostiene che che «In Afghanistan servono rinforzi civili. Ciò che oggi serve - spiega il generale - non sono solo le truppe combattenti. Servono istruttori, polizia civile come i vostri carabinieri, ingegneri, geometri, insegnanti, giudici, contabili. I rinforzi devono essere anche civili. La Nato è su questo che deve confrontarsi. Siamo nella fase della ricostruzione. Il dibattito su mandare più o meno truppe porta fuori strada e non tiene conto della strategia di McChrystal, che fa perno sui rinforzi civili».
I talebani, su un sito Internet, hanno nel frattempo annunciato che continueranno la loro guerriglia «solo per cacciare le forze straniere dall’Afghanistan», ma hanno spiegato di non rappresentare una minaccia per l’Occidente. «Non abbiamo in programma di danneggiare i Paesi del mondo,
tra cui quelli in Europa», hanno avvertito i talebani, «il nostro obiettivo è l’indipendenza del Paese e la creazione di uno Stato islamico». Un comunicato nel quale si rilancia il nazionalismo afghano e si prendono in qualche forma le distanze da al Qaeda.
Una cattiva notizia per gli Stati Uniti è che ieri il Parlamento olandese ha votato a larga maggioranza il ritiro delle truppe in Afghanistan entro la fine del 2010. L’Italia, cerchiobottista come sempre, scegie di rimanere senza mandare altre truppe che però, come spiega il ministro della Difesa La Russa in visita a Kabul, sono necessari («Ma tocca ad altri Paesi»).
m. mazz.